Nudo di donna EGON SCHIELE















domenica 15 dicembre 2013

LEGAMI E CORRISPONDENZE IMMAGINI E PAROLE ATTRAVERSO IL 900 ROMANO








di Antonella Colaninno

Un percorso espositivo tra arte e letteratura per raccontare il Novecento e le collezioni della Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale. Un’epoca di grande fermento culturale scandita dalle guerre e dalla ripresa economica abbraccia in un comune universo poetico, scrittori ed artisti in un vincolo di “legami e corrispondenze” tra immagini e parole. Architetti, scrittori, poeti ed artisti intrecciano spontaneamente, le loro relazioni negli studi d’artista, nei salotti letterari, per le strade e in quei caffè storici tra le botteghe e le vie della capitale come nel celebre Caffè Greco.

Roma è ancora una città di provincia in quegli anni, diventata solo da qualche decennio la nuova capitale d’Italia, ma la sua mondanità e la sua ricchezza artistica affascinarono molti scrittori che qui decisero di trascorrere parte della loro vita. Chiusa in un’economia agricola che fa del turismo la sua principale fonte di ricchezza, Roma è ben lontana da quel modernismo figlio dell’economia industriale delle grandi città del nord, ma la rivoluzione del costume non mancherà di portare anche nella città, nuove prospettive nel campo delle arti e della letteratura a cui molto contribuirono il Futurismo ed il suo fondatore Tommaso Marinetti. Gabriele D’Annunzio giunse nella capitale nel 1881per i suoi studi e vi soggiornò fino al 1889 collaborando con i giornali e le riviste locali. Affascinato dalla vitalità della città si ispirò alla leggerezza della vita mondana romana nell' opera letteraria il Piacere che attinge al simbolismo della pittura di Adolfo De Carolis e di Camillo Innocenti per la sensualità dei suoi passi letterari e agli stati d’animo decadenti dei paesaggi di Nino Costa dove il dato realistico si confonde con quello emotivo. Le vicende del protagonista Andrea Sperelli sono quelle dello stesso autore che vive in solitudine il fascino degli ambienti romani […] non la Roma dei Cesari ma la Roma dei Papi; non la Roma degli Archi, delle Terme, dei Fori, ma la Roma delle ville, delle Fontane, delle Chiese. Egli avrebbe dato tutto il Colosseo per la Villa dei Medici, il Campo Vaccino, per la Piazza di Spagna, l’Arco di Tito per la Fontanella delle Tartarughe. La magnificenza principesca dei Colonna, dei Doria, dei Barberini l’attraeva assai più della ruinata grandiosità imperiale[…]” Dagli stessi suoi amici artisti D’Annunzio fu considerato “l’ultimo cantore della campagna romana” e alle sue tematiche estetizzanti si ispirarono i preraffaeliti GIuseppe Cellini e Giulio Aristide Sartorio. Lo stesso Sartorio, nel Trittico delle Vergini volle come modella la giovane sposa di D'Annunzio, Maria Hardouin di Gallese. Nella raccolta di poesie intitolata Isaotta Guttadauro del 1886, Gabriele D'Annunzio affidò l'illustrazione delle pagine ad un gruppo di artisti romani tra i quali Giuseppe Cellini, Onorato Carlandi, Giulio Aristide Sartorio, Enrico Colemann e tanti altri, quasi tutti abituali frequentatori del famoso Caffè Greco. D'Annunzio seppe conciliare il suo spirito libero e la sua grande apertura mentale all'ambiente di provincia della capitale, un clima che difficilmente poteva assecondare il suo essere un globale ante litteram, con una visione europea della cultura. Anche l'esperienza del Futurismo e di Filippo Tommaso Marinetti si lega alla capitale. Nella Filippica Contra Roma passatista Marinetti descrive una città priva di slanci come Venezia e Firenze, perchè parassita del turismo e carente di una economia imprenditoriale. Il Futurismo si impose a Roma nel 1913 con l'apertura della galleria futurista di Giuseppe Sprovieri in via del Tritone, 125 e per la presenza dell'abitazione di Balla in un vecchio convento di via Paisiello. C'è una nuova visione del mondo che entra prepotente nella sfera personale. Ogni forma d'arte, plastica o letteraria, si trasforma in azione, in plauso alla vita, in desiderio di cambiamento. Il Futurismo pensava di dipingere "gli equivalenti plastici e cromatici dei rumori e degli odori [...]" e se Balla era attratto dallo studio del movimento in sè come valore oggettivo,Boccioni preferiva studiare i valori soggettivi riflessi negli stati d'animo. Intenso fu l'impegno di Marinetti nella capitale dove fondò il periodico "Roma futurista", ma fu il teatro l'aspetto più importante per l'apertura alle avanguardie nella capitale. Nel 1917 vanno in scena i balletti russi al teatro Costanzi, mentre intensa prosegue l'attività del teatro Sperimentale degli Indipendenti sito nei sotterranei di via degli Avignonesi. Il teatro futurista lascia molto all'improvvisazione,alla satira, alla recitazione libera e proteso verso l'esterno, preferisce uscire dalle mura e per le strade, incontra la gente.
Molto ci sarebbe ancora da raccontare su questo interessante quanto affascinante percorso di legami e corrispondenze tra artisti e scrittori nella capitale nel corso del Novecento, ma sarebbe riduttivo riportare qui considerazioni che meriterebbero uno studio più approfondito piuttosto che una semplice lettura, per la quantità e l'importanza delle fonti documentarie.

