Nudo di donna EGON SCHIELE















martedì 13 novembre 2012

ROMA AL SOLE




di Antonella Colaninno

E’ un po’di tempo che mi lascio affascinare dalle parole scritte dai grandi pittori, quasi che la penna sostituisse le setole del pennello nel decifrare emozioni. Roma al sole è una raccolta di scritti di Filippo de Pisis, pseudonimo di Luigi Tibertelli, che risale al periodo che l'artista trascorse nella capitale a partire dal 1920 (anno della sua prima mostra da Bragaglia), un diario che racconta luoghi e incontri nella quotidianità della vita romana. A Roma de Pisis ebbe un’intensa vita professionale ma soprattutto un’emozionante vita privata, “quasi segreta”. Era affascinato dalle chiese barocche e dai quartieri popolari dove “[…] ha continui incontri inaspettati e rivelazioni di una realtà “metafisica”e magica che non avrebbe mai supposto nel chiuso del suo palazzo ferrarese.” Roma rappresenta per l'artista la libertà, la possibilità di riscattarsi dalle delusioni del periodo giovanile e da un percorso scolastico non brillante, esperienze di vita che lo avevano reso ostile e distante al mondo esterno. Ferrara era stata la città dei suoi esordi letterari, qui infatti collaborava con le testate locali filo cattoliche, finanziate dal conte Grosoli. A cause di alcune posizioni anticlericali assunte dalla Gazzetta Ferrarese, de Pisis prenderà il nome del suo antenato Filippo de Pisis, per non mettere in difficoltà il buon nome della famiglia di ferrea tradizione cattolica. Il suo pensiero infatti, si identificava sia nella cultura cattolica e sia nella tradizione liberale, entrambe sostenute da un sentimento di antipatia verso il socialismo e il futurismo che rinnegavano sia il pensiero cattolico che quello liberale. “E’ in questi articoli che si preannuncia la svolta metafisica della pittura italiana postfuturista.” Roma al sole raccoglie una serie di pensieri che sono stati annotati sul retro di fogli già scritti per l’avversione che de Pisis aveva per la carta bianca. Sono stati pubblicati alla morte dell’autore da Bona de Pisis, nipote, nonché erede universale dell’artista che li ha affidati a Sandro Zanotto, critico d’arte e studioso di de Pisis scrittore.

Pubblicato da Antonella Colaninno

17.1.921 Nella strada tragica della vecchia Roma dove abito, tornando stanco sul meriggio, da una porta scura, da un interno pauroso di una vendita di carbone, nella luce santificata (incerta) vidi volare una colomba bianca. Si posò con un legger brivido in terra. In quell’attimo in cui la guardai con tenerezza, il mondo con le sue tristi miserie era scomparso per me. Oh incanto di puro cuore! (Filippo de Pisis)

13.IX.921 Ce n’è uno fra gli angeli bianchi sul ponte che in certa luce verso il tramonto assume una espressione così molle e provocante da farmi delirare. Angelo galeotto! I contorni si intagliano nel cielo limpido e fondo, come profumato il panneggio si alleggerisce in pieghe fluttuanti come fosse di velo e le membra prendon rilievo e corpo, e tenerezza di carne, la sua posa diviene lasciva. Penso alle ballerine romantiche, i riccioli attorno alla fronte e al bello ovale son come scossi dal vento. La bocca à una dolcezza di testa antica e gli occhi abbassati sembran tremare di voluttà, i piedi e le mani lunghe, affusolate, ànno leggeri brividi. L’angelo, a me, che lo guardo intensamente sembra muoversi a pena, sollevarsi leggero…Svenire di delizia…e di desiderio. Angelo galeotto!..(Filippo de Pisis)

24.VI.922 IL COLOSSEO. Non lo avevo mai goduto come stanotte. Mi apparve una mirabile visione sotto il cielo di zaffiro splendente. Il marmo aveva anche biancore di latte, luminosità madreporiche magiche. Negli archi gravi vidi accendersi e spegnersi lucide stelle, come fosforescenze marine inghiottite da una balena, e l’aria d’attorno pareva profumata di gardenia. Sentii nell’armonia architettonica della masse la grazia di un corpo umano, essa penetrò in me come un canto, come una voce amata, e la sentii fluire nel sangue e feci l’atto di serrare le braccia come per stringerla al petto.(Filippo de Pisis)

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