di Antonella Colaninno
Nello studio di Balthus (1908-2001) a Villa Medici c’era
anche la giovane Michelina, la piccola adolescente che negli anni Sessanta
posava per l’artista nella stanza illuminata da una “luce bellissima” a cui si
giungeva percorrendo il viale degli aranci. Attraversava il giardino e bussava “alla
bella porta rosa” oltre la quale c’erano pochi mobili, una sedia di velluto
verde e “un profumo di fiori di tiglio”. E’ proprio Michelina Terreri a
raccontarlo in un’intervista del 1999 realizzata dal fotografo Lewis Baltz. I
ricordi della bambina evocano gli ambienti dell’atelier che Balthus utilizzava
per disegnare e quelli della stanza della pittura, pervasa “dall’odore pungente
dei colori”, e stravagante come il laboratorio di un alchimista che qui “prepara
formule magiche.”
La retrospettiva romana propone a Villa Medici in anteprima,
un frammento di questa intervista. Balthus fu infatti il direttore dell’Accademia
di Francia per 16 anni dal 1961 e si interessò dei restauri della villa.
Riportò alla luce sulle pareti alcuni affreschi del Cinquecento e intervenne
sulle superfici con sfumature di colore applicate nella stessa modalità della
pittura. La mostra romana si estende anche nelle sale delle Scuderie del
Quirinale, in un percorso doppio che presenta nell’allestimento dipinti,
disegni e fotografie. La sospensione temporale e le raffinate atmosfere
surreali fanno di Balthus un artista snob, distaccato dalle emozioni e dalla
dimensione reale, noioso per alcuni quanto irriverente per coloro che non sono
in sintonia con le sfumature di pensiero di una personalità intellettuale e
sofisticata. Un artista interessato a ritrarre non gli slanci psicologici ed
emozionali dei suoi soggetti, ma le proporzioni delle forme del corpo che
diventa “oggetto da disegnare.” Le presenze umane si vestono di un’aura
metafisica e si fissano sullo sfondo velato tra misteriose prospettive.
Balthus (Balthasar
Klossowski de Rola) era interessato alla pittura del Quattrocento che
ben conosceva, oltre a possedere “il segreto di legare le polveri agli smalti”. Era
anche un esperto di materiali dell’epoca e delle tecniche antiche (conosceva il
“bruno di mummia” estratto dalle mummie egizie ed usato nell’antichità). Ispirato dagli
artisti del passato e in particolare da Piero della Francesca, l’artista ha
sviluppato una poetica originale ricca di simboli e di rimandi iconografici,
caratterizzata da una particolare staticità surreale. Nacque a Parigi da padre
polacco, noto critico d’arte, e da madre di origini russe, pittrice e “animatrice
di importanti salotti culturali”. Compì numerosi viaggi in Europa, che
contribuirono alla sua solida formazione figurativa che attinse alla pittura
del Rinascimento toscano quanto alla Metafisica, al Realismo magico e alla
Nuova Oggettività tedesca, unendo così la cultura mitteleuropea alla tradizione
italiana. La linea pulita e morbida della pennellata e i segreti che i suoi
personaggi sembrano nascondere allo sguardo dell’osservatore, svelano un
erotismo innocente e al tempo stesso impudico, nella nudità svelata e nelle
sfumature di colore intriganti e sensuali.
Pubblicato da Antonella Colaninno
In foto: PEAR; NUDI DI PROFILO; LES ENFANTS BLANCHARD, 1937; LE ROI DES CHATS, 1935; BALTHUS.
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