di Antonella Colaninno
Con un allestimento di
opere site-specific di 15 autori e tre omaggi all’arte italiana di importanti
artisti internazionali, il Padiglione
Italia della 56. Biennale di Venezia
reinventa il senso del tempo investendo sul rapporto tra arte e società. Il
curatore Vincenzo Trione ha pensato a un lavoro di ricerca che avesse i “caratteri
originali della creatività italiana” e segnasse la linea guida per una nuova estetica attraverso il recupero della memoria. Codice Italia rappresenta, infatti, un
punto di continuità con il passato e, allo stesso tempo, intende superare la
linea del tempo per riappropriarsi del presente ma con lo sguardo rivolto verso la storia, al “codice genetico del nostro stile”.
Gli artisti di Codice Italia “[…] si
sottraggono alla dittatura del presente per offrire un retroterra alle loro
avventure linguistiche, interrogano immagini lontane, i loro gesti racchiudono
segreti rimandi alla storia dell’arte. Scelgono, perciò, di passeggiare tra le
stanze di un passato che si insinua nell’attualità come un archivio di
frammenti che vogliono convocare. Qui. Ora. Fino a renderli irriconoscibili”.
Le installazioni ripercorrono alcune delle grandi stagioni dell’arte italiana: l’Arte
povera e la Transavanguardia, con la presenza di artisti come Jannis Kounellis, Mimmo Paladino e Nino
Longobardi, ma interpretano anche la libertà di visione di voci isolate e
originali di artisti quali Vanessa Beecroft e Claudio Parmiggiani. Questa importante
riflessione sulla memoria, che si accompagna al tentativo di conciliare le
diversità culturali tra passato e presente, si
avvale dell’omaggio che tre artisti internazionali hanno voluto dedicare alla storia dell’arte
italiana: Peter Greenaway, William Kentridge e Jean-Marie Straub. A Umberto
Eco è, invece, affidata una riflessione sulla “reinvenzione della memoria” nella
videoinstallazione del regista Davide Ferrario. Il percorso espositivo è organizzato all'interno di stanze scenografiche nelle quali ogni
artista racconta la propria poetica attraverso le grandi installazioni che “si consegnano a noi […] come luoghi ibridi,
in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora in una costellazione”.
Nella classicità delle sculture di Vanessa Beecroft, lo
sguardo sul tempo si perde tra richiami archeologici e avanguardia di pensiero mentre l’archivio
della memoria di Nino Longobardi si muove tra pittura e scultura sullo sfondo di
un colonnato. Sul filo del passato, la figura solitaria di Mimmo Paladino
evoca memorie lontane tra numeri, segni e strane geometrie. “Le loro sono profanazioni: non innalzano
la storia dell’arte sopra un piedistallo irraggiungibile, ma ne negano l’aura.
Consacrano e sviliscono i modelli . Smontano e rimontano episodi di altre
epoche, per disporre le loro rimembranze all’interno di una discontinua trama.
In bilico tra rispetto e trasgressione, elaborano discorsi aperti a
sconfinamenti e a interruzioni, suggerendo una sintassi dominata da echi poco
evidenti”. Un Padiglione Italia interessante che si colloca tra
pensiero e materia al bivio di un percorso sul tempo che riscopre la stanza come luogo
del sogno e della riflessione, come palco di un teatro immaginario della
memoria dove il passato confluisce sul presente tra le scenografie simboliche
del contemporaneo.
Artisti in mostra: Allis/Filliol; Andrea Aquilanti; Francesco Barocco; Vanessa Beecroft; Antonio Biasucci; Giuseppe Caccavale; Paolo Gioli; Jannis Kounellis, Nino Longobardi; Marzia Migliora; Luca Monterastelli; Mimmo Paladino; Claudio Parmiggiani; Nicola Samorì; Aldo Tambellini.
Pubblicato da Antonella Colaninno
In foto: Venezia (by A. Colaninno); Vincenzo Trione; Vanessa Beecroft (Genova, 1969); Luca Monterastelli (Forlimpopoli, 1983); Mimmo Paladino (Paduli, 1948); Claudio Parmiggiani (Luzzara, 1943).