Nudo di donna EGON SCHIELE















domenica 29 agosto 2010

GIULIO DURINI




di Antonella Colaninno

Un realismo audace e tenero allo stesso tempo quello di Giulio Durini, artista lombardo nato a Milano nel 1966 che si narra tra classicismo e modernità, raccontando senza velatura alcuna l’universo dell’omosessualità, attraverso una sensibilità anacronistica ispirata al gusto barocco ma compenetrata nello spirito della contemporaneità. Atmosfere seducenti dove la luce si riflette sui corpi accarezzandone le forme, e la naturalezza della posa supera il naturalismo accademico per esprimersi in un realismo forte e sensuale che ricorda quello dei realisti spagnoli come Lopez Garcia. Il messaggio è esplicito di un amore omosessuale che esalta l'eros nel voyeurismo, nel desiderio della carne e nel possesso della virilità della giovinezza. è amore verso il corpo involucro decadente, nella consapevolezza della inesorabilità del tempo.“Durini si è concentrato sulle ansie e sulle nevrosi della sua (e nostra) epoca, creando una pittura senza tempo, antica nella forma, ma carica al limite dell’eccesso di un sentimento e di emozioni quanto mai contemporanee, che nell'eterna rappresentazione del corpo trovano la loro espressione più compiuta”.
(Alberto Agazzani).

Giulio Durini discende dalla famiglia dei conti Durini di Monza, una tra le più antiche famiglie lombarde. A lui si deve il rilancio della Fondazione Durini di cui è presidente dal 2001, che ha sede nel settecentesco palazzo Durini. Fu fondata nel 1939 dal conte Antonio Durini, figlio del pittore Giulio Durini, importante figura della cultura artistica milanese del XIX secolo. E’da alcuni anni ritrattista ufficiale del Senato della Repubblica.
In una intervista rilasciata ad ArtsLife, Durini sostiene che l’arte contemporanea italiana non valorizza molto il mercato nazionale, ma tende con esterofilia ad apprezzare i mercati esteri quasi fossimo una “provincia dell’America” ignari del nostro passato di paese leader nella storia delle arti a livello mondiale.“Erroneamente diamo al concetto di contemporaneo un attributo geografico invece che temporale, diventando così solo osservatori” “L'Italia, nonostante il suo passato di faro dell' arte mondiale, si è talmente provincializzata che nel mondo interessa più per il suo passato che per il suo presente. Un presente totalmente culturalmente degradato. Questo Paese s’interessa principalmente di calciatori, veline e stracci.”


Nel 1996 espone all'Institut de France di Parigi e nel 1998 allo Spazio Consolo di Milano, all'interno dell'esposizione Il nuovo ritratto in Italia, a cura di Alessandro Riva.Nel 1999 è presente a Palazzo Sarcinelli per la collettiva Sulla pittura. Artisti italiani sotto i 40 anni curata da Marco Goldin, e a Pittura Ritrovata, allestita a Roma nel Museo del Risorgimento. Ancora con Alessandro Riva, Giulio Durini espone in Sui Generis, al Pac di Milano nel 2000 e lo stesso anno fa parte della collettiva Racconti d'estate, (galleria B&B Arte, Mantova). Nel 2001, partecipa al Premio Cairo Communication e l'anno successivo è presente nella collettiva Il lato oscuro della letteratura, in concomitanza con il Festival della letteratura di Mantova. Nel 2003 è tra i protagonisti delle prime tre tappe del progetto Italian Factory. La nuova scena artistica italiana, tra gli eventi collaterali della 50ma Biennale di Venezia, a Strasburgo, presso il Palazzo del Parlamento Europeo e al Palazzo della Promotrice delle Belle Arti di Torino, dove entra anche a far parte del progetto di Fabrizio Ferri, Ritratti.Nel 2004 è presente alla Notte Bianca della Cultura, in collaborazione con Italian Factory, dove espone nelle sale di Palazzo del Giardino. Da alcuni anni è tra i ritrattisti ufficiali del Senato della Repubblica. Nel giugno 2005 partecipa in collaborazione con Italian Factory a Miracolo a Milano, presso il Palazzo della Ragione. Nel 2006 espone alla mostra collettiva Etnie presso la Fondazione Durini a Milano, in occasione della giornata del Contemporaneo. Nel 2007 è presente all'importante rassegna collettiva italiana realizzata nella prestigiosa sede dello Shanghai Art Museum.