Pubblicato da Antonella Colaninno





In foto: immagine del catalogo della mostra "Legami e corrispondenze. Immagini e parole attraverso il 900 romano"; Gabriele D'Annunzio; La Sultana, 1913 di Camillo Innocenti; Donna con fiori - Nudo di donna con rose, 1910 di Adolfo De Carolis; Frigidarium, 1882 di Alessandro Pigna; Le Vergini savie e le Vergini stolte, 1890-1891 di Giulio Aristide Sartorio; particolare dell'opera di G.A. Sartorio; Galleria d'Arte Moderna di Roma Capitale; una delle sale interne allestite in occasione della mostra.

Legami e corrispondenze
Immagini e parole attraverso il 900 romano.
28 febbraio - 29 settembre 2013
Galleria d'Arte Moderna di Roma Capitale 

domenica 1 dicembre 2013

MUSEO LABORATORIO DELLA MENTE





di Antonella Colaninno

Ci sono luoghi che raccontano storie di vita, altri che raccontano il lento dimenticarsi del sé dove la vita si perde nei labirinti della psiche umana. Attraverso la rievocazione delle storie e la ricostruzione degli spazi il Museo Laboratorio della Mente racconta il lento degenerarsi della percezione e lo smarrimento per la perdita della memoria. La realtà del disagio mentale nella sua complessità rivive nei portatori di storie e denota la perdita del ricordo, lo scollamento dalla dimensione temporale senza la quale si smarrisce il senso del proprio esistere. Una riflessione sul valore del tempo per costruirsi la propria identità partendo dagli “sguardi degli esclusi", metafora delle esclusioni sociali di tutti i tempi. Una bocca bloccata nell’atto di comunicare aspetta di ascoltare la tua voce per sciogliere la propria, “ha bisogno della tua voce per parlare,” ha bisogno di ascoltare i tuoi suoni per sentirsi, mentre nello specchio cerca di ritrovare la sua immagine. E’importante riscoprire i modi del sentire e collocarsi nel tempo attraverso la memoria che consente di “riconoscersi ogni giorno della vita.” Vite spezzate dal manicomio e gesti di rabbia raccolti in una creatività ossessiva che disegna e incide per affermare la propria “presenza negata” e atti di protesta per rivendicare il diritto alla volontà come quello della paziente Lia Traverso che nei primi anni Settanta mise in atto lo sciopero della fame per poter ottenere l’uso della forchetta e del coltello per chi come loro, privati degli oggetti e dei ricordi, mangiavano con le mani. Un percorso che racconta il disagio emotivo di persone con storie difficili che la psichiatria istituzionale aveva decretato come malati di mente “accomunati da uno stesso infelice destino”ma che i ritratti realizzati negli anni Trenta del secolo scorso da Romolo Righetti, psichiatra del Santa Maria della Pietà evidenziano come le diversità di ogni persona rifiuti l’idea di una indistinta omologazione. Ogni stanza scandisce il percorso di visita e da il titolo alle sezioni in cui è suddiviso l’allestimento: da “entrare fuori uscire dentro” e “la fabbrica del cambiamento” si passa ai “modi del sentire” dove “una successione d’ambienti rimandano uno all’altro in un gioco misto tra alterazioni percettive e preconcetti comuni, perché da vicino nessuno è normale.” Dalla sezione dedicata ai “ritratti”si passa alle “dimore del corpo”sino agli “inventori di mondi”, per terminare con “l’istituzione chiusa” che si raggiunge passando attraverso un corridoio con tre ambienti: la fagotteria, dove i pazienti ricoverati lasciavano in custodia abiti e averi; la stanza del medico e la camera di contenzione. Infine, “la fabbrica del cambiamento”racconta le fasi che portarono alla chiusura dell’Ospedale Psichiatrico con un’installazione sul caos degli oggetti per raccontare l’epilogo del manicomio e documentare la sua trasformazione in un più adeguato centro di assistenza psichiatrica.

