Nudo di donna EGON SCHIELE















giovedì 25 febbraio 2010

Facciamo l'Appello - UNDO NET -



L'appello rivolto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e pubblicato su UnDo.Net ha raccolto moltissime firme.Vi proponiamo l'elenco aggiornato di chi l'ha sottoscritto ed anche molti dei commenti che abbiamo ricevuto.Intendiamo così tenere viva questa iniziativa indipendente che riunisce persone di diverse generazioni con obiettivi e ruoli differenti, ma nata dall'urgenza comune di tornare a parlare di cultura e non più e solo delle strategie della cultura.Artisti, curatori, fondazioni, spazi non profit, ricercatori, operatori culturali e liberi cittadini hanno deciso di firmare il documento per prendere parola e sottolineare la necessità di aprire un dibattito in merito alle politiche culturali in un Paese che ha bisogno, più di altri, di pensare la cultura come strumento di democrazia, come patrimonio collettivo e diritto di tutti; in particolare per le nuove generazioni.

Il testo dell'appello e l'ambito in cui è nato …

… e da cosa ha preso il via, secondo Rita Correddu e Alice Militello dell'Associazione artepubblica di Bologna

Qui, in ordine alfabetico, tutte le firme ricevute fino a venerdi 16 ottobre:
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W Z

L'appello è sempre aperto al vostro contributo e ogni 200 firme raccolte verrà rispedito al Presidente Napolitano.

Come firmare:
inviate una email a: mailto:appelloalpresidente@undo.net?Subject=Sottoscrivo con il soggetto: "sottoscrivo" indicando il vostro nome e cognome, ruolo o carica, ente di riferimento, città.

Commenti e repliche ricevute:


Silvia Redente, studentessa, iscritta al primo anno di dottorato in Estetica e teoria delle arti dell'università di Palermo, Cosenza Vorrei sottolineare come l'arte in Italia, a prescindere dal luogo nel quale si sviluppa un progetto, sia considerata spesso come una sorta di hobby e sia vista come secondaria anche a livello curriculare. Le esperienze e le capacità nel campo delle arti figurative sono spesso considerate "altre" rispetto al percorso di lavoro e di esperienza, come per esempio si configura nel modello europeo del curriculum vitae nel quale la preminenza è data sempre agli studi accademici. Spesso l'arte nasce tra i meno abbienti, coloro che soprattuto al sud d'Italia ancora non possono permettersi di studiare all'università. Sono molti anche gli studenti scoraggiati a proseguire gli studi dallo stato stesso delle cose, a causa di chi annuisce di fronte alle ambiguità del mondo dello spettacolo e preferisce vedere una ragazza nuda sulla copertina di una rivista piuttosto che incoraggiare allo studio dell'arte, facendo sembrare che il bello si trovi nello sfruttamento dei corpi. La volontà di lavorare dietro le quinte per far emergere le qualità delle opere d'arte, degli oggetti che gli artisti creano come i dipinti, le sculture e le opere duttili o monumentali spesso non trova spazio nel modo del lavoro. Le potenzialità dell'arte come momento di confronto e di riunione sociale rimangono utopie per i più, mentre si concentra la forza decisionale nelle mani delle grandi aziende sempre meno genuine e meno attente alle vere esigenze dei cittadini fruitori d'arte e degli artisti che tentano di dare il proprio contributo alla crescita della coscienza culturale.

Vincenzo Pennacchi, artista, Velletri (Roma) E' auspicabile una maggiore sensibilità ed investimenti da parte delle Istituzioni a favore dell'arte contemporanea. La profonda crisi della società è da ascrivere ad una crisi di identità culturale. L'arte contemporanea può contribuire a sensibilizzare le nuove generazioni ed indicare loro come il nostro fulgido passato potrebbe ancora essere non solo recuperato ma anche attualizzato.

Clementina Crocco, docente materie artistiche presso la Sms Merliano-Tansillo, Nola (NA)Il nostro patrimonio artistico potrebbe diventare una fonte inesauribile di lavoro.La scuola dovrebbe dare maggiore spazio all'educazione del gusto e del senso estetico e alla sensibilizzazione dei problemi legati alla protezione, tutela e valorizzazione del patrimonio storico-artistico-culturale del nostro paese, partendo da quello del territorio di appartenenza. Oggi si fa ancora poco anche come nuove strategie didattiche ; considerando le potenzialità dei giovani a livello informatico, le scuole dovrebbero essere attrezzate di strumenti tecnologici in maniera da soddisfare il 100% degli studenti ( è ridicolo che in una scuola di 800 alunni ci siano solo 3 LIM e un'aula di informatica con 10 pc!)