venerdì 27 agosto 2010

IL REALISMO SPAGNOLO




di Antonella Colaninno

Negli anni sessanta del Novecento Madrid è stata il centro culturale di una nuova esperienza artistica ispirata allo studio della realtà e dell’illusionismo dell’immagine. La ricerca pittorica di questa generazione di artisti che si è formata all’Accademia di San Ferdinando di Madrid ha osservato la realtà con sguardo retrospettivo, studiando i grandi maestri spagnoli del passato, ma con uno sguardo attento anche alle istanze della modernità. Un’importante mostra sul Realismo spagnolo è stata allestita qualche anno fa a Potenza, presso la Galleria di Palazzo Loffredo. Realidad, arte spagnola della realtà è stata un’occasione per illustrare l’affinità culturale di due aree del Mediterraneo, la Spagna e l’Italia, che spiega la forte connotazione mediterranea di questi realisti influenzati anche dai grandi movimenti del Realismo contemporaneo francese e americano di Balthus e di Hopper, come afferma Lopez Garcia, esponente di punta del movimento. La mostra dedicava una sezione al realismo storico (che incomincia dopo il 1950) e una alla “continuità del realismo” all’interno della quale erano compresi gli artisti nati negli anni quaranta che sono in stretta relazione con il gruppo storico, e gli artisti delle generazioni più giovani, la cui preparazione accademica si unisce ai moderni linguaggi della tecnologia, dell’arte cinematografica e della fotografia. Una piccola sezione raccoglieva alcune opere d’arte del passato, antecedenti al Realismo (Pedro de Orrente,1580-1645; Josè de Ribera, 1591-1652; Francisco de Zurbaran, 1620-1649; Francisco da Goya, 1746-1828) collocabili cronologicamente tra il 1600 e il 1900. Nel gruppo dei realisti storici erano esposte opere di: Amalia Avia, Julio Lopez Hernandez, Francisco Lopez Hernandez, Maria Moreno, Carmen Laffon, Antonio Lopez Garcia e Isabel Quintanilla.

In Amalia Avia il realismo è uno strumento di conoscenza in cui lo studio della luce e dei punti d’ombra crea atmosfere di rarefatta bellezza e di mistero, sospese tra illusionismo e verità oggettive.
La sua arte è attenta agli aspetti sociali della realtà, come la strada, ma anche a una dimensione più intima dove gli interni semplici delle case e le facciate dei negozi rappresentano una quotidianità che si fa memoria e, allo stesso tempo, anche denuncia sociale.

“Ministerio de Fomento”si svela come un frammento di vita fissato sulla tela, sospeso in una atmosfera surreale che cattura l’immediatezza di un momento come in una fotografia. Un frammento urbano dove lo scorrere del tempo si arresta ma dove viva è la percezione degli umori grigi e umidi di una piovosa giornata autunnale. L’attenzione per gli spazi interni è un altro aspetto della pittura dell’Avia.

Il dipinto “Comedor”, un olio su tavola del 1988, ritrae uno scorcio di una sala da pranzo: la luce è filtrata da un panneggio chiaro e crea un delicato gioco di ombre sull’angolo della parete di fondo,  mentre illumina la superficie del tavolo. C’è l’assenza della figura umana che viene evocata dagli oggetti domestici, come la macchina da cucire sullo sfondo. La pittura di questa artista è quasi monocromatica, con tonalità spente e fredde che vanno dai grigi alle terre e agli avori.

Il realismo esasperato di Julio Lopez Hernandez traccia nel gesto, nella ponderatezza e nella rigidità dell’espressione un profilo intimo e psicologico. La sua pittura vuole sottolineare l’oggettività della realtà che nasconde nella sua essenza aspirazioni più profonde. “Parte de sua familia”(poliestere originale, 1972),”El alcade”(bronzo,1972),”Marcela agachada”1967,”La Primavera”, sono figure emblematiche che esprimono la fragilità delle proprie paure. La gravità e la ponderatezza di "El alcade”sono il simbolo del vissuto di quest’uomo, una persona familiare all’artista il cui ricordo rivive nel realismo della materia.