Pubblicato da Antonella Colaninno

Il Museo Laboratorio della Mente è stato realizzato da Studio Azzuro, Museo Laboratorio della Mente, in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale A.S.L. Roma E

Piazza Santa Maria della Pietà, Padiglione 6

Roma

Nelle foto: illustrazione dello schema del percorso museale; immagine del manifesto che accoglie il visitatore all'ingresso del Padiglione 6; un lavoro di Studio Azzurro.

sabato 2 novembre 2013

UN'ECONOMIA SOMMERSA PER UN PATRIMONIO TRAFUGATO



 
 
 

di Antonella Colaninno

I nostri beni culturali devono fare i conti con un traffico illecito internazionale dove le antichità italiane sono ai primi posti di una classifica sconcertante. Una storia lunga che risale al secondo conflitto mondiale quando i russi in quel lontano maggio del 1945, occuparono la sede dell'ambasciata italiana a Berlino e trafugarono in Unione Sovietica importanti opere d'arte di inestimabile valore provenienti in gran parte dalla Galleria Nazionale d'arte antica di Palazzo Barberini. Una storia infelice, testimoniata dal breve memoriale di Massimo Baistrocchi, diplomatico della Farnesina impegnato nella ricerca delle opere d'arte scomparse. Il Baistrocchi racconta che i russi si sentivano legittimati dal furto che consideravano la giusta ricompensa per i danni subiti durante il conflitto e che per tutelare il riserbo sulla faccenda, le istituzioni museali sovietiche non si sentivano autorizzate a rivelare la quantità di opere d'arte conservate nei depositi. In un articolo pubblicato un pò di tempo fa sul Corriere, Sergio Rizzo scrive: "Baistrocchi cita calcoli di esperti tedeschi, secondo i quali il numero di opere d'arte scomparse dalla Germania dopo quel maggio del 1945 sarebbe di circa un milione, di cui 250mila definite "di grande valore", oltre a circa "4milioni 600mila libri e 3 chilometri di archivi". I quadri furono il prezzo con cui molti ebrei pagarono il proprio esilio ma furono soprattutto il bottino preferito per molti tedeschi. Dalle rivelazioni del Baistrocchi apprendiamo che "dal 1945 al 1952 gli alleati restituirono all'Italia 252.068 oggetti d'arte, mentre a seguito dell'accordo De Gasperi-Adenauer tra il 1953 ed il 1974 il governo federale tedesco rese 40 opere trafugate opponendosi però al rimpatrio di altre opere che i nazisti avevano acquistato ma esportato illegalmente. Tra le opere che i tedeschi si rifiutarono di consegnare, considerandole divenute proprietà della Bundesrepublik, figurano i nove dipinti di Sebastiano Ricci della collezione de Robilant e provenienti dal soffitto di Palazzo Mocenigo a Venezia (che si trovano oggi alla Gemaldegalerie di Berlino), il dipinto della Visitazione di Francesco Guarino ed il Kouros proveniente dalla collezione Amelung di Roma, tutte opere che dopo l'acquisto erano state trasportate in Germania con il corriere diplomatico, senza quindi le prescritte autorizzazioni doganali". Una situazione resa ancor più difficile nel 1974 quando la Germania "ha considerato scaduto l'accordo fra De Gasperi e Adenauer" ed esasperata nel 2000 quando la Federazione russa ha approvato una legge che nazionalizza le opere d'arte presenti nei musei. Ma le motivazioni si mostrano ben chiare sin dall'inizio se leggiamo le rivelazioni del Baistrocchi in merito "alle decine di esperti e di storici dell'arte" incaricati dalle autorità sovietiche di far razzie per completare le proprie collezioni museali. Il traffico di beni culturali tra furti e commercio illegale colloca l'Italia ai primi posti di una triste vicenda aggravata dall'attività dei tombaroli e dall'azione malavitosa delle mafie. La refurtiva giunta in Svizzera, viene affidata ad una compravendita internazionale che coinvolge collezionisti, istituzioni museali e case d'aste. Ma siamo certi che la compravendita sia fatta in assoluta buona fede senza suscitare il benchè minimo dubbio sulla provenienza delle opere da parte dell'acquirente? Un traffico illegale che spesso coinvolge le case d'aste, nelle cui sedi i carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, archeologico e del paesaggio hanno recuperato il materiale della refurtiva, giunto qui dopo una normale trattativa di vendita. Come nel caso della Santa Caterina d'Alessandria di Bernardino Strozzi, "scomparso da una villa fiorentina nell'aprile del 1944 e riapparso alla casa d'aste Sotheby's di Milano nel 2009". Il recupero delle opere d'arte trafugate segue lunghi percorsi di difficoltà diplomatiche e giudiziarie che spesso sono il frutto di strani compromessi tra i governi, come è accaduto per i 15 argenti di Morgantina del Metropolitan Museum tornati in Italia dopo un accordo firmato dall'allora ministro dei Beni Culturali Rocco Buttiglione che prevedeva la restituzione delle opere dopo quattro anni agli Usa che, a loro volta, dopo altri quattro anni, avrebbero dovuto restituirle all'Italia per un periodo complessivo di quarant'anni. Molte sono le opere rubate nelle chiese dalle mafie, avvolte da vicende inquietanti e misteriose, come il caso della Natività di Caravaggio rubata dalla mafia nell'Oratorio della Chiesa di San Lorenzo in San Francesco a Palermo e ad oggi ancora disperso. Un patrimonio immenso registrato nella banca dati dei carabinieri per una cifra pari a quasi 2 milioni di oggetti scomparsi. Una percentuale altissima che non ripaga del successo dei molti ritrovamenti e che mette in luce probabilmente, nelle difficoltà del recupero, la mancanza di una legge adeguata che tuteli con giuste sanzioni il valore della nostra cultura.


