PADIGLIONE
AUSTRALIA
57.Esposizione
Internazionale d'Arte-La Biennale di Venezia
Il
mio orizzonte
Tracey
Moffatt
di
Antonella Colaninno
Tra
le partecipazioni più interessanti della kermesse veneziana c'è,
senza dubbio, la presenza del Padiglione Australia. Il mio
orizzonte è il titolo scelto
dal curatore Natalie King per raccontare il lavoro dell'artista
Tracey Moffatt. I suoi pensieri ripercorrono i ricordi dell'infanzia
e le esperienze legate agli incontri e alla sua personale vicenda
umana, scorrendo sullo schermo in una video-opera inedita per poi
fissarsi in immagini immobili di elaborazioni fotografiche. Si tratta
di due nuove serie di fotografie e di due video riuniti in un unico
lavoro, sviluppati in una toccante drammaticità di interpretazione,
tra “sensualità e desolazione”, fascino e mistero, “[…] i
suoi personaggi tormentati sembrano alla deriva nel porto silenzioso
immerso nella nebbia.” La Moffatt è considerata tra gli artisti di
maggiore successo del panorama del contemporaneo. La sua ricerca
sviluppa una riflessione su diversi campi d'indagine, come la
sessualità, la razza, il genere e lo spaesamento. “[...] le
toccanti narrazioni sollevano a livello globale la questione dei
viaggi della disperazione degli esseri umani, il loro varcare i
confini e il senso di appartenenza […].” “La mia fantasia
risiede nel mio strano cervello – riesco ad andare in luoghi che
non ti sogneresti mai, anche standomene seduta ferma!” La
fotografia finisce così, per fondersi con i linguaggi del teatro e
del cinema, spostandosi tra staticità e movimento. Cresciuta in una
famiglia adottiva in un sobborgo operaio di Brisbane, la Moffatt
mostra un precoce interesse per le immagini, affascinata dalla
fluidità con la quale lasciano confluire emozioni, “Succede a
volte nella vita di riuscire a vedere ciò che viene sull'orizzonte.”
Pubblicato da Antonella Colaninno
PADIGLIONE
SINGAPORE
57.
Esposizione Internazionale d'Arte-La Biennale di Venezia
Dapunta
Hyang, Trasmissione di sapere
Zai
Kuning
di
Antonella Colaninno
L'artista
multidisciplinare Zai Kuning reinventa in una grande installazione la storia del
viaggio del re malese Dapunta Hyang nel regno di Srivijaya durante il
VII secolo, per rappresentare Singapore alla 57a Esposizione
Internazionale d'Arte-La Biennale di Venezia. Entrando nello
spazio espositivo dell'Arsenale, il pubblico resta affascinato dal
grande scheletro di una nave che riempie l'intero spazio della sala. Il racconto dell'imbarcazione, costruita di soli rattan, cera e corda, parla della
vita della gente di mare dell'Arcipelago di Rau. Il lavoro di Zai è
un'importante ricerca sui molteplici significati della storia di
questi luoghi e della loro complessa identità culturale. La barca
sospesa appare riemergere “da un mare di alluminio” con il suo
carico di fantasmi del passato. L'installazione “esplora uno dei
racconti meno noti del sud-est asiatico che narra di Dapunta Hyang,
primo re malese di quello che un tempo fu un impero potente: una
egemonia dispiegata negli attuali stati di Indonesia, Singapore,
Malaysia, Tailandia, Vietnam e Cambogia, e che esercitò una immensa
influenza politica, economica e militare. Eppure, nonostante la sua
preminenza nell'antico mondo malese, Dapunta Hyang è una figura
obliata, dissolta nel tempo con l'arrivo dell'Islam e dei successivi
dominatori.” Zai è il primo artista visuale a interessarsi del
racconto, dopo un lungo e impegnativo lavoro di studio. Dal 2001 ha
stabilito un dialogo con gli orang laut, primi
abitanti di Singapore, il cui stile di vita è perfettamente
integrato alla natura. Tra gli orang
laut è
diffusa la pratica del mak
yon, una
“tradizione pre-islamica di teatro lirico che ha radici buddiste e
indù.”
Pubblicato da Antonella Colaninno