“Il vero artista è colui che rivela la natura,
facendo dell’intuizione estetica un mezzo di conoscenza filosofica del mondo”.
Giovanni Segantini
di Antonella Colaninno
Una vita breve ma certamente intensa quella di Giovanni
Segantini (1858 – 1899), trascorsa nelle valli tra l’Italia e la Svizzera, coronata
dal successo e dalla fama ma anche dalla solitudine. “[…] artista tra i più noti e affermati, ammirato all’estero nei
circoli progressisti è uno dei protagonisti della sprovincializzazione della
pittura italiana, dopo decenni di marginalizzazione rispetto al contesto
europeo”. Segantini fu da molti definito “il pittore delle montagne”, ma la sua pittura, che ricorre a molte
citazioni desunte dal Simbolismo e dalla Scapigliatura, va ben oltre questa
definizione banalmente riduttiva . C’è in Segantini un’idea filosofica della
pittura, permeata da una religiosità che nulla ha di trascendente, e che si
fonda sul pensiero immanente di un misticismo che scaturisce dalla natura. La
natura si fa partecipe dei sentimenti umani che si accordano alla luce e al
buio, e nell’armonia del silenzio e della contemplazione le montagne
assecondano la ricerca di una dimensione ascetica. Il sentimento della
nostalgia si tinge delle tinte meste e oscure dei fondali blu e del marrone della
terra umida e selvaggia, allo stesso modo della gioia che si riflette nella
luminosità giocosa dei verdi brillanti dei pascoli e dei bianchi delle cime
innevate. Dopo un’infanzia povera e priva di affetti trascorsa nella città di
Milano, Segantini vivrà nel tempo il riscatto del benessere e della gloria del
periodo di Maloja, un piccolo centro di poche case ed alberghi situato a 1800
mt nella valle dell’Engandina. Il 1879 segnerà la svolta decisiva nella vita
artistica del pittore che incomincia un sodalizio professionale con il critico e
gallerista Vittore Grubicy De Dragon, scopritore tra gli altri, degli
Scapigliati Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, e degli artisti divisionisti Gaetano Previati, Angelo Morbelli ed Emilio Longoni, caro amico
dI Segantini insieme a Carlo Bugatti, pregiato artigiano di mobili nonché padre
del futuro fondatore della omonima e prestigiosa casa automobilistica. La
mostra milanese dedicata all’artista, in corso a Palazzo Reale ,ripercorre i
temi cari alla pittura di Segantini: la famiglia, la natura, il lavoro nei
campi, e la maternità, ed intende ricordare attraverso quelle opere dedicate ai
Navigli, gli anni difficili trascorsi dall’artista a Milano, segnati da un’infanzia priva di affetti e di
agiatezza. Segantini è stato un importante esponente del Divisionismo italiano
contemporaneo al Pointillisme francese. I suoi personaggi, pur nella
quotidianità delle loro azioni, hanno sempre un’aura ideale, in sintonia con la
semplicità della vita e con una visione spirituale ed universale del paesaggio.
Segantini non realizzerà mai opere di intento sociale, interessato a rilevare
esclusivamente le “armonie alpine”, una
pittura meditata che supera la mimesis della natura e riscopre le sfumature
della condizione umana. Per Segantini quella dell’artista è una missione che va
oltre il puro valore estetico. Nel 1895, nel testo intitolato “I neri, i bianchi, ed i grigi”, Segantini
divide gli artisti in tre categorie che prendono il nome dai rispettivi colori.
Il nero è colui che si ritiene un artista ma che in realtà è interessato solo alla vendita e vuole assecondare i
gusti di un pubblico per nulla educato all’arte. L’artista parlerà di questa
scelta come una vera e propria “scrocconeria,
perché si fa pagare l’opera sua come lavoro d’arte intellettuale”. I grigi
sono invece, quegli artisti mediocri apprezzati dal “critico provinciale”; mentre infine i bianchi sono gli artisti “spiritualmente aristocratici”, ai quali
il pittore sente di appartenere, che hanno “un
ideale infinito da raggiungere”. “coll’elevazione dello spirito creatore l’opera
prenderà un supervalore materiale, civile e morale. Materiale perché l’opera estetica
viene sempre conservata; civile perché serve di ammaestramento; morale perché ingentilisce
e innalza lo spirito”. “Il valore d’un’anima elevata non è soltanto estetico,
ma è per l’umanità un valore materiale incalcolabile”. Il percorso espositivo della mostra milanese
si snoda per sezioni tematiche relative ai temi cari all’artista. Tra le opere
più famose ritroviamo nelle sale di Palazzo Reale l’ ”Ave Maria a Trasbordo” (1886); qui l’enfasi della luce induce alla
calma e alla meditazione assecondate dal ritmo circolare delle pennellate che
disegnano cielo e acqua, tagliate da un lembo di terra all’orizzonte.
“La mia famiglia” (1882) è un’opera in
cui è rilevante l’influenza di Tranquillo Cremona. Una composizione dagli spazi
confusi e indefiniti in cui il vortice di colore confonde la determinatezza
degli spazi di scena comunicando intimità e calore umano.
In “Costume grigionese” (1887) l’artista
ritrae la sua domestica Baba in costume grigionese tipico degli abitanti di
Savognino, un villaggio dei Grigioni dove Segantini viveva da un anno. Un’immagine
dal taglio fotografico che seduce per la grazia della figura in primo piano
sullo sfondo. L’acqua che sgorga dalle canne rappresenta un virtuosismo
compositivo di grande eleganza ed effetto scenico.
Il “Ritratto della signora Torelli” (1885-1886?), moglie dell’allora
direttore del Corriere della Sera Eugenio Torelli Viollier, è un’insolita rappresentazione di un ritratto
femminile. L’incedere della donna in abito oscuro è illuminato dal bianco parasole
con le frange. Lo sguardo obliquo del soggetto rispetto a chi osserva il
dipinto, denota un elemento di elegante distacco dal paesaggio urbano sullo
sfondo.
Nella quotidianità della scena di apparente semplicità dipinta nell’opera
“Sul balcone”(1892) si costruisce un
raffinato impianto compositivo che si focalizza sull’incrocio di diagonali
della tettoia che si proiettano nel cielo luminoso come un’ombra che delimita
lo spazio tra i tetti delle case da cui svetta il campanile.
“L’albero della vita” (1894) è una
visione originale del tema tradizionale della Madonna con bambino desunta dal
linguaggio simbolista. L’albero della vita avvolge la maternità come in un’apparizione,
delimitandola da una cornice che attesta un gusto tutto europeo, per la decorazione
e le arti applicate.
Infine, “Pascoli di
primavera” (1896) è l’interpretazione del tema classico della primavera
come momento di rinascita. La mucca al pascolo con il suo vitello si pone in
armoniosa correlazione con la natura rigogliosa illuminata da un sole tiepido, mentre
l’aria piatta avvolge ogni elemento.
Pubblicato da Antonella Colaninno
Mostra visitata il 10 ottobre
In foto: Giovanni Segantini; Ave Maria a trasbordo; La
mia famiglia; Costume grigionese; Ritratto della signora Torelli; Sul balcone;
L’albero della vita; Pascoli di primavera; Giovanni Segantini.