Nudo di donna EGON SCHIELE















domenica 27 aprile 2014

L’800 INGLESE NELLA COLLEZIONE PEREZ




[…] riemerse solo da pochi decenni da un cono d'ombra in cui la critica d'arte coeva le aveva costrette sin dal loro apparire […]

di Antonella Colaninno

Immaginare l’arte dentro una cornice rappresenta oggi, un pensiero quasi contro tendenza se pensiamo ai numerosi tentativi di portare l’arte fuori dal quadro alla conquista dello spazio e di strumenti di espressione alternativi. La tradizione della pittura induce a riflettere sui valori poetici e letterari di una rappresentazione figurativa di perfezione formale e di un’estetica che sul finire dell’Ottocento, in piena rivoluzione del costume e della società, pone la donna al centro di un percorso di riscoperta della bellezza che si sublima nella visione eterna del desiderio. Nel suo essere estasi e tormento, la donna mostra la sua sensualità  languida e indolente, spirituale e raffinata, mito di quella decadenza che si nutre di semplicità e purezza, prendendo le distanze dal mondo reale. In questa ricerca del bello, nasce la consapevolezza dell’arte per l’arte nella sua naturale seduzione, della vita stessa al servizio dell’arte che cerca di essere magica e al tempo stesso, inaccessibile. Leggenda, mito e fiaba popolano la visione di un mondo che riscopre la dimensione sensoriale cercando di liberarsi dal peso morale della cultura vittoriana, sviluppando la poetica del gusto e della cura del particolare e della decorazione. Un’ interessante mostra in corso presso il Chiostro del Bramante illustra la ricchezza di quel movimento estetico nato in Inghilterra nella seconda metà dell’Ottocento che pure se in una visione comune, ha prodotto varietà di sfumature. La mostra romana presenta una serie di opere provenienti dalla collezione del ricco mecenate messicano Juan Antonio Pèrez Simon che comprende importanti dipinti dei pittori dell’Ottocento inglese e di uno dei suoi esponenti di spicco: Lawrence Alma-Tadema come il suo capolavoro: Le rose di Eliogabalo, una tela di grandi dimensioni esposta alla Royal Academy nel 1888. Sotto una cascata di petali di rose si svolge il banchetto del crudele imperatore romano che tra i fiori inebria e “schiaccia” i suoi convitati. Il mito classico del ciclo delle stagioni e della primavera ispira Il canto della primavera (1913) di John W. Waterhouse e la malinconica consapevolezza della giovane donna di Arthur Hughes in La nube passa. "[...] muse o modelle, femmes fatales, eroine d'amore, streghe,incantatrici, principesse; l'essere angelicato che può diventare demonio, la salvezza che può diventare tentazione."


Pubblicato da Antonella Colaninno



In foto: Lawrence Alma-Tadema, Le nozze di Eliogabalo (1888); William C. Wonter, La suonatrice di Saz (1988); Frederic Leighton, Crenaia, la ninfa del fiume Dargle (1880); John W. Waterhouse, Il canto della primavera (1913); Chiostro del Bramante.

venerdì 25 aprile 2014

LA STORIA DEL MUSEE D’ORSAY E DELLE SUE COLLEZIONI IN MOSTRA A ROMA








“Il Musèe d’Orsay fu inaugurato dal presidente della Repubblica francese, Francois Mitterand, il 1 dicembre 1986 e aprì le porte al pubblico il 9 dicembre. E’ diventato uno dei musei più importanti al mondo, che conta mediamente circa due milioni e mezzo di visitatori l’anno” per una collezione di circa 4000 opere.

