Il lavoro della Walker è una ricostruzione in bianco e nero della guerra civile americana perchè "la comprensione della verità filtra attraverso le ombre." Silouhette di carta e di acciaio ritagliate a mano danno vita a un racconto che suscita stupore ma che inquieta per la violenza esplicita del suo messaggio, perchè ricorda la lotta tra bene e male, quella tra bianchi e neri, quella creata sul sottile filo dell'erotismo tra uomo e donna che genera conflitto tra potere e purezza, tra la supremazia della forza e la fragilità della paura.
“Schiavitù, stupri, sodomie, maternità sanguinolente, immagini di tortura, degradazione". La violenza diventa più ripugnante quanto maggiore è l’ingenuità nel non comprendere il dramma del proprio destino.
Una serie di disegni, installazioni, video e incisioni raccontano significati universali ma profondamente personali: «Io non parlo per tutte le donne, ma per me, e anche quello a fatica. L'unica chiave è la mia psiche, non c'è una chiave femminista», “[…] così anche oggi c'è chi non vede né la propria schiavitù né la sofferenza degli altri», afferma la Walker.
Un mondo nel quale però, se pur in bilico tra realtà e inconscio, è previsto un riscatto, così che lo schiavo diventa oppressore, la vittima carnefice, l’ignoranza emancipazione. La tratta degli schiavi diventa inoltre metafora di altri pregiudizi, che reprimono l’identità femminile sotto forma di aggressione culturale e violenza fisica, che nascondono la paura per ciò che è diverso e negano il rispetto di ogni valore antropologico. “Sono forme di negazione esistenziale, segregazioni che agiamo e subiamo spesso inconsapevolmente, perché si muovono in strati sommersi del nostro essere, come radici corrotte” (Olga Gambari).
“Un oceano che si fa persona e inghiotte degli uomini marchiati con la parola «black», che poi scivolano dentro un lungo intestino e vengono espulsi come feci; un amplesso omosessuale (che ha più a che fare con il potere che con il sesso) tra uno schiavo nero e il suo padrone bianco; neonati gettati via in una pozza di sangue non appena venuti alla luce”.
Scritto da Antonella Colaninno
A negress of noteworthy talent. KARA WALKER
dal 25 marzo al 3 luglio 2011
a cura di Olga Gambari
Fondazione Merz
Via Limone, 24 Torino.
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