Pubblicato da Antonella Colaninno

Nelle foto in ordine: la miniera di Merkers in Germania; "12 aprile 1945: il generale Eisenhower ispeziona le opere d'arte trafugate dai nazisti e ritrovate nella miniera di Merkers in Germania"; un soldato nella miniera di Merkers: la Venere di Morgantina "trafugata e poi tagliata in tre pezzi"; la Natività di Caravaggio.
 



domenica 27 ottobre 2013

AL PAN DI NAPOLI LA X EDIZIONE DI PREMIO CELESTE

 
 
 
 
di Antonella Colaninno
Giunto alla sua X edizione, Premio Celeste si riconferma una presenza globale nella scena artistica contemporanea confermando l'importanza del web come piattaforma multimediale per incontrarsi e presentarsi al pubblico con i contenuti di una espressività eterogenea. Il Premio, come ogni anno, decreta i vincitori nell'ambito delle quattro categorie pertinenti alla tecnica di elaborazione scelta dai partecipanti tra: Pittura e Grafica, Fotografia e Grafica digitale, Installazione, Scultura & Performance, Video e Animazione, a cui si aggiungono il Premio del Curatore ed il Premio del Pubblico. La sede scelta per questa X edizione curata quest'anno, da Andrea Bruciati, è stato il PAN Palazzo delle Arti di Napoli che ha ospitato lo scorso 5 ottobre la finale del premio. Le 40 opere finaliste, scelte dal curatore e dal team di curatori del comitato di selezione, sono state esposte presso la sede napoletana sino al 13 ottobre. La sensibilità alle tematiche sociali e agli aspetti culturali che contraddistinguono la realtà contemporanea è il punto di vista privilegiato con cui Premio Celeste osserva le nuove tendenze artistiche, nel rispetto della libertà di espressione e di elaborazione di idee ed emozioni.
Un immaginario libero che supera l'idea di forma convenzionale e la stabilità della corrispondenza al progetto iniziale. E' questa la scelta di Paola Angelini che indaga le metaforfosi dell'oggetto attraverso il suo evolversi in una forma ibrida. Il titolo del suo lavoro "A guardare il cielo si diventa cielo" esprime la leggerezza di un corpo mutevole che in assenza di gravità, resta sospeso in uno spazio immateriale spiegando in questo modo, il senso del mutamento e l'idea che guardare il cielo sia anche un pò, perdersi nella mutevolezza e diventare cielo.

