“Se
guardo, invece, a molte opere degli artisti attuali mi accorgo che le loro
immagini vogliono scorrere molto rapidamente davanti al mio sguardo , e che
inoltre pretendono di essere molto loquaci con me, facili e piacevoli, e mi
sorprendono per la loro socievolezza. Una socievolezza amichevole e affettuosa
come quella che si stabilisce tra il lettore e gli abituali personaggi dei
fumetti, eroi spesso goffi e maldestri, e perciò accattivanti , di divertenti
imprese. Certi fumetti, al contrario, non mi concedono proprio nulla: storie
inconcludenti piene di incongruenze e buchi vuoti, tavole dal segno
estremamente elaborato e complesso che mi rimandano a citazioni colte e dotte
[…]”
FRANCESCA ALINOVI
di Antonella Colaninno
L’arte di frontiera è un’arte che non ha confini. E’
un’esperienza fluida, una dimensione liquida che corre sul filo del tempo e
dello spazio, pronta a scomporsi della propria identità per accogliere su di sé le
dissolvenze dell’altro nel vortice della contemporaneità compulsiva che
sprigiona energie. E’ questo il pensiero che racchiude l’esperienza estetica di
una perenne contaminazione tra le arti, che disperde, nell'estensione della conoscenza, il rigore semantico
dei linguaggi. Le frontiere di immagini superano il limite di rigore
mentale destinato ad un’idea ormai sorpassata di campo concettuale per porsi in
relazione con l’altro sino al punto di confondersi e di identificarsi .
Francesca Alinovi raccoglie in un breve saggio intitolato “Frontiere di immagini” la
riflessione sull’inversione di tendenza della comunicazione per immagini in un’analisi
comparata tra fumetto e pittura dove anche il ruolo del pubblico finisce col
subire un cambio di rotta nella percezione. “Si
pensa, di solito, che il fumetto sia facile, mentre l’arte è difficile. E poi,
il fumetto è loquace, mentre l’arte tace. Il fumetto scorre a strisce, l’arte
invece se ne sta ferma in un quadro solo. Il fumetto è un mezzo di
comunicazione di massa, fatto per essere riprodotto tipograficamente e bruciato
all’istante da una consumazione visiva avida e ansiosa, mentre l’arte è un
prodotto elitario, fatto per esistere come oggetto unico e irripetibile, e per
durare eternamente nel tempo e nello spazio”. Gli anni in cui questo saggio
prese vita fu un periodo di grande cambiamento e confusione che visse sulla
scia della grande rivoluzione del costume del ’68 e della concettualità
poverista. Anni in cui si sperimentarono nuove strade e si cercò di recuperare
il rapporto con la materia e con una nuova fisicità: quella del proprio corpo .
La performance, solo da poco tempo diventata uno strumento di comunicazione ,
rappresentava un’importante esperienza
individuale ma condivisa. La stessa
comunicazione dell’immagine negli anni Settanta si trasferisce su un registro
di comprensione variabile che non resta più fisso nel limiti della propria
sfera di azione ma si apre a nuove esperienze, a nuove possibili forme espressive. E’ quello che accade al
fumetto e ai suoi autori. Scrive l’Alinovi: “Eppure
la linea aguzza, i tagli cinematografici dall’alto e di sottinsù, le
prospettive curvilinee, indicano una volontà di ricerca sul segno e sul tratto
grafico che esula dalla normale produzione del fumetto destinato al consumo
massificato”. Nuovi tagli dell’immagine, campiture di colore estese
definiscono un progetto grafico innovativo molto più vicino alla pittura che ad
un tipo di comunicazione immediata e veloce. Si acquisisce un’autonomia
dell’immagine che non necessità più di scorrere in fotogrammi perchè si basta
nella propria autosufficienza. Una
somiglianza con la pittura che vedremo estendersi anche nei contenuti. “Dunque, analogia di tecniche e stili tra
“pittori”(tra virgolette) e fumettisti, e analogie di temi e contenuti: storie
inconcludenti disegnate o dipinte dentro al recinto ristretto della cornice
(cornice del quadro o della vignetta) e disseminate per frantumi nello spazio,
quello più vasto della parete o quello più minuscolo della pagina illustrata”. La sensibilità individuale dell’artista
resta il tratto dominante di questa comunicazione ibrida, come la libertà di
sentirsi svincolati da codici di segni prestabiliti e di navigare in un mare
aperto deliberando di approdare nella terra dalle superfici mobili e
interscambiabili. Un ritorno all’immagine nella sua costruzione spaziale e nel
suo essere soggetto parlante all’interno della propria cornice. ”Non più schiere anonime di disegnatori alla
Walt Disney o per la Marvel Comics, ma individui che si espongono e si
compromettono, che creano, attraverso la manipolazione di linguaggi
massificati, il proprio inconfondibile stile e linguaggio soggettivo, pur nella
anonimia e talvolta, della ripetizione di formule prefabbricate”. Tendenze
che si incrociano, punti di vista che cercano strade comuni, e aspettative
all’incontrario. “Perché non esporre,
appunto, i fumetti nel museo e a loro volta pubblicare le pitture su
“Frigidaire” ?” “Credo che oggi, per tutti, non si tratti altro che di transitare per
brevi momenti su territori di frontiera, scorrere avventurosamente lungo
avamposti instabili, per attimi d’incontro, di scambio, di contaminazione”. La
cultura dei mass-media passa così, attraverso la cultura intelligente, tra
codici e “cultura evidente” creando
una confusione di percorsi tra citazioni colte da museo e immagini veloci da
stampa per fumetto. Un’inversione che ha reso più comprensibile la pittura e
più impegnato il fumetto. “E per questo
che l’arte si è, apparentemente, socializzata e il fumetto si è fatto più
sociale” scrive l’Alinovi. Artisti come amebe pronti a fagocitare ogni
forma di espressione, come spugne di mare pronte ad assorbire il plancton
dell’immaginario collettivo. Alcuni fumetti sono privi di personaggi e di
storie, sono simbolo di se stessi, auto significanti nel proprio apparire forma
e materia.
E’ il caso di Massimo Mattioli che realizza figure che occupano
quasi interamente lo spazio della vignetta come Joe Galaxy e le perfide lucertole di Callisto 4°. “Le sue tavole sono dei capolavori di rigore
grafico, e assieme sembrano dei Wesselman e dei Matisse” dove prevale la
seduzione cromatica e la comunicazione del piano frontale, “[…] presentato come una doppia facciata di disco”. Mattioli gioca
sulla percezione attraverso lo straniamento e la deformazione dei suoi
personaggi. Ma se Mattioli resta più vicino a allo stile del fumetto, Nicola
Corona rappresenta l’alter ego nel suo essere “il più anomalo dei fumettisti”. Uno stile new dada e pop, per
dirla all’Alinovi, dove l’uso del collage e di prospettive sovrapposte e
sezionate rendono la visione di un caos metropolitano, e “[…] di una fantascienza
prossima ventura di tipo global – planetario che investe le più minute azioni
giornaliere”.
Giorgio Carpinteri si distingue per le semplicità del segno
grafico quasi matematico, dalla linea esile ma dai volumi corposi, molto simili
a forme geometriche, “[…] le sue tavole
sembrano figlie di Balla e Depero, e certe macchine antropomorfe sembrano
copiate dai primi lavori di Lèger e di Picasso”. Una ricerca sul segno più
vicina alla dimensione pittorica che a quella narrativa del fumetto.
Un’immagine ricercata dalla linea spigolosa che nella sua originalità si fa
quasi citazione tra energia umana e costruzione tecnologica, a metà tra “arida macchina e calda umanità” come in
Fredd il detective “fenomeno
di natura snaturato”. “Per questo il
poliedro è la sua unità di misura stilistica: perché gli serve per conferire un
aspetto di umanoide in similpelle a tutti i suoi personaggi perseguitati da una
natura matrigna […]”. Sempre sulla semplicità del tratto grafico che si fa
scarno ed essenziale, e a tratti liquido lavora Marcello Jori.
Il suo Minus, ma
non diversamente Carletto e Feto, rappresenta la forza di un comunicare leggero
e poetico attraverso esili e timidi tratti del disegno. Aldo Spoldi come anche
Luigi Ontani nel campo della pittura, seguono un percorso surreale che si basa
sulla potenza espressiva e sul valore dell’immagine in sequenza.
Un Ontani
esoterico che gioca sul senso dell’ambiguità tra realtà ed illusione, tra
passato e presente, fissità extra temporale e narcisismo kitsch nella mitologia
del quotidiano. E sempre tra realtà e
fantasia si muovono i personaggi di Aldo Spoldi, figurine piatte e
disarticolate che attingono all’immaginario del fumetto, “[…] che perdono, strada facendo, arti e teste e, come piccoli eroi
edificanti e un po’ tonti delle fiabe per l’infanzia, cadono, rotolano,
precipitano sempre giù, confortati dalla propria esilarante bontà”.
Scrive l’Alinovi: “Né Ontani né Spoldi, comunque, narrano delle storie tantomeno, le
cuciono a strisce”. La trama narrativa lineare e sequenziale lascia il
posto ad una interpretazione libera e polisemantica giocata sul valore
illustrativo dell’immagine e su evocazioni ironiche da cartoons. In Spoldi ”[…] tutto viene rigorosamente riportato in
primo piano, così che gli scorci prospettici di tavoli, oggetti, brani di
paesaggio, si squadernano, come nei disegni dei bambini delle elementari […]” Infine,
Andrea Pazienza con il suo Zanna ci porta nel mondo dove l’impossibile si
realizza nel tutto è possibile, “[…]
ignobile: “rovinato” fino in fondo nel fisico e nel morale” Zanardi alias
Zanna “compie azioni del tutto spregevoli
che non meritano nessuna indulgenza o comprensione. E’ semplicemente un tipo da
evitare, un tipo che nessuno si augura di incontrare sulla propria strada”. Un
segno incisivo dai toni noir “selvaggiamente
espressivo” “contorto, tortuoso, irritante”. Un mondo di personaggi che
hanno toccato il fondo rasentando l’approssimazione alla regola.
“Anche perché Andrea, dietro al gergo
insignificante da fauna fricchettona da “piazza Verdi” inserisce citazioni
dotte da manuale dell’intellettuale degli anni Ottanta, inserendo brani che
vanno dal Manifesto del Signor Antipyrine alla Seduzione di Baudrillard .
Interessantissimi, poi, i giochi di parole demenziali e babelici, e la
composizione della pagina: multidimensionale, collagistica, affastellata da un
tutto pieno barbaro e selvaggio. Le sue storie non sono mai a sequenza, ma
piuttosto a coesistenza libera nel tempo e nello spazio, e la successione
lineare del tempo di lettura è più una costrizione di carattere tipografico
dovuta al medium usato che una straordinaria scelta espressiva dell’artista”
Non a caso Andrea è straordinario nella realizzazione di tavole singole, come
nella serie “Amore mio”, splendenti “a solo” eseguiti, come sempre, a
pennarello, ma dell’intensità e raffinatezza cromatica di un dipinto”.
Pubblicato da Antonella Colaninno
Francesca Alinovi, Frontiere di immagini
In foto: Francesca
Alinovi; Joe Galaxy di Massimo Mattioli; fumetti di Giorgio Carpinteri; Minus di
Marcello Jori; opera di Luigi Ontani; oli su tela di Aldo Spoldi; Zanardi alias
Zanna di Andrea Pazienza; Andrea Pazienza.