Nudo di donna EGON SCHIELE















domenica 25 marzo 2012

LUX IN ARCANA. L’ARCHIVIO SEGRETO VATICANO SI RIVELA




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La Città del Vaticano apre le porte dell'Archivio Segreto con la mostra Lux in Arcana. L'Archivio Segreto si rivela.
La storia si svela sotto i nostri occhi nei documenti dei conclavi, delle scomuniche, dei trattati e dei rapporti diplomatici tra gli stati e il potere della chiesa. Antiche pergamene, carte, sete, cortecce di betulle e splendide miniature ci raccontano gli eventi di lunghi secoli di storia, testimoni delle più importanti vicende dell’umanità accadute dall’VIII al XX secolo. 

Un archivio di ben 85 chilometri di scaffali custodisce documenti provenienti da ogni parte del mondo: dalla Cina alla Russia, dall’America al Marocco, dall’Impero mongolo all’antica Persia. I preziosi Sigilli in cera sono simili a calchi in miniatura e impreziosiscono i supporti scrittori esaltando il valore dei contenuti. Con il suo percorso espositivo inedito la mostra rappresenta un vero e proprio evento mediatico, con un sito web di curiosità e di approfondimenti dove è possibile trovare aneddoti ed aspetti singolari. 

Tra i documenti allestiti nelle teche, il visitatore potrà trovare la bolla di Leone X del 3 gennaio 1521 con la quale si scomunica il monaco agostiniano Martin Lutero fautore della riforma protestante e della celebre affissione delle 95 tesi sul portale della Chiesa di Wittenberg (1517) nelle quali si enunciava la cattiva pratica delle indulgenze della chiesa cattolica. Il percorso espositivo si apre con il documento degli atti del processo di Galileo Galilei e continua con una serie di fonti preziose tra cui le pergamene del processo contro i Templari di Francia (1309-1311) e la corteccia di betulla su cui è incisa la lettera della tribù dei Chippewa (indiani d’America) a Leone XIII datata 1887. Inoltre la preziosa lettera su seta dell’imperatrice Elena di Cina a Innocenzo X (1650) e la lettera dei membri del Parlamento inglese per la causa matrimoniale di Enrico VIII inviata a papa Clemente VII e datata 1530. Tra i documenti più importanti, la bolla Inter Cetera emanata da papa Alessandro VI nel 1493 a seguito della scoperta dell’America. Tra gli altri documenti in esposizione: il diploma con sigillo d’oro di Federico II di Svevia il Barbarossa, la bolla d’indignazione del Concilio di Trento di papa Polo III del 1542, la lettera del presidente americano Thomas Jefferson a Pio IX per ringraziarlo della sua intercessione di pace. La pergamena del Concordato di Worms del 1122 in cui viene concessa l’investitura dei vescovi alla chiesa, e ancora lettere che attestano il mancato pagamento dei lavori svolti, per i due angeli sul ponte di Castel Sant’Angelo.

Infine il volume dell’Archivio Borghese, collocato all’inizio del percorso espositivo, è considerato il più pesante pezzo d’archivio, dalla mole rilevante e dalla rilegatura in pelle rossa con la copertina in legno. Al suo interno sono riportate informazioni sul patrimonio dei Borghese e sulla sua amministrazione. Il volume è largo 40cm, alto 55 e pesa ben 64 kg.



Scritto da Antonella Colaninno


Mostra organizzata in collaborazione con Roma Capitale, Soprintendenza ai Beni Culturali e Zètema Progetto Cultura.

Sito ufficiale della mostra – www.luxinarcana.org

MIRO’! POESIA E LUCE



Pittore della poesia e della forma allo stato puro tra primitivismo e moderna razionalità, L’astrattismo espressionista di Joan Mirò (1893-1983) rappresenta una esperienza artistica originale pur nelle influenze che la pittura contemporanea riflette nelle sue opere. Nella location romana del Chiostro del Bramante la curatrice Maria Luisa Lax Cacho ripercorre gli ultimi anni dell’attività del maestro catalano attraverso 80 lavori tra dipinti, bronzi, terrecotte e acquerelli. Una produzione “felice” che risale agli anni che Mirò trascorse a Maiorca, città nella quale riuscì a realizzare il suo studio, un progetto a lungo desiderato e per l’occasione qui ricostruito nella suggestive immagini di uno sfondo illusorio. 

Dal 1956 Mirò si trasferì a Palma de Maiorca dove visse i suoi ultimi anni serenamente producendo lavori che trovavano fonte di ispirazione nelle pitture rupestri di Altamira e nelle originali architetture di Gaudì. Mirò dipingeva a terra con le dita e con i pugni, camminando sulle tele e usando come supporto carte di giornale e carte sporche di fango o riciclate dalla spesa ai mercati. Fautore di una creatività primitiva, Mirò si ispirò anche alle esperienze delle avanguardie americane e alla cultura orientale. Viaggiò negli Stati Uniti e in Giappone e fu un comunicatore ante litteram del ruolo pubblico dell’arte, realizzando due murales in ceramica per la sede parigina dell’Unesco, oltre a sculture monumentali e a opere di grande formato. Nato a Barcellona da una famiglia di artigiani, Mirò si formò nella città spagnola sotto l’influenza di grandi maestri come Van Gogh, Cezanne, Matisse e i Fauves. Dopo un primo viaggio a Parigi nel 1920, fu affascinato dalla vita culturale della città francese e dalla originalità dell’arte di Picasso, dei dadaisti e dei surrealisti. La sua intensa attività di artista fu interessata anche alla produzione teatrale con i disegni per le scene dei balletti di Romeo e Giulietta e di Jeux d’enfants e nel 1981 per le scene e i costumi del balletto L’Uccello Luce a Venezia.

Scritto da Antonella Colaninno



Mirò! Poesia e luce.

a cura di Maria Luisa Lax Cacho

dal 16 marzo al 10 giugno 2012

Chiostro del Bramante - via della Pace – Roma.


sabato 24 marzo 2012

TINTORETTO


Trafugamento del corpo di San Marco (1562-1566)


Al grande maestro della pittura del Cinquecento Jacopo Robusti detto il Tintoretto (1519-1594), le Scuderie del Quirinale dedicano una importante mostra, la terza dopo la retrospettiva del 1937 e quella veneziana sui ritratti del 1994. Dal mito al ritratto e alla pittura religiosa, l’opera del Tintoretto impreziosisce le sale delle Scuderie. I suoi ritratti celebrativi non piacevano a Pietro Longhi che affermava di non ricordarne nessuno in quanto anonimi e forse lontani da quella raffinata introspezione psicologica che caratterizza i ritratti di Tiziano. 

Tintoretto raggiunse il suo splendore nel periodo di massima crisi linguistica della pittura veneziana del ‘500 spiega il curatore Vittorio Sgarbi. Riferimenti importanti per la sua pittura furono a Venezia, Tiziano, il toscano Jacopo Sansovino, “architetto e scultore della Repubblica di Venezia”, e Giulio Romano e l’architettura di Palazzo Te a Mantova. Criticato da Pietro Aretino e Ludovico Dolce, fu in competizione con Paolo Veronese ed ebbe buoni rapporti con Giorgio Vasari e Palladio. Poetico e sensibile Tintoretto si impossessa della realtà con la sua particolare visione romantica e uno stile tipicamente veneziano che usa luce e colore e manifesta tutta la spiritualità della controriforma. Molti i riferimenti alla chiesa come Susanna, simbolo della purezza della chiesa, il fico e l’unicorno simbolo di Cristo. Tintoretto fu un autodidatta e iniziò a dipingere facendosi pagare solo le tele e i colori, raccogliendo una copiosa offerta di lavori nella speranza di entrare in contatto con la committenza offerta dalla Repubblica e dalle Scuole Grandi. Occasione che arriverà nel 1562, ben quattordici anni più tardi dal Miracolo dello schiavo, con la commissione dei tre quadri sui miracoli di San Marco per la omonima Scuola Grande su richiesta del medico Tommaso Rangone che sarà ritratto nei teleri. Sia le scuole Grandi che le Scuole Piccole erano impegnate nella organizzazione di concorsi e nella commissione di opere a soggetto sacro. I privati della borghesia imprenditoriale e della aristocrazia commissionavano opere a soggetto profano dove si esaltava la bellezza femminile dove Tintoretto eccelleva più che nei ritratti, benchè mantenne sempre riserbo verso la sensualità delle sue figure. “Soggetti allegorici e languide ninfe nude" furono interpretate con giocosa sensualità nel rispetto della sensibilità della chiesa post tridentina. Tra le opere in mostra Susanna e i vecchioni, il Trafugamento del corpo di San Marco, la Vergine Maria in lettura, la Vergine Maria in Meditazione. Le opere di Tintoretto si caratterizzano per una impostazione scenografica e per una composizione attenta che nulla lascia al caso e che rileva l’importanza della luce e del colore nella plastica delle figure e nella resa emozionale delle atmosfere.


Scritto da Antonella Colaninno

Tintoretto
dal 25 febbraio al 10 giugno
a cura di Vittorio Sgarbi
testi n mostra di Melania Mazzucco
Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio, 16
Roma

mercoledì 14 marzo 2012

IL GUGGHENHEIM. L’AVANGUARDIA AMERICANA 1945-1980


Robert Bechtlen '71 Buick



Tra il 1945 e il 1980 l'Avanguardia americana si afferma nello scenario culturale in un periodo caratterizzato da un grande fermento di idee e dalle grandi trasformazioni che hanno visto la leadership americana nella crescita economica e nelle vicende politiche internazionali. L’America in quegli anni, è stata teatro ideale per la nascita di nuove tendenze artistiche: dall’Espressionismo astratto alla provocazione della Pop Art, passando attraverso l’arte concettuale e le geometrie elementari del  Minimalismo, sino a un genere di pittura fotorealista “che porta avanti l’eredità della Pop Art.” Esperienze visive che coinvolgono lo spettatore e tendono a misurare l’effetto artistico prodotto.
Una storia del costume e della cultura quanto mai originale e eterogenea, al passo con le moderne sperimentazioni e attenta al confronto con la lontana cultura europea. Un confronto in cui decisivo è stato il ruolo del R. Solomon Guggenheim e della sua collezione, in un periodo che metteva in discussione il ruolo stesso dell’arte e dei suoi obiettivi. La maggior parte delle opere in mostra presso Palazzo Esposizioni di Roma, provengono dalla collezione permanente del museo newyorchese e a queste si affiancano altre provenienti dalla Peggy Guggenheim Collection. Un percorso espositivo che afferma l’importanza di questa collezione e del  museo che oggi può ben considerarsi il più importante polo internazionale per l’arte moderna e contemporanea. Un esempio eccellente di musealizzazione di una collezione privata o meglio, di più collezioni confluite nella Fondazione Solomon R. Guggenheim. Le collezioni si sono costituite  inizialmente attraverso le scelte dei Guggenheim, ma  furono poi sostenute dalla consulenza della pittrice tedesca Hilla Rebay, baronessa von Ehrenwiesen, autrice nel 1927 di un ritratto per Solomon. Una passione per l’arte e per il collezionismo che i Guggenheim hanno trasformato in una vera vocazione. Un valore che conferma l’impegno del privato e dell’impresa nella crescita e nella valorizzazione della cultura. Solomon investì coraggiosamente su una collezione d’arte “non oggettiva” sostenuta dalla stessa Rebay che acquistò artisti figurativi benchè credesse nel valore spirituale dell’astrattismo.Una collezione che Solomon avrebbe voluto donare al Metropolitan Museum of Art se non avesse poi istituito nel 1937 la Solomon R. Guggenheim Foundation e il Museum of Non-Objective Painting nel 1939. La fiducia nelle potenzialità dell’astrattismo fu proiettata anche nella scelta di un’architettura leggera per il museo, affidata alla modernità del progetto di Frank Lloyd Wright .Una mostra interessante, quella romana, dove la diversità dei linguaggi espressivi caratterizza le sezioni in cui è suddivisa. Dalla leggerezza di Alexander Calder ai neon di Mario Merz, dall’Action Painting di Jackson Pollock all’estensione delle campiture di Mark Rothko. La Elegia per la Repubblica Spagnola n.110 (1971) di Robert Motherwell si affaccia silenziosa dalla parete di fondo di una delle sale mentre il Disastro arancione #5 (1963) di Andy Warhol ripropone, in un ritmo ossessivo, l’immagine di una sedia elettrica che quasi si svuota di contenuti nel ripetersi in un'immagine/icona sempre uguale a se stessa. La Pop Art di Roy Lichtenstein è attenta al mondo massmediatico dell’informazione, dal fumetto alla cartellonistica pubblicitaria ed è il simbolo di un consumismo di massa che non può che esprimersi attraverso tinte forti e immagini di grande formato che portano lo spettatore nel vortice di un’idea di consumo che tutto travolge e sconvolge. Presenti in mostra anche Jamais (Mai) (1944) di Clifford Still, con il suo straziante simbolismo,

le geometrie psichedeliche di Frank Stella e del suo Harran II (1967), 

e le campiture liberatorie di Kenneth Noland con il suo April Tune

Infine Arshile Gorky e la pittura fotorealista di Robert Bechtlen con ’71 Buick (1972) e Charles Bell con Gum Ball n.10: “Sugar Daddy.”

Scritto da Antonella Colaninno

Guggenheim L’avanguardia americana 1945-1980.
dal 7 febbraio al 6 maggio 2012
Palazzo delle Esposizioni
Roma, via Nazionale 194