di Antonella Colaninno

L’intervento architettonico di Gae Aulenti sull’antica stazione ferroviaria progettata secondo criteri monumentali e decorativi dall’architetto Victor Laloux, ha trasformato l’edificio inaugurato nel 1900, anno della grande Esposizione Universale di Parigi, nel prestigioso Musèe d’ Orsay. Alcuni passaggi fondamentali di questo restauro e degli interventi di allestimento realizzati a partire dal 1985, sono illustrati nella mostra romana dal titolo “Musèe d’Orsay. Capolavori.” in corso presso il Complesso del Vittoriano. Bozzetti, grafici, sezioni e filmati raccontano gli sviluppi di un progetto che si volle affidare all’architetto italiano dopo aver definitivamente bloccato la volontà di demolire la stazione. Una decisione resa possibile grazie alle posizioni dell’allora ministro francese agli Affari Culturali Jacques Duhamel e al contributo di Georges Pompidou. La Gare d’Orsay fu così, salvata  dalla demolizione e nel 1973 “venne inclusa nell’inventario dei monumenti storici da quella stessa Commissione Superiore dei Monumenti Storici che pochi anni prima non aveva posto ostacolo alla sua distruzione”. L’idea di una nuova destinazione d’uso per la Gare d’Orsay nacque dall’esigenza di creare una nuova collocazione ai dipinti degli Impressionisti della Galerie nationale du Jeu de Paume. La Direzione dei Musei di Francia dispose  la creazione di un nuovo museo che si sarebbe aggiunto al Louvre e al Musèe National d’Art moderne e la Gare d’Orsay interpretava al meglio le esigenze di una società in cambiamento per la modernità della sua struttura con l’ampia copertura a volta in cemento. Il 20 ottobre 1977  l’allora presidente della Repubblica Valèry Giscard d’Estaing rese ufficiale il progetto della trasformazione della vecchia stazione ferroviaria in museo. Nel 1978 la Gare d’Orsay e l’albergo di lusso di Laloux  vennero dichiarati monumenti storici e nel 1980 su concorso ad invito, venne conferito l’incarico all’architetto italiano Gae Aulenti. Il restauro dovette considerare in primis, la tutela delle strutture, degli spazi e delle decorazioni  ma allo stesso tempo, ripensare agli spazi aperti della stazione come funzionali a contenere una importante collezione d’arte. Il nuovo museo avrebbe fatto un passo avanti rispetto al Louvre e avrebbe considerato tutte le arti del secondo Ottocento del panorama internazionale fino al 1910 e a seguire, “data che segnava l’inizio della collezione del Musèe national d’Art Moderne”.  Le collezioni  furono costituite attraverso gli acquisti dello stato e alle importanti donazioni dei collezionisti. Una parte della collezione del Musèe d’Orsay di gusto conservatore proviene dalle acquisizioni del Louvre e del Musèe du Luxembourg (1818) dai Salon dove venivano ammesse le opere che passavano al giudizio severo e insindacabile della giuria. “I Salon erano dunque espressione del gusto artistico ufficiale, che privilegiava la grande pittura di storia o mitologica e il ritratto: ogni deviazione dalla tradizione accademica era programmaticamente bandita”.  Le opere impressioniste considerate lontane dalla tradizione, finirono nel museo attraverso le donazioni spesso contestate, perché i Salon  solo dopo il 1870 mostrarono una certa apertura verso le opere della scuola di Barbizon che segnò un profondo rinnovamento della pittura di paesaggio, che prese le distanze dagli schemi accademici preferendo una maggiore aderenza allo studio diretto del vero. Nel 1895 furono acquisiti 121 quadri della scuola di Barbizon grazie alla donazione di Georges Thomy Thièry, “fondatore dei grandi magazzini del Louvre e gestore dell’albergo d’Orsay”, donazione che permise al museo di arricchirsi di opere come Angelus di Millet. Un’ulteriore donazione fu quella di Alfred Chauchard sempre per i dipinti della scuola francese e quella di Etienne Moreau-Nèlaton con ben 125 dipinti, 5000 disegni, 3000 stampe e documenti tra cui si annoverano Le Dèjeuner sur l’herbe di Manet, I papaveri di Monet ed opere di Pissarro, Sisley, Delacroix e Corot. Altre importanti opere furono acquisite attraverso l’acquisto negli atelier d’artista dopo la  morte dei pittori. Gli anni  tra le due guerre costituirono un periodo importante per le donazioni di cui si ricorda quella di Jacques Doucet, Auguste Pellerin e Antonin Personnaz.