Adina Pugliese, artista, operatrice culturale, Atessa (Chieti)Mi occupo di arte sociale e riqualificazione territoriale con i linguaggi dell’arte contemporanea, cercando da sempre di far dialogare pubblico e privato. Lo sviluppo del mio lavoro negli anni si è concentrato nella zona Nucleo Industriale Val di Sangro Chieti.Gli interventi specifici che vado a individuare si applicano generalmente su un territorio con degrado ambientale e o urbanistico dove spesso si riscontra anche un disagio nei rapporti sociali. Le azioni con il coinvolgimento di altri artisti agiscono così da stimoloalla crescita e al confronto culturale e sociale dei territori interessati. Per fare questo sul territorio abruzzese, seguo attività collaterali legate all'artigianato artistico e alla didattica. Se, tutto il mio fare in questi anni è stata una lotta sul campo, con piccole e interessanti soddisfazioni, negli ultimi tempi l'unica speranza di sopravvivere culturalmente ed anche economicamente è rappresentata dal fuggire da questi posti. La cronaca racconta. Ma viverci quì è ancora altro. Ancor di più quando per chi come me di questa terra conosce i dettagli e i soggetti.

Roberta Fantuzzi, insegnante e presidente dell'Associazione culturale Carambola, MacerataSostengo fortemente l'esigenza di uscire dal vortice delle strategie della cultura e della sua mercificazione in ogni suo settore, compreso e fortemente evidentemente, quello dell'arte.La chiusura che i circuiti "abilitati" stanno operando è visibile e quasi tangibile a livello locale e nazionale, togliendo respiro e potenzialità all'espressione vera e diretta di cui ci stiamo privando e impoverendo in ogni forma artistica-culturale.

Eugenio Mombelli, pittore e scultore, San Zeno Naviglio (Brescia)Penso che sia importante per un Paese che si ritenga Sviluppato, porre attenzione a tutto il mondo dell'Arte in tutte le sue sfaccettature, un Paese come il nostro in passato era un faro per tutte le civiltà.

Antonella Colaninno, Presidente dell'Associazione Culturale "Novart", critico d'arte e curatrice. Mi associo con grande gioia a questa iniziativa di sensibilizzazione della cultura e del territorio quali valori identitari di appartenenza. Riqualificare il paesaggio, anche come testimonianza storica e artistica significa riscoprire le nostre radici, il nostro passato, educare a valori di democrazia e di rispetto. L'arte rappresenta la più alta forma di democrazia e racconta la storia del mondo, il pensiero dell'uomo, la filosofia delle religioni, la politica e il costume delle società. Riqualificare il settore dei beni culturali anche nei suoi istituti, e adottare politiche culturali che aiutino lo sviluppo delle nostre risorse credo sia un atto di dovere delle istituzioni verso il nostro Paese che rappresenta uno tra i più grandi contenitori storico artistici al mondo.

Prof. Edoardo Malagigi is the responsible of all International Relations and the legal representative of the Erasmus Program to Accademia di Belle Arti di Firenze.E' assolutamente mostruoso che stiano costruendo la nozione di cultura come gioco di piazza, gioco catodico e sportivo televisivo, consumo generico di prodotti, mostruoso, non ci sono parole altre.

Francesca Neerman, Ufficio Stampa, Roma La cultura, abbinata al Turismo, nel nostro Paese sarebbe soprattutto fonte di ricchezza.

Silvana Gatta, cittadina, Corsico (MI) Sottoscrivo con forza e convinzione questo appello; la cultura ci salva dalle guerre! La parola, la conoscenza, la cultura rendono liberi e libere!

Maddalena Rocco, artista, MilanoOpero da 30anni nell'ambito della gioielleria, ho da poco una mia piccola linea di gioielli... perchè sento l'urgenza di creare all'interno di questo settore così mercificato uno spazio espressivo che percorra, all'inverso, una strada più legata all'arte. Sento che nel nostro paese mancano gli spazi culturali per chi, come me, intrapprende discorsi controcorrente legati anche ad una valenza artistica, senza parlare delle eccellenze artigiane.....Sottoscrivo questo appello, ringraziando chi se ne fa promotore, perchè vorrei tanto che nel nostro meraviglioso paese, ci fosse il terreno fertile per una ricerca libera da condizionamenti del mercato, della stretta cerchia dei mecenati, collezionisti, e che lo Stato sia il giusto sostegno all'ingegno degli operatori artistici. Confidando nel senso della dignità e giustizia del nostro Presidente, mi appello.