Le sue sculture surrealiste e metafisiche, come “Dormitorio", "Almagro28” del 1978 e”Metro Tetuan-Vallecas”del 1970 denotano una forte spiritualità.

Francisco Lopez Hernandez (fratello di Julio) si ispira ai temi tradizionali del bodegon, della figura umana, e degli scorci urbani. La austera monocromia delle sculture di Julio, è superata dalla maggiore plasticità delle figure di Francisco realizzate con materiali più duttili, come l’argilla e il legno d’abete che rendono le figure più lisce e levigate. Una differenza evidente, se confrontiamo la "Primavera" di Julio con la leggerezza del plasticismo della "Nina escribendo" di Francisco: le gambe si divaricano quasi non avessero peso mentre il corpo si distende come se perdesse la sua gravità.
                                                   

Anche per Francisco la ricerca del vero vuole evocare il mistero, l’impenetrabilità della vita, come si evidenzia nel busto di "Carmen Lopez" del 1979. Un’aura metafisica avvolge la realtà che ci appare essenziale come in “Las das ventanas”(Le due finestre) del 1972, e in “Interior del estudio”del 1972.

Nell'artista Maria Moreno la natura è fonte di seduzione: la purezza dei bianchi luminosi si disperde  nell’atmosfera e nella freschezza dei verdi che rimandano ad una natura arcadica. Nei suoi scorci la materia sembra diluirsi sulla tela, smaterializzarsi per diventare pura emanazione di luce, come in “Cocina de Tomelloso” del 1972, in “Jardin de los frutales”dello stesso anno, e in “Jardin de Ponente”del 2006. Nell’opera “Rosas”(2005), le rose sono raccolte in un vaso di vetro al centro di un piano orizzontale appena percettibile che annulla la proiezione nello spazio.

In “Entrada de casa” del 1980 lo sguardo converge su uno scorcio che si apre tra le stanze di un appartamento, tra una impercettibile linea d’ombra che lascia in primo piano, sulla visuale tagliata di destra, una credenza d’altri tempi su cui poggiano un piccolo scrigno e una composizione di fiori. Tra le zone d’ombra si apre sullo sfondo una parete di un fumoso color turchese che allarga prospetticamente lo spazio.

Carmen Laffon ha sperimentato un realismo estremo che supera la dimensione del reale sino alla smaterializzazione dell’oggetto che diventa puro colore.

Il punto limite di questa ricerca pittorica è la serie di “El Coto”, un lembo di spiaggia familiare all’artista, custodito nei cassetti della sua memoria. El Coto è un punto di osservazione speciale, dipinto in quattro diversi momenti di luce: El Coto desde Sanlucar, atarceder (all’imbrunire); El Coto desde Sanlucar, nocturno (notturno); El Coto desde Sanlucar, bajamar (bassa marea); El Coto desde Sanlucar, tarde (pomeriggio), tutti del 2005.

Antonio Lopez Garcia approda al realismo solo negli anni sessanta del Novecento, dopo un primo periodo classico (1950) e una fase successiva più vicina al Surrealismo. Negli anni della sperimentazione realista, Garcia è ossessionato dallo studio della luce. I suoi soggetti sono i bodegons, i ritratti dei familiari, gli oggetti della quotidianità e scorci e vedute di città.“Madrid sur”(1965-1985) è una veduta della città dall’alto, immersa nella profondità di una prospettiva dove l’orizzonte si disperde e la città si unisce al cielo. La sua pittura non suggerisce atmosfere visionarie ma persegue la ricerca del vero: Lopez Garcia è un esistenzialista per la vitalità vibrante degli sfondi e delle figure e per l’attenzione all’analisi descrittiva e psicologica della realtà. I suoi dipinti sono fortemente realistici e i soggetti non sono un fondale indefinito o un’evocazione suggestiva di luce e colore, ma una presenza incontrastata, sospesa in una fissità e in una tensione metafisica; la tavolozza, quasi monocroma, contribuisce a evidenziare e a congelare i soggetti. Il suo realismo è freddo e contemplativo come in “Taza de water y ventana”(1968-1971) (tazza di water e finestra), in “Vaso con flores y pared”del 1965 (vaso di fiori e parete), in “Josefina leyendo”del 1953, o in “Carmencita fugando en la terrazza”del 1960.

