Nudo di donna EGON SCHIELE















domenica 9 novembre 2014

GIOVANNI SEGANTINI RITORNO A MILANO



 “Il vero artista è colui che rivela la natura, facendo dell’intuizione estetica un mezzo di conoscenza filosofica del mondo”. Giovanni Segantini

di Antonella Colaninno

Una vita breve ma certamente intensa quella di Giovanni Segantini (1858 – 1899), trascorsa nelle valli tra l’Italia e la Svizzera, coronata dal successo e dalla fama ma anche dalla solitudine. “[…] artista tra i più noti e affermati, ammirato all’estero nei circoli progressisti è uno dei protagonisti della sprovincializzazione della pittura italiana, dopo decenni di marginalizzazione rispetto al contesto europeo”. Segantini fu da molti definito “il pittore delle montagne”, ma la sua pittura, che ricorre a molte citazioni desunte dal Simbolismo e dalla Scapigliatura, va ben oltre questa definizione banalmente riduttiva . C’è in Segantini un’idea filosofica della pittura, permeata da una religiosità che nulla ha di trascendente, e che si fonda sul pensiero immanente di un misticismo che scaturisce dalla natura. La natura si fa partecipe dei sentimenti umani che si accordano alla luce e al buio, e nell’armonia del silenzio e della contemplazione le montagne assecondano la ricerca di una dimensione ascetica. Il sentimento della nostalgia si tinge delle tinte meste e oscure dei fondali blu e del marrone della terra umida e selvaggia, allo stesso modo della gioia che si riflette nella luminosità giocosa dei verdi brillanti dei pascoli e dei bianchi delle cime innevate. Dopo un’infanzia povera e priva di affetti trascorsa nella città di Milano, Segantini vivrà nel tempo il riscatto del benessere e della gloria del periodo di Maloja, un piccolo centro di poche case ed alberghi situato a 1800 mt nella valle dell’Engandina. Il 1879 segnerà la svolta decisiva nella vita artistica del pittore che incomincia un sodalizio professionale con il critico e gallerista Vittore Grubicy De Dragon, scopritore tra gli altri, degli Scapigliati  Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, e degli artisti divisionisti Gaetano Previati, Angelo Morbelli ed Emilio Longoni, caro amico dI Segantini insieme a Carlo Bugatti, pregiato artigiano di mobili nonché padre del futuro fondatore della omonima e prestigiosa casa automobilistica. La mostra milanese dedicata all’artista, in corso a Palazzo Reale ,ripercorre i temi cari alla pittura di Segantini: la famiglia, la natura, il lavoro nei campi, e la maternità, ed intende ricordare attraverso quelle opere dedicate ai Navigli, gli anni difficili trascorsi dall’artista a Milano, segnati da un’infanzia priva di affetti e di agiatezza. Segantini è stato un importante esponente del Divisionismo italiano contemporaneo al Pointillisme francese. I suoi personaggi, pur nella quotidianità delle loro azioni, hanno sempre un’aura ideale, in sintonia con la semplicità della vita e con una visione spirituale ed universale del paesaggio. Segantini non realizzerà mai opere di intento sociale, interessato a rilevare esclusivamente le “armonie alpine”, una pittura meditata che supera la mimesis della natura e riscopre le sfumature della condizione umana. Per Segantini quella dell’artista è una missione che va oltre il puro valore estetico. Nel 1895, nel testo intitolato “I neri, i bianchi, ed i grigi”, Segantini divide gli artisti in tre categorie che prendono il nome dai rispettivi colori. Il nero è colui che si ritiene un artista ma che in realtà è interessato solo alla vendita e vuole assecondare i gusti di un pubblico per nulla educato all’arte. L’artista parlerà di questa scelta come una vera e propria “scrocconeria, perché si fa pagare l’opera sua come lavoro d’arte intellettuale”. I grigi sono invece, quegli artisti mediocri apprezzati dal “critico provinciale”; mentre infine i bianchi sono gli artisti “spiritualmente aristocratici”, ai quali il pittore sente di appartenere, che hanno “un ideale infinito da raggiungere”. “coll’elevazione dello spirito creatore l’opera prenderà un supervalore materiale, civile e morale. Materiale perché l’opera estetica viene sempre conservata; civile perché serve di ammaestramento; morale perché ingentilisce e innalza lo spirito”. “Il valore d’un’anima elevata non è soltanto estetico, ma è per l’umanità un valore materiale incalcolabile”.  Il percorso espositivo della mostra milanese si snoda per sezioni tematiche relative ai temi cari all’artista. Tra le opere più famose ritroviamo nelle sale di Palazzo Reale l’ ”Ave Maria a Trasbordo” (1886); qui l’enfasi della luce induce alla calma e alla meditazione assecondate dal ritmo circolare delle pennellate che disegnano cielo e acqua, tagliate da un lembo di terra all’orizzonte.

“La mia famiglia” (1882) è un’opera in cui è rilevante l’influenza di Tranquillo Cremona. Una composizione dagli spazi confusi e indefiniti in cui il vortice di colore confonde la determinatezza degli spazi di scena comunicando intimità e calore umano. 

In “Costume grigionese” (1887) l’artista ritrae la sua domestica Baba in costume grigionese tipico degli abitanti di Savognino, un villaggio dei Grigioni dove Segantini viveva da un anno. Un’immagine dal taglio fotografico che seduce per la grazia della figura in primo piano sullo sfondo. L’acqua che sgorga dalle canne rappresenta un virtuosismo compositivo di grande eleganza ed effetto scenico. 

Il “Ritratto della signora Torelli” (1885-1886?), moglie dell’allora direttore del Corriere della Sera Eugenio Torelli Viollier,  è un’insolita rappresentazione di un ritratto femminile. L’incedere della donna in abito oscuro è illuminato dal bianco parasole con le frange. Lo sguardo obliquo del soggetto rispetto a chi osserva il dipinto, denota un elemento di elegante distacco dal paesaggio urbano sullo sfondo. 

Nella quotidianità della scena di apparente semplicità dipinta nell’opera “Sul balcone”(1892) si costruisce un raffinato impianto compositivo che si focalizza sull’incrocio di diagonali della tettoia che si proiettano nel cielo luminoso come un’ombra che delimita lo spazio tra i tetti delle case da cui svetta il campanile. 

“L’albero della vita” (1894) è una visione originale del tema tradizionale della Madonna con bambino desunta dal linguaggio simbolista. L’albero della vita avvolge la maternità come in un’apparizione, delimitandola da una cornice che attesta un gusto tutto europeo, per la decorazione e le arti applicate.

 Infine, “Pascoli di primavera” (1896) è l’interpretazione del tema classico della primavera come momento di rinascita. La mucca al pascolo con il suo vitello si pone in armoniosa correlazione con la natura rigogliosa illuminata da un sole tiepido, mentre l’aria piatta avvolge ogni elemento.


Pubblicato da Antonella Colaninno

Mostra visitata il 10 ottobre

In foto: Giovanni Segantini; Ave Maria a trasbordo; La mia famiglia; Costume grigionese; Ritratto della signora Torelli; Sul balcone; L’albero della vita; Pascoli di primavera; Giovanni Segantini.