Federica Santoro, artista nell'ambito dello spettacolo dal vivo, regista e attrice nella compagnia teatrale Fattore K., Roma Ahimè non ho più parole, vedo quello che succede e non ci sono che brecce per gli affaristi. La legge del si salvi chi può insomma

Cristina Nisticò, artista, RomaCosa dire. Una grande tristezza e un senso profondo di desolazione e mediocrità. Chi viaggia per il mondo, chi è nato purtroppo e per fortuna con un acuto, indisponente, irriverente senso critico, chi ha acquisito una cultura pratica e storico-artistica internazionale in decenni di studio "matto e disperatissimo", non può restare passivo davanti allo sfacelo dell'arte e della cultura di cui questo paese è causa ed effetto allo stesso tempo. Vediamo ovunque mediocrità, superficialità sterile, nepotismo feudale, ignoranza e bassezza, provincialismo e, per vivere l'arte, per prendere una boccata d'aria bisogna andare lontano, via da tutto questo, via dai raccomandati in carriera che non hanno competenze, che non hanno amore per l'arte. Le perle dell'Italia cercano ancora di brillare nel fango con grande fatica. Perchè l'arte è dolore e estasi, è paura e solitudine, è rabbia e condivisione, sofferenza, azione e meditazione, sacrificio e gioia, a volte, gioia infinita, soddisfazione e ricerca, ricerca di sè e degli altri. Confronto. Non è di certo quello che viene proposto in manifestazioni che dovrebbero essere lo specchio del meglio che il nostro paese può offrire. Non è un gioco per adulti benestanti, non è un pezzo di arredamento per i ricchi ignoranti e presuntuosi. E' tutta la mia vita, a volte è una maledizione ma è tutto quello che ho e che cerco, che voglio a tutti i costi. Arte. (Scritto e non letto)

Giorgio Crisafi, artista, regista e attore, RomaSottoscrivo questo appello con piacere e vera partecipazione. Spero che a qualcosa serva anche se inviato alle istituzioni che oggi con questo governo rappresentano in Italia l'ignoranza e il disprezzo per la cultura. Spero che serva a farli vergognare almeno un poco.

Enza Clapis, artista e insegnante di scuola superiore ad indirizzo artistico, Seregno (MB)È scandaloso come in Italia non si riesca ad avere un confronto reale e aperto fra la cultura e le varie istituzioni pubbliche, queste, invece di promuovere le nuove iniziative, si arroccano su posizioni obsolete e aculturali, con mostre patrocinate dai comuni, che di artistico non hanno nulla. Assessori alla cultura che non distinguono Monet da Michelangelo, che non hanno mai visitato una mostra, che non si interessano minimamente della situazione contemporanea ma ricoprono quella cariche per clientelismi e amicizie. Questo degrada la storia artistica italiana e non aiuta di certo le nuove generazioni che non hanno nemmeno la possibilità di accedere alla cultura, men che meno nell’ambito scolastico dove la priorità non è certo della cultura e del pensiero critico, ma piuttosto di creare macchine non pensanti. Si auspica un dibattito su questo argomento perché la situazione, se dovesse ulteriormente degenerare, farebbe dell’Italia lo zimbello di paesi che inizialmente reputavano il nostro paese come la culla dell’arte.

Salvatore Romano, artista, Campi Bisenzio (FI)"sottoscrivo" il bisogno di un grande recupero di Cultura in ogni ambito, dai Media a tutte le forme artistiche e letterarie, nonchè l'istruzione e la ricerca scientifica.

Marco Colombaioni, artista, MilanoIl ministero dell’istruzione e quello delle attività culturali non sono ministeri secondari alla crescita di un paese: noi oggi stiamo pericolosamente naufragando.

Marinella Galletti, artista e docente di Disegno e Storia dell'arte, Cento (FE)...non vorrei che la Gelmini intervenisse anche qui ritenendo di dover "tagliare ancora"...Lo sapete che ha previsto di dimezzare l'insegnamento di Storia dell'arte e di Disegno e storia dell'arte nei Licei non artistici.. cancellato l'insegnamento della materia in alcuni Istituti tecnici e professionali ...ridotto l'insegnamento anche nei Licei Artistici e che spariranno gli Istituti d'Arte?Sono ben d'accordo sul fatto che in questo paese sia indispensabile percorrere nuove strade per sanarlo dalla corruzione dei tanti e dalla non lungimiranza di chi ci governa!

Angelina Sepe, artista, Chieri (TO) Ritengo opportuno questo appello, in nome della trasparenza e della correttezza, che devono necessariamente essere il tessuto connettivo, per la comprensione e la diffusione a tutti i livelli dell'Arte, senza nascondimenti e/o clientelismi, che nulla hanno a spartire, con il diritto alla condivisione culturale del patrimonio della Conoscenza, vero e unico Progresso dell'Umanità.

Luisa Bergamini, artista, BolognaSottoscrivo il testo della lettera inviata al Presidente della Repubblica Napolitano e auspico un maggiore interessamento, da parte degli Organi preposti, all'Arte Italiana e allo sforzo impegnato da noi Artisti nella ricerca e attuazione di sempre nuove strade, percorse nel tentativo di adeguare i frutti del nostro pensiero al momento storico in cui siamo calati.

Massimiliano Liverani, musicista, presidente Associazione culturale Officine C.R.O.M.A.(Centro Ricerche Olistiche Musica Arte), FirenzeSono assolutamente d'accordo per prendere finalmente in mano le sorti culturali di questo paese che in altri momenti della storia ha fornito Genio e Genialità all'umanità intera ma che in questo periodo sta cedendo il passo alla barbarie e all'indifferenza.Ma c'è ancora tanto cervello e tanta umanità nascosta facciamola emergere ed esprimere fornendole i mezzi per poterlo fare prima che sia veramente troppo tardi e non si riesca a tenere il passo con le altre realtà del mondo.

Arnaldo Resse, artista, docente Istituto d'Arte, RomaL'indipendenza dell'arte da chi ? ? ?... Soprattutto dagli intrighi e dai repellenti interessi dei soliti " mercenari" dellapolitica e della cultura. Io, per mio conto, ho pagato duramente non essermi messo nelle (anni ' 50 - ' 60...) file dei "questuanti" che intasavano le sedi del PCI o alle "corti" di ambigui (per non dire altro ) critici e galleristi. Chi ha operato artisticamente, da quei periodi in poi, ha avuto due opzioni per operare nei vari "campi" dell'arte: 1 - sottomettersi a "quello stato di cose" 2 - operare liberamente con le ristrettezze, le limitazioni e l'isolamento che questa difficile sceltacomportava.Io sono fiero di aver optato per la soluzione 2. Ho fiducia in una riscossa libertaria dello "scenario artistico" italiano ...e l'intervento autorevole del Presidente Napolitano sicuramente darà un decisivo impulso a questo rinnovamento.

Silvio Franzini artista e docente presso il Conservatorio di PiacenzaPer l'esigenza comune di tornare a parlare di cultura (e non solo di strategie della cultura o di tecnicismi), nei Conservatori, nelle Accademie e in tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Cinzia Muscolino, artista e attrice, Compagnia Teatrale Pubblico Incanto, Pagliara (ME) Il territorio a cui appartengo e che ho scelto, mai come adesso è pronto, come la sua gente, a costruire un percorso, Sociale, Culturale e Politico nuovo e libero. Un percorso che sia l'unico vero Ponte fra noi e il resto dell'Italia.

Valeria Mariotti, artista e poeta, RomaNoi che ci dedichiamo all'arte e alla cultura, invece di essere sostenuti, siamo diventati finanziatori di esose Gallerie, Case Editrici e pseudo Associazioni Culturali

Ambra Biscuso, operatore culturale, LecceL'esser poeti non è un vanto.È solo un vizio di natura.Un peso che s'ingroppa con paura(Eugenio Montale)

Luisa Bazzanella Dal Piaz, storica dell'arte e curatrice, Padova Sottoscrivo l'appello per le difficoltà che incontrano specie i giovani artisti, nessun assegno di base come per tutti i giovani, rarissime borse di studio, rarissimi premi, rarissimi contributi locali per iniziative o proposte o progetti artistici, anzi direi nessuna disponibilità a condividere con loro dei modelli credibili e vie da percorrere.

Giovanni Battista Argenziano, Presidente Associazione Culturale Polvere di Luna, Rivoli (TO)La "Cultura" è l'unico strumento in grado di promuovere il "Confronto" come metodo per stimolare le "Opinioni" che devono essere, quando diverse, interpretate come spunto per la reciproca crescita e non come cause di sterile conflitto. La "Cultura del Confronto" è la strada per una Vera Democrazia

Pasquale Ferro, scrittore e Presidente del Circolo ARCI Gay Blu Angels, Napoli Dateci la possibilità di collaborare con il Paese esprimendoci per i diritti civili delle donne, degli uomini e degli omosessuali

Ugo Cordasco, architetto, designer e artista, Sarno (SA) Affinchè l'arte possa diventare un nutrimento indispensabile per i corpi e le menti di tutti e non solo per gli addetti ai lavori.