L’esposizione romana si snoda attraverso cinque sezioni: la prima mostra “il nucleo originario della collezione”, quello sull’arte dei Salon, di gusto accademico apprezzata dalla critica e dal grande pubblico. Segue la sezione dedicata al rinnovamento della Scuola di Barbizon, primo approccio en plein air verso lo studio della luce che tra il 1830 ed il 1870, anticipa la pittura impressionista. La terza sezione è dedicata alla modernità del nuovo gusto impressionista che predilige non solo la veduta di campagna, ma tutto ciò che richiama il cambiamento con la presentazione di quei soggetti cari alla società del progresso. Segue la sezione dedicata alla “declinazione simbolista” della pittura del secondo Ottocento, ricca di forme e soggetti ma soprattutto di slancio emotivo. La mostra si chiude con l’esperienza dei pointillisti e di una pittura che partendo dallo studio della luce degli impressionisti, si spinge oltre verso la segmentazione della stessa, sino alla visione altra del dato realistico. Le pennellate a piccoli ed esili tratti costituiscono materia indipendente dalla stessa natura. Un periodo di grande ricerca che riporta l’attenzione sulla decorazione mentre sperimenta nuove tecniche che “dal cloisonnisme di Gaugin ai Nabis” si apre al Novecento e alle sue grandi correnti artistiche.

UN PO' DI STORIA...
Il suolo su cui oggi si trova il Musèe d'Orsay ha una storia antica che risale ai primi anni del Seicento, quando Margherita di Valois, figlia di Caterina de' Medici, decise di fare edificare un elegante palazzo che sarebbe stata la sua dimora proprio lì dove scorre la Senna e dove sorgeva esattamente sulla riva opposta, la residenza di Enrico IV, il sovrano-sposo che l'aveva ripudiata. Qui Margherita vi abitò dal 1609 al 1615, anno della sua morte e sino al 1623 il palazzo rimase di proprietà della famiglia finchè il re Luigi XIII,erede legittimo, decise di vendere la residenza per far fronte ai debiti lasciati dalla defunta. Dalla proprietà di Caterina negli anni, si è esteso un asse viario che comprende l'attuale rue de Lille, un tempo l'asse principale del giardino, e sono sorte una serie di importanti ed eleganti dimore, come quella della duchessa di Borbone che oggi è sede dell'Assemblea Nazionale. La zona che rimase inedificata visse per lunghi anni in uno stato di degrado sino agli inizi del Settecento quando Charles Boucher d'Orsay si adoperò per il recupero della zona che fu chiamata quai d'Orsey  Nel 1751, "una piccola parte del cantiere, nella zona orientale dell'attuale stazione", fu sistemata ed utilizzata per gli spostamenti dei regnanti e degli ufficiali e dopo la Rivoluzione, fu trasformata in una caserma. Accanto a questa caserma nel 1810, fu iniziata la costruzione per volere di Napoleone, del Palais d'Orsay, sede del Ministero degli Affari Esteri, completata nel 1938 e assegnata in seguito, alla Corte dei Conti e al Consiglio di Stato. Nel 1871 il quartiere fu incendiato a seguito degli scontri della Comune ed il Palazzo perse le strutture portanti e le preziose decorazioni. Dopo venticinque anni, il rudere sarà venduto dallo Stato francese alla Compagnia ferroviaria di Orlèans che affiderà i lavori all'architetto Victor Laloux per i quali saranno impiegati 12.000 tonnellate di metallo, il doppio rispetto alla quantità utilizzata per la costruzione della Tour Eiffel.

Pubblicato da Antonella Colaninno


In foto: Edgar Degas: Ballerine che salgono una scala; Jules-Alexis Muenier: La lezione di catechismo; Giuseppe De Nittis: Place des Pyramides; Henri Geoffroy: Il giorno di visita all’ospedale; Edgar Degas: L’orchestra dell’Operà; una delle sale interne del Musèe d’Orsay.