Nudo di donna EGON SCHIELE















domenica 26 agosto 2012

INTRODUZIONE ALL’ARCHEOLOGIA RANUCCIO BIANCHI BANDINELLI



APOLLO DEL BELVEDERE
DORIFORO di Policleto

“Si parla sempre dello studiare gli Antichi; ma che altro significa ciò, se non: rivolgiti verso il mondo reale e cerca di esprimerlo, perché questo facevano gli Antichi allorchè vissero.” Johann Wolfgang von Goethe, 1826.

Rileggere un testo per ricordare ciò che si è dimenticato, per approfondire alcuni aspetti a cui si è dato uno sguardo forse un po’superficiale è ciò che spinge il lettore a sfogliare le pagine di libri già letti. Lo studioso, nelle sue riletture, darà nuovo valore ai contenuti e soprattutto, li analizzerà con occhio diverso per scoprire nuove prospettive e possibili spunti di ricerca. Introduzione all’archeologia di Ranuccio Bianchi Bandinelli è un importante volumetto di studio per gli studenti di Storia dell’Arte e di Archeologia, un vademecum di consultazione che spesso gli studiosi rileggono con maggiore consapevolezza ed approfondimento. Un testo sulle grandi campagne di scavo e sullo studio delle fonti che, secondo l’autore, corrono su tre “fili diversi”: “la conoscenza delle fonti scritte, la conoscenza dei materiali reperiti dallo scavo, il criterio metodologico per portare quelle nozioni a giuste conclusioni storiche.”

In passato, si pensava che l’archeologia fosse pura contemplazione dell’antico, edonismo fine a se stesso. Winkelmann aveva fatto un grande salto di qualità negli studi sulla classicità attraverso il passaggio dall’erudizione fine a se stessa, pura e semplice curiosità accademica, ad una ricerca cronologica dell’arte antica che approfondirà l’analisi dell’evoluzione degli stili e porterà alla nascita dell’archeologia intesa come storia dell’arte (“Storia delle arti del disegno presso gli antichi”, 1764). Per oltre un secolo prevalse l’aspetto estetico che escludeva tutto ciò che non rientrava nei canoni del Neoclassicismo. Solo con il superamento del Neoclassicismo, la ricerca archeologica si svolgerà su parametri storici oltre che su considerazioni di tipo estetico e la storia dell’arte sarà accompagnata dalla documentazione diretta del lavoro di scavo e si attribuirà alla stessa archeologia il ruolo di indispensabile strumento della ricerca storica. Lo studio del Winkelmann però, ebbe i suoi limiti. Lo studioso tedesco infatti, ignorava che il marmo bianco delle statue da cui era profondamente affascinato era stato un tempo, ricoperto di uno strato di colore, così come ignorava che il bello delle statue antiche era solo ideale, costruito su canoni di perfezione, affatto riconducibile ai modelli reali dell’epoca. Dopo il Winkelmann, la ricerca archeologica seguirà il metodo filologico attraverso lo studio delle fonti antiche (Plinio il Vecchio, Pausania, Ateneo e Luciano) in cui sono citati gli artisti e le loro opere d’arte. Questo nuovo metodo di indagine porterà alla conclusione che il Winkelmann non aveva mai visto originali greci in bronzo, ma solo copie romane in marmo munite di puntelli per la statica. Attraverso il metodo filologico saranno identificati il Doriforo di Policleto e l’Apoxyomenos di Lisippo. Con l’inizio dell’Ottocento, si avviano le prime campagne di scavo che porteranno alla luce una serie di opere greche originali. Nel 1809 saranno effettuati i primi scavi del Foro Romano, “detto fino ad allora Campo Vaccino perché luogo di pascolo e campo di fiera.” Gli scavi saranno interrotti e poi ripresi nel secondo dopoguerra. Nella seconda metà dell’Ottocento, partiranno le grandi spedizioni da parte di Inglesi, Francesi e Tedeschi; nel 1863 gli scavi di Samotracia riporteranno alla luce la famosa Nike che sarà esposta al Louvre. Nel 1871, negli scavi di Atene, saranno rinvenuti per la prima volta i vasi in stile geometrico non ancora conosciuti dagli studiosi, un vero e proprio stile (il più antico, anteriore a quello classico ed ellenistico) che si ispira al vasellame preistorico. Nel 1875 si avviano gli scavi di Olimpia e poi quelli di Efeso e di Pergamo, dove fu scoperto l’altare di Pergamo e con esso, la scultura ellenistica carica di pathos e basata tecnicamente sul chiaroscuro e sul rilievo plastico “che influenzò la pittura pompeiana.” I Francesi saranno impegnati negli scavi di Delo (1877) che porteranno a conoscenza di un sito mai abitato dai Greci poiché luogo sacro dedito al culto di Apollo (lo sarà poi, sotto i Romani); e negli scavi di Delfi (1879) (santuario più importante dopo quello di Olimpia). Dal 1738 al 1766 saranno intrapresi gli scavi di Ercolano (difficoltosi a causa della colata di fango caldo indurito sotto cui era stata sepolta la città) e dal 1748 quelli di Pompei (del Fiorelli). Le ricerche condotte dagli Inglesi negli insediamenti greci dell’Asia Minore hanno identificato la presenza di grandi sepolcri (Mausoleo di Alicarnasso) caratteristici della zona (tipica dei “sovrani locali”) ed assenti sul territorio della Grecia. Lo Schliemann, ricco uomo di affari ed appassionato di Omero, condurrà nel 1871 una campagna di scavo nella Troade dove scoprirà la città di Troia confermando la sua distruzione a causa di un incendio.

Scritto da Antonella Colaninno

Bianchi Bandinelli (1900 – 1975) ha insegnato Archeologia e Storia dell’arte antica a Cagliari, Pisa, Groningen, Firenze e Roma fino al 1965. Dal ’45 al 48 è stato Direttore generale delle Antichità e Belle Arti. Ha ideato e diretto l’Enciclopedia dell’arte antica classica e orientale ed è stato fondatore e direttore delle riviste Società e Dialoghi di Archeologia.