“In ogni
Biennale la presenza a fianco del nostro curatore delle diverse voci dei
curatori nei diversi padiglioni concorre a realizzare un valore importante, il
pluralismo di voci. “Parliament of Forms”. Nulla più di un parlamento deve
prevedere pluralità di voci. Sia nelle Biennali più intimiste, sia in quelle
più drammaturgicamente coinvolgenti la storia, è importante che la Mostra sia
sempre vissuta come luogo di libero dialogo.” PAOLO BARATTA, Presidente della
Biennale di Venezia
by Antonella
Colaninno
La 56.
Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia celebra i suoi 120
anni di attività da quel lontano 1895 quando nello storico spazio del Padiglione Centrale dei Giardini
fu inaugurata la prima edizione. Il curatore nigeriano Okwui Enwezor presenta
al pubblico la sua mostra internazionale All the World’s Futures in una prospettiva che tra slanci e
citazione guarda a tutti i “futuri del mondo” tra le difficoltà di un presente incerto e caotico. Enwezor
si pone in continuità di ricerca con il lavoro di Bice Curriger e Massimiliano
Gioni che nelle precedenti edizioni della Biennale avevano iniziato una
riflessione sul senso dell’arte in un’epoca di estensione estetica sulle
frontiere del digitale e della multiculturalità. Le fratture ideologiche della
società contemporanea amplificano la sensibilità degli artisti dando vita ad un
“parlamento delle forme”
rappresentato da una serie di “filtri”
che si sovrappongono tra loro e coinvolgono tutti i campi della creatività.
Nel
Padiglione Centrale dei Giardini il curatore sviluppa un interessante progetto
espositivo dal titolo L’Arena strutturato in Filtri/sezioni suddivisi nei
seguenti temi: “Vitalità: sulla durata
epica”, “Il giardino del disordine”, “Il
Capitale: una lettura dal vivo” perché tutto è in continua evoluzione e si
avvale di aggiunte e contributi esterni creando un disordine di forme e
contenuti che rispecchia il caos contemporaneo. Ad epilogo di questo percorso si pone l’importante riflessione sul
Capitale, nucleo centrale delle difformità sociali in cui viviamo e della “rapacità dell’industria finanziaria” un
tema da sempre oggetto di studio per intellettuali ed economisti. Una
programmazione interdisciplinare di eventi che comprende anche la lettura di
Das Kapital di Karl Marx si ispira alla Biennale del 1974 che dedicò
una parte delle sue manifestazioni in programma alla delicata questione del
Cile dopo il colpo di Stato del generale Pinochet che nel 1973 pose fine al
governo di Salvador Allende. “E’
superfluo osservare che, nell’inquietudine dell’attuale scenario
internazionale, gli Eventi della Biennale del 1974 sono stati una fonte di
ispirazione per la Mostra di quest’anno”.
Questo spiega come l’arte sia espressione non solo di realtà individuali e
codificate nella personale realtà immaginativa dell’artista, ma si faccia portavoce di una memoria collettiva.
E’ un segnale importante che“[…] un esposizione
della statura della Biennale Arte abbia non solo reagito, ma abbia anche
coraggiosamente tentato di condividere il proprio palcoscenico storico con il
contesto politico e sociale contemporaneo”. Fotografia, canto, musica, arte
e letteratura sono lo scenario
complesso e fluido con il quale “gli
artisti indagano la condizione umana “ “fino ad arrivare a toccare altri
segmenti del corpo sociale”. Il senso sulla “Vitalità: durata epica” nucleo
centrale dell’Esposizione, avrà il suo completamento nella pubblicazione del
volume “All the World’ s Futures”: lo
stato delle cose” nel quale saranno riportati tutti gli eventi tra
performance, conferenze, letture e dialoghi , un vero e proprio “giornale di bordo della mostra” “che
costituirà un archivio e una riflessione sull’andamento dell’Esposizione e
sulla sua conclusione “.
Pubblicato da Antonella Colaninno
In foto: Il Presidente della Biennale
Paolo Baratta e il curatore Okwui Enwezor; Venezia; il
Padiglione Centrale dei Giardini; l’Arsenale; il curatore nigeriano Okwui
Enwezor su L’UOMO VOGUE.