Nudo di donna EGON SCHIELE















venerdì 15 marzo 2013

GIORGIO DE CHIRICO LA CASA MUSEO



“Nelle piazze di de Chirico non possono esserci piante, fiori, vegetazioni che rimanderebbero al corso degli eventi e al respiro dell’esistenza. Ogni forma di vita deve pietrificarsi per superare il tempo. […] Solo sullo sfondo della composizione, ai confini dell’orizzonte, oltre il muretto che recinge la piazza metafisica, possono comparire le nuvole di fumo di un treno in corsa, una vela scossa dal vento che va verso il mare aperto […]” Elena Pontiggia

DI ANTONELLA COLANINNO
Passeggiando per Piazza di Spagna, uno degli scenari più successivi delle capitali europee, con la sua imponente scalinata di Trinità dei Monti, ci ritroviamo di fronte al seicentesco Palazzetto dei Borgognoni dove, dal 1947, e per gli ultimi 30 anni della sua vita, ha vissuto Giorgio de Chirico. Centro della vita artistica romana, la piazza è stata lo scenario di un intenso fervore culturale per gli atelier di artisti presenti in via Margutta e in via dei Condotti, con il celebre Caffè Greco, dal 1760 luogo di incontro di politici e intellettuali. Oggi la casa museo ospita la Fondazione Isa e Giorgio de Chirico nata nel 1986 su iniziativa della moglie del maestro e di Claudio Bruni Sakraischik. Nel 1998, a 20 anni dalla morte di de Chirico, avvenuta il 20 novembre 1978, la casa è stata aperta al pubblico per la prima volta, con gli arredi originali e la sua ricca collezione di opere d'arte collocabili a partire dagli anni Venti e Trenta del Novecento. Nel 1987, per volontà della vedova Isa For, 24 dipinti del maestro sono stati donati allo Stato italiano e sono entrati a far parte della collezione della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. 
All’interno della casa-museo, tra le stanze che si affacciano sulle pittoresche terrazze romane, il nostro incontro con Giorgio de Chirico avviene attraverso la presenza degli oggetti a lui cari, dalla poltrona, all’autoritratto, dai ritratti della moglie Isa, alle sculture, di Ettore e Andromaca, degli Arcangeli e di Oreste e Pilade, dai dipinti delle Torri, ispirati alla Mole Antonelliana, alle tele sul mito dei Gladiatori, scene di armoniose perfezioni, distanti dalle sanguinose arene romane. Nella sala da pranzo, l’intimità familiare si raccoglie intorno a una serie di nature morte, o vite silenti, come preferiva chiamarle de Chirico, dalla linea morbida e dall'enfasi barocca. Risale alla fine degli anni ’60, l’ultima grande sala del primo livello dell'abitazione che accoglie alcune opere del periodo neometafisico, incentrato sui temi delle piazze italiane e dei manichini, che in questa fase creativa sono interpretati con un senso di maggiore giocosità. Qui troviamo opere come Le Muse inquietanti (1974), La torre (1968 ca), e Piazza d’Italia con fontana (1968 ca). 

Al piano superiore, sono invece collocate la camera da letto del maestro, con la splendida vista sulle terrazze romane, la camera della moglie Isa, e l’atelier, dove de Chirico preparava i colori, che, ancora oggi, conserva sul cavalletto, l’ultima opera incompiuta del maestro, la copia del Tondo Doni di Michelangelo.
Poggiata sul pavimento dello studio, la foto incorniciata del fratello Savinio che custodisce le foglie della corona di alloro del suo funerale.
L’anacronismo di Giorgio de Chirico non è mai al di fuori del tempo ma si ispira alla tradizione del passato, a un classicismo che dall'antica Grecia si rinnova attraverso la parabola della storia, passando per Tiziano, Leonardo e Raffaello. Nel 1913, Apollinaire, definì il maestro: “il più sbalorditivo pittore del nostro tempo”, lui che solo qualche anno prima, nel 1910, a Firenze, aveva iniziato il suo percorso sulla Metafisica “ispirata dalla lettura di Nietzche.” Giorgio de Chirico ci ha lasciato l’eredità di un pensiero originale, di un modo nuovo di reinterpretare la storia in chiave metafisica, sempre in costante relazione con il passato. La riflessione sul tempo e sulla materia porta de Chirico a concepire l'idea nella forma, ad interrogarla oltre l’enigmatica trama surreale. La sospensione della metafisica rappresenta la dimensione dell’attesa, è la ricerca di ciò che non si conosce, la comprensione dell’eternità del mito. Elena Pontiggia sottolinea quanto sia stato determinante per de Chirico nascere in Tessaglia, nella antica città di Volos, sorta sulle rovine di Colcos da cui gli Argonauti salparono alla ricerca del Vello d’Oro. Inoltre, non lontano da Volos, vivevano i Centauri, leggendarie figure metà uomini e metà cavalli e tra questi, il mitico Chirone, che aveva educato Achille, Diomede, i Dioscuri e Giasone. La pittura di de Chirico è ricca, infatti, di rimandi mitologici e lavora sulla trasparenza della memoria, lontana da sentimentalismi, e distante dal romanticismo dei simbolisti (Bocklin e Klinger) a cui il maestro pur si ispirò durante il soggiorno a Monaco. La meditazione sulla metafisica estende gli orizzonti del pensiero aprendosi, sulla tela, a larghe campiture, lasciando al dubbio le zone in ombra dal colore poco cristallino. Gli aspetti surreali abbracciano, invece, l’idea visionaria di un’arte come rivelazione. Tutto il percorso artistico di de Chirico è il frutto del suo peregrinare di città in città. dalla Grecia alla Germania, sino ai suoi soggiorni a Parigi, Firenze, Ferrara, Torino e Roma, mentre le geometrie e le presenze architettoniche si ispirano probabilmente, alla memoria di un padre ingegnere. L’uomo è, per de Chirico, pensiero che si tramuta in forma, anche quando i manichini tornano ad essere figure umane congelate in un frammento di spazio, nello scorrere universale del tempo. Ciò che permane  nelle figure e nel paesaggio di de Chirico è il silenzio, l’immobilità, che sospende il moto dell’esistenza tramutandola nell' idea assoluta del continuo passaggio del tempo. Anche la pienezza delle forme, a cui de Chirico ritorna, non appare mai come un fluire della vita, ma piuttosto come una rovina romantica, florida e decadente, come una citazione del mito e della classicità.


Pubblicato da Antonella Colaninno
Luogo visitato  il 16 gennaio 2013
                                                                                                    

In foto: ingresso alla Casa museo; sala da pranzo; scorci della camera da letto di Giorgio de Chirico; particolare del copriletto con angeli nella camera della moglie Isa For; lo studio del maestro; particolare di una sala della Casa museo. 

sabato 9 marzo 2013

I DISEGNI DI MEDARDO ROSSO




[…] si impone la determinante presenza del “vuoto”, che nei fogli più alti del gruppo diverrà il protagonista dell’immagine, di soggetto naturalistico ma tutt’altro che naturalistica: trascrizione, piuttosto, in una sorta di veloce scenografia, di una tesa partecipazione emotiva.” Luciano Caramel

DI ANTONELLA COLANINNO

I disegni di Medardo Rosso (1858-1928) sono, ancora oggi, una produzione poco nota al pubblico. Si conoscono soltanto un centinaio di opere delle quali ci è giunta, in alcuni casi, solo la riproduzione fotografica, una documentazione, per questo, così preziosa, conservata al Museo Medardo Rosso di Barzio in Valtellina. Alcuni di questi lavori sono stati realizzati su supporti improvvisati e non consentono di stabilire una datazione precisa, benché si possa riconoscere all'artista una certa attività come pittore, svolta durante gli anni giovanili trascorsi tra Pavia e Milano. Ciò che caratterizza i disegni di Medardo Rosso è la volontà di “far dimenticare la materia” mostrando i significati nascosti, e le sfumature psicologiche. L'artista modella la materia senza mai conferirle un plasticismo chiuso, ben definito, lasciando che le figure si aprano allo spazio circostante come un'apparizione effimera di se stessa, nell'estemporaneità del tratto, tra contorni labili e decadenti, in assenza di una precisa volontà oggettiva. 

Una visione che risente del clima lombardo della Scapigliatura (Rosso visse a Milano fino al 1889) e di un certo naturalismo che privilegia il contemporaneo nella sua verità e immediatezza, preferendolo a tematiche storiche e mitologiche, al soggetto ideale, e all'artificio formale. In Medardo Rosso non è la materia a prendere forma, ma la sintesi di un’idea che tende a sfumarsi verso il vuoto, che cerca di rilevare l'impressione di “un’istantanea di vita cittadina in atto (Londres – effet de metro en la lumière, Chemin de fer – train qui arrive). 

L'artista, infatti, disegna il particolare di un’azione, lasciando percepire le possibili intenzioni che si celano oltre quel gesto (Uomo che fa la valigia, Uomo che si pettina davanti allo specchio, Figlia che cuce), cerca di cogliere le sensazioni di un momento attraverso le sfumature di una grande campitura di luce o piuttosto, usando un tratto di matita che disegna zone d'ombra come fossero una nube oscura (Paesaggio al mare, Impressione marina, Paesaggio, Strada)

Pubblicato da Antonella Colaninno