La riflessione sul disagio quotidiano della comunicazione e delle relazioni collettive danno una risposta all'essenzialità dello spazio indefinito dove si inserisce come unico elemento di scena, l'unicità di una presenza umana. Silvia Mariotti in "Try n.1 (serie Attempts)" sceglie un'atmosfera surreale per creare le suggestioni di una immagine di solitudine nella presenza di un corpo che si estranea dal proprio contesto pur restando una presenza vibrante di energia.

In "Black Flag Revival" di Ryts Monet i significati politico sociali indagano sulle potenzialità della musica di farsi portavoce delle problematiche culturali ed economiche del nostro paese ed in particolare, di quelle regioni d'Italia più ricche come il nord est che in seguito alla crisi e alla conseguente chiusura di molte aziende, hanno rilevato la più alta percentuale di suicidi tra gli imprenditori italiani.
http://www.premioceleste.it/opera/ido:222829
C'è chi come Lorenzo Morri  si ispira a tematiche romantiche riproponendo un tema classico come il bacio per spingersi oltre la fisicità del contatto tra due corpi. In "Bacio" il desiderio si identifica nell'assenza dell'oggetto e si fa universale proiettandosi in una dimensione dove mondo reale e virtuale si incontrano tra bisogno di amore e ricerca continua. Un messaggio che confonde i piani di comunicazione affettiva e decreta il potere del'immagine.
http://www.premioceleste.it/opera/ido:225923
"CV "di Francesco Cagnin traduce l'idea di monumento in una stele che raccoglie idealmente il percorso autobiografico e professionale dell'artista in "una sorta di ossario delle proprie esperienze artistiche" che attinge all'antico. La storia di tante esperienze personali può paradossalmente, anche "leggersi" così.

L'Arca di Noè è una rilettura del racconto biblico che reinterpreta gli aspetti narrativi della tradizione alla luce di una nuova visione scientifica e surreale, tra il visionario e l'antropologico. Nell'immaginario di Carlo Fiele la fauna si trasforma in una stravagante anatomia di immagini che mettono in evidenza muscoli ed organi interni. L'astrazione della forma si estende nello spazio e si affida all'interpretazione simbolica che annulla ogni riferimento temporale e riconduce il racconto "alla sfera della sessualità e della riproduzione." La scienza attraverso la raffigurazione della scissione mitotica e del bacino quale elemento scheletrico differente nei due sessi, diventa lo strumento per rappresentare il pensiero di Dio.

Pubblicato da Antonella Colaninno
 
 
 
Nelle foto in ordine: Steven Music con Andrea Bruciati e Ryts Monet; Silvia Mariotti accanto alla sua fotografia; A guardare il cielo si diventa cielo di Paola Angelini, vincitrice per la sezione Pittura e Grafica; Try n.1 (serie Attempts) di Silvia Mariotti, vincitrice per la sezione Fotografia e Grafica digitale; Black flag revival di Ryts Monet, vincitore per la sezione Installazione, Scultura & Perormance; Bacio di Lorenzo Morri, vincitore per la sezione Video e Animazione; CV di Francesco Cagnin, vincitore del Premio del Curatore; L'Arca di Noè di Carlo Fiele vincitore del Premio del Pubblico.
 
 
 
 
 

mercoledì 28 agosto 2013

PARLIAMO DI CONTEMPORANEO...I MUSEI DAL NOVECENTO AL NUOVO MILLENNIO








"La grande arte italiana si ferma a Tiepolo" Antonio Paolucci, Ministro per i Beni Culturali, 1995

di Antonella Colaninno

L'Italia e il contemporaneo non è sempre stato un binomio di grandi affinità elettive. Mentre l'Europa era impegnata nell'apertura di importanti musei di arte contemporanea l'Italia preferiva investire nell'arte del passato tra conservazione ed acquisizioni. Nell'arco degli ultimi vent'anni del secolo scorso, proprio in quei travolgenti anni Ottanta di furori e decadenze, si avvia in Europa una vera e propria "campagna"di costruzione di centri per l'arte contemporanea che vede la nascita a Madrid nel 1986 del Centro de Arte Contemporanea Reina Sofia, primo museo nazionale spagnolo per il contemporaneo, a Monchengladbach nel 1982 del Museo Abteiberg e nel 1984 della nuova sezione della Neue StaatsGallerie di Stoccarda, costruite rispettivamente dall'architetto austriaco Hans Hollein e dall'inglese James Stirling. Sempre negli anni Ottanta la Francia istituisce sotto il governo del ministro della cultura francese Jack Lang, i Fondi Regionali per l'Arte Contemporanea per un programma di investimenti nella realizzazione di "centri di produzione artistica." Nell'ultimo decennio del secolo scorso l'Italia puntava sulle sue tre importanti risorse del contemporaneo come il Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato voluto dai Pecci, nota famiglia di industriali nel settore tessile e realizzato da Italo Gamberini, la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, nata su decreto regio nel 1883 e con sede fino al 1915 a Palazzo Esposizioni prima di essere trasferita nella sede attuale di  Palazzo delle Belle Arti e il Castello di Rivoli nei pressi di Torino, residenza sabauda rimasta incompiuta su progetto di Flippo Juvarra. Negli stessi anni, in Europa si aprono nuovi spazi museali per il contemporaneo su progetto di architetti di fama internazionale. L'americano Frank O'Gehry firma il progetto per il Guggenheim Bilbao, mentre Renzo Piano realizza nel 1997 la struttura per la Fondazione Beyeler di Basilea. Un altro americano Richard Meier costruisce nel 1992 il Museum d'Art Contemporanei di Barcellona in occasione delle Olimpiadi. Il 1995 segna la nascita del Museum of Modern Art di San Francisco "a firma" del ticinese Mario Botta, mentre di Rem Koolhas è la Kunsthalle di Rotterdam. Apre il nuovo millennio la Tate Gallery of Modern Art di Londra "nell'ex centrale elettrica di Bankside sul Tamigi", grazie agli interventi di ristrutturazione degli architetti svizzeri Herzog & De Meuron. Uno scenario così ricco e vitale da far riflettere su come proprio in quegli anni in cui incominciava a delinearsi la grande crisi globale, si trovassero risorse e si investissero ingenti somme di denaro nel settore culturale. Soprattutto se si pensa che la gestione delle risorse non è mai svincolata da ragioni di natura politica ed è sempre piuttosto controversa la decisione su dove far confluire gli investimenti che si divide fra chi promuove la crescita dell'arte contemporanea e chi invece, prendendo in scarsa considerazione gli investimenti su forme di espressione legate al cambiamento del costume, preferisce impegnarsi sul fronte dell'arte antica, rinascimentale e tardo barocca. La storia dei musei italiani legati alla cultura contemporanea riflette il desiderio di cavalcare il presente nella consapevolezza dei grandi cambiamenti in atto nel  passaggio epocale al nuovo millennio. Un ventennio certamente in crescita che risveglia l'interesse degli enti locali tra regioni, province e comuni e vede la creazione di spazi per il contemporaneo. Nel 1989 apre a Trento la Galleria Civica e nel 1996 il Centro Arti Visive Pescheria nell'ex mercato del pesce di Pesaro, a cui è stata annessa nel 2001 la Chiesa del Suffragio confinante con l'edificio del mercato. A La Spezia si inaugura il CAMEC (Centro Arte Moderna e Contemporanea) con la direzione di Bruno Corà e con la nuova destinazione d'uso di un ex palazzo di Giustizia dei primi anni del secolo. In provincia di Cuneo (a Caraglio) il recupero di un antico filatoio apre le porte al CESAC (Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee), mentre nel 1998 il quattrocentesco Palazzo delle Papesse di Siena si apre al contemporaneo. Il Trentino Alto Adige dopo la nascita della Galleria Civica-Centro di Ricerca sulla Contemporaneità di Trento nel 1989 sotto la direzione di Danilo Eccher completa la trilogia sul conteporaneo con il MART (Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto) inaugurato nel 2002, con la Merano Arte di Merano e con il Museion di Bolzano. Le istituzioni si fanno attente anche a sud e cercano di creare un'area di sviluppo del contemporaneo e di superare i limiti dei "confini" territoriali strettamente legati alla tradizione locale. Nel 2004 nasce il MAN (Museo d'Arte Provincia di Nuoro) con la direzione di Cristina Collu, preceduto qualche anno prima nel 2001 dalla Galleria Civica d'Arte Contemporanea Montevergini di Siracusa in un ex convento di clausura. Ma è Napoli con l'apertura del PAN (Palazzo delle Arti Napoli) nel 1998 diretto da Julia Draganovic e Marina Vergiani e del MADRE nel 2005 a porsi come centro propulsore più importante del Mezzogiorno per l'arte contemporanea. Tra le altre realtà presenti sul territorio a sud d'Italia si aggiunge il Museo Comunale Pino Pascali di Polignano, inaugurato nel 1998 con una grande mostra antologica di Pino Pascali nel trentennale della sua somparsa. Il museo, diretto da Rosalba Branà, è dal 2012 Fondazione Pino Pascali istituita per iniziativa del Comune di Polignano e della Regione Puglia, nella nuova sede dell'ex mattatoio comunale sul lungomare della città. Di recentissima fondazione è il MACS di Catania inaugurato nel giugno 2013 con la mostra Furia Corporis di Alfio Giurato a cura di Alberto Agazzani. Il nuovo polo museale sotto la direzione di Giuseppina Napoli è sito in via dei Crociferi all'interno della Badia Piccola del Convento delle Benedettine già bene UNESCO, con la vicina chiesa di San Benedetto capolavoro del tardo barocco siciliano. Molto ha fatto discutere nella capitale, la nascita nel 2009 del MAXXI (Museo Nazionale di Arte e Architettura del XXI seolo) su progetto dell'architetto anglo-iracheno Zaha Hadid e del MACRO (Museo Arte Contemporanea Roma) su intervento di Odile Decq che come un fulmine a ciel sereno apre nuove prospettive sul contemporaneo in una realtà come quella romana, fortemente legata alle varie facies di una storia dell'arte ricca e complessa che ha visto spesso il fiorire di nuove epoche e di nuovi stili sulla distruzione delle antiche vestigia come accadde per la zona dei Fori Imperiali. Con la fondazione delle istituzioni museali romane nasce il dibattito sulla figura dell'archistar e su un modo di progettare che sublima l'idea come atto individuale, lontano da quel fare architettura che abbraccia le reali esigenze di una comunità e guarda al bene comune, tematiche di cui si è discusso nell'ultima Biennale Architettura diretta da David Chipperfield. Ripercorrendo le tappe dei più significativi interventi di musealizzazione delle collezioni di arte contemporanea ricordiamo la Galleria Civica di Modena fondata nel 1959 che inizia ad operare nel contemporaneo nel 1983 con due importanti collezioni dedicate al disegno e alla fotografia e che vede la direzione di Angela Vettese fino al 2009 e, dal 1982, la Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Forti di Verona. In Sicilia dal 1997 è attiva la Galleria Civica d'Arte Contemporanea Montevergini di Siracusa allestita negli ambienti di un convento del XVIII secolo. Tra le recenti istituzioni ricordiamo anche il MAMbo di Bologna inaugurato nel 2005 nella struttura dell'ex Forno del Pane sotto la direzione di Gianfranco Maraniello che rappresenta l'evoluzione della Galleria d'Arte Moderna nata nel 1975. Il MARCA (Museo delle Arti Catanzaro) nato nel 2008 grazie all'impegno della Provincia e diretto da Alberto Fiz segna la scena contemporanea di una realtà periferica come la Calabria. Con i suoi 1000 mq di superficie dislocati su tre piani, ospita  una ricca collezione di opere databili a partire dal XVII secolo fino ai nostri giorni. Nel 2o09 dopo un lungo intervento di restauro ha riaperto a Pistoia Palazzo Fabroni, un edificio del tardo '500 inaugurato alla fine degli anni '80 che raccoglie nella sua collezione artisti contemporanei e maestri pistoiesi del '900, mentre a Siena l'SMS Contemporanea opera sul contemporaneo all'interno del Complesso di Santa Maria della Scala. Il Museo Arcos di Benevento apre le porte nel 2005 alla guida di Danilo Eccher e Claudia Gioia, così come in Friuli Venezia Giulia la GC.AC (Galleria Comunale d'Arte Contemporanea) di Monfalcone (Udine) viene inaugurata nel 2002 nell'ex mercato del pesce della città e sotto la direzione di Andrea Bruciati lavora sui giovani talenti italiani emergenti. Il PAC (Padiglione d'Arte Contemporanea) di Milano rappresenta una realtà "ante litteram" se consideriamo che costruito negli anni Cinquanta, diventa spazio espositivo per il contemporaneo nel 1979 su iniziatia del Comune. Infine, il Museo del Novecento di Milano apre nel dicembre del 2010 nel Palazzo dell'Arengario, un'architettura razionalista che con i suoi 3000 mq di superficie accoglie una importante collezione di arte moderna e contemporanea.

Pubblicato da Antonella Colaninno  




Nelle foto: Palazzo Fabroni, Pistoia; Castello di Rivoli; Cappella del Castello; Scala; MART di Rovereto; MAN di Nuoro; MAMbo di Bologna; MADRE di Napoli; MADRE


lunedì 29 luglio 2013

LA CRITICA COMO ARTE ALL'UNVERSITA' DI AVILA EL REALISMO ESPANOL DI ANTONELLA COLANINNO


http://www.azayartmagazine.com/la-critica-como-arte/


              
LA CRITICA COMO ARTE

lunedì 22 luglio 2013

AZAY ART MAGAZINE JACQUES HENRI LARTIGUE



Traduzione di Magdalena Baltasar

Por Antonella Colaninno – critica de arte
Se puede considerar a la fotografía como el arte moderno de la imagen, un nuevo medio gráfico, que en el caso de Jacques Henri Lartigue (Courbevoie, 1894 – Niza, 1986) pasa a ser el instrumento mediante el cual la modernidad narra su pasado. Lartigue es un observador atento, sofisticado e intelectual al mismo tiempo. Su nativo sentido de la belleza le dirige hacia el buen gusto y el clasicismo, siempre animado por el deseo de descubrir y por un enfoque espontáneo y optimista sobre la realidad. Ha vivido los cambios de su tiempo, pero sin preocuparse nunca, dedicándose sólo a la propia felicidad, en medio de un siglo de grandes tormentos. Los enfoques fotográficos son similares al retrato y a las composiciones pintorescas, escenas de la vida cotidiana de la cual Lartigue aprovecha momentos y emociones, mientras que el movimiento secuestra el instante. El trascurso lento del tiempo fluye ante él, testigo no de los hechos de una época pero sí de su personal sensibilidad por la velocidad y el vuelo.

Es la libertad lo que le cautiva, indiferente al correr de los acontecimientos. Lartigue fue un gran creativo, cándido por excelencia, que se dedicó exclusivamente a la belleza y la ligereza de un refinado romanticismo. Comenzó a hacer sus primeras fotografías a los sólo siete años, cuando su padre le regaló una máquina fotográfica convencido de las posibilidades creativas del niño. Sus primeros pasos revelan una gran atención por el juego del cual él pone de manifiesto la dimensión poética. En las fotos de Lartigue siempre hay una simetría entre las partes, una lógica del orden y de la armonía. Retrata a los sujetos con gran naturalidad, destacando la melancolía y concentración. Presta atención no sólo al ser humano, sino también al paisaje en el que las figuras se inscriben con gran protagonismo. Y sin embargo, la multitud es sorprendida en los momentos más íntimos de su vida cotidiana, captada por uno de los más originales y sofisticados fotógrafos del siglo XX.
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15 agosto 2010
Pubblicato da Antonella Colaninno

AZAY ART MAGAZINE...VERTIGO. UN SECOLO DI ARTE OFF-MEDIA DAL FUTURISMO AL WEB