Più esistenzialista la tela “La cena”(1971-1980), con il suo rigore compositivo e cromatico: qui il grigio della parete di fondo contrasta con il candore del tovagliato bianco su cui sono poggiati gli avanzi dei pasti consumati, intorno al tavolo, sono sedute una bambina e una donna dal volto incompleto (benché nel bozzetto il volto sia stato disegnato perfettamente). Il dipinto “Emilio y Angelines”(1961-1965) pone in primo piano le due figure sullo sfondo di un paesaggio urbano: la loro staticità contrasta con una tensione interiore, rilevata nel realismo degli sguardi, nella tensione delle labbra e del collo. Lopez Garcia ha realizzato anche opere scultoree come “Maria de pie”del 1963, una piccola figura di bambina, e l’imponente “Figura de ombre”(2001), di grande forza ed equilibrio.
In Lopez Garzia la materia non trascende lo spirito ma lo svela, il realismo esprime i significati esistenziali ed essenziali degli oggetti quanto delle figure umane. In lui è presente il senso del tempo, della morte incombente che avvalora l’esaltazione della vita, perchè anche dove c’è un messaggio di tragica drammaticità si svolge sempre un inno alla vita: è la forza della materia l’energia primigenia che spinge avanti l’esistenza. La luce da vita alle forme e svela la verità delle cose mentre la materia pittorica si fa specchio della spiritualità.

Isabel Quintanilla è l’ultima tra le donne del realismo storico; nel 1960 sposa Francisco Lopez e tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso riscuote un notevole successo in Italia e in nord Europa. Anche la sua ricerca si caratterizza per una forte aderenza al dato reale, in un equilibrio tra materia, colore e luminosità, una pittura colta e raffinata nella quale si coglie l’amore per la pittura del passato (tra cui Vermeer).

Le sue composizioni sono semplici, razionali e fortemente evocative e sono costruite sulla simmetria di piani inclinati che spostano in alto il punto di vista. “Mis flores favoritas”(2003) è un'opera di raffinata eleganza, in cui l’austerità del damasco blu del tovagliato contrasta con il bianco delle rose, a cui si uniscono, sullo sfondo, un orologio e un paio di guanti in un perfetto equilibrio cromatico e compositivo. In“Bodegon con ajas”(2004) (natura morta con agli) la luminosità del bodegon in primo piano è tagliata dal muro grigio di fondo.

Ogni oggetto rifulge di una luce quasi metafisica e diventa un prezioso gioiello della quotidianità, come la brillantezza e la trasparenza del piatto di porcellana.

Nella sezione dedicata alla continuità del realismo meritano una nota la scultura di Rafael Muyor. L'artista realizza opere scultoree di grandi dimensioni, ingrandendo inverosimilmente frutti e ortaggi: arance e angurie diventano, così, larve informi costrette nell’involucro della materia. Joan Mora indirizza la sua ricerca agli oggetti della quotidianità. La materia non costringe le forme ma le modella, conferendo loro una certa leggerezza. Un esempio magistrale di realismo scultoreo in cui si inseriscono capolavori come “Diumenge”(domenica) del 1990, ”Capsa de sabates”(scatola di scarpe) (2000), ”Paquet amb corda”(pacco con spago)(2003) e “Pelota”del 2005.
Matias Quetglas è una scultrice e pittrice che aderisce a un realismo che possiamo definire un surrealismo metafisico. I suoi soggetti, sospesi in una dimensione metafisica, sono figure compenetrate nella realtà e assorte in una quotidiana meditazione. Tra le sue opere: “Juegos de playa”(1993), ”El aliento del dragon”(2006), ”Joven flautista”(1992), ”Maria con espero”(1979), ”Mria en tamburate”(1980).