Eleonora Chiesa, artista, GenovaE' assolutamente necessario fare qualcosa seriamente: ripensare le risorse e l'assetto generale per la situazione culturale nella nostra nazione, come intellettuale e come cittadina sono molto preoccupata dall'attuale generale recesso della cultura media popolare.

Mirta De Simoni Lasta, artista, Volano (TN) L' Italia è in declino per crisi di valori, politicamente, socialmente ed intellettualmente. La cultura e l'arte sono strumenti forti che aprono relazioni, conoscenze e dialogo fra tutti i popoli.


Susan Dutton, artista, Drizzona (CR) Sono un artista di orgine USA che vive in Italia. Noi sottoscriviamo un apello a voi del governo per aggiornarvi in merito alla nostra precaria esistenza. Non siamo appogiate ne incoraggiate salve nel caso raro che diventiamo famosi, ma allora che senso ha? Se famosi, non abbiamo più bisogno! Vedete nei altri paesi come vieni condotto una politica che supporta l'arte in tutte le sue forme. Volete che Italia diventa un deserto culturale solo con personaggi create dalla tv che hanno perso ogni fiato di creatività e critica ?

Primo Pantoli, artista, ex docente Liceo Artistico di Cagliari E' importante costruire un vero sistema democratico di organizzazione della cultura artistica in Italia. Perchè gli artisti sardi sono sempre ignorati e tagliati fuori da tutte le iniziative che partono immancabilmente dai centri di potere e ignorano ciò che si produce in Sardegna?

Giulio Crisanti, artista, direttore Museo d'Arte moderna Attilio Granata Fondazione Culturale Attilio Granata - Franco Braghieri, Imbersago (LC) Nel condividere totalmente le motivazioni che hanno generato un tale appello, auspico che si possa veramente attivare un percorso di chiarezza per l'applicazione di normative già esistenti che vengono costantemente disattese, ma spero anche in un rinnovamento e di vedere incrementato l'impegno economico per aiutare l'Italia a risorgere almeno con il turismo culturale che riguarda l'unico patrimonio vero che abbiamo a disposizione.

Roberto Rizzo, artista, Milano Credo che questo appello possa avere maggior efficacia se anche lo stesso mondo dell'arte contemporanea italiana sarà in grado davvero di mettersi in discussione.

Maria Spinelli, artista, TorinoPregiatissimo Presidente, noi artisti ci siamo e voi? Fiduciosa che questi messaggi vengano accolti, per il bene dell'arte e affinché la cultura sia artistica e non solo televisiva e che la creatività italiana sia conservata e valorizzata come merita, ringrazio per l'attenzione

Vittorio Del Piano, artista, docente AA.BB.AA./MIUR-AFAM di Bari e dell'Atelier MediterraneArtePura, Taranto Nota sulla polemica tra Jean Baudrillard e Alain Minc apparsa su Le Monde, sul "terrorismo dello spirito". Quale spirito dei tempi, moralismo e quali ideologie? Ma noi non facciamo "filosofia" ma arte & arte.Il francese Jean Baudrillard, filosofo postmoderno, a molti studenti e ai miei allievi e a me più noto per i suoi saggi scritti sull'arte come, tra gli altri, "La Sparizione dell'Arte" e "L'altro visto da se" (dove sui mass-media fa un'originale critica) e perciò "simpatico" (oggi di meno) ora che Alain Minc, sensibile e attentissimo ai tempi che cambiano (ha delle "antenne" lunghe... ed è un'eccellentissimo consulente finanziario, noto in Francia) e con particolare sensibilità è molto più attento ai mass-media, ha voluto infilzare con una critica forte e sottile il suo connazionale filosofo, accusandolo di "terrorismo dello spirito" e nella tagliente replica su "Le Monde" dove lo segna per stigmatizzarne i ruoli i cui si pone da grande intellettuale profetico e prima di tutto perché preconizza da tempo la fine della specie umana e poi per le pose "postmodernistiche"e metaforiche antiamericane assunte, dopo i superattentati terroristici dell'11 settembre alla città di New York e allo stato della superpotenza USA.La quale superpotenza, sostiene Baudrillard, è addirittura diventata complice della propria autodistruzione per aver raggiunto la perfezione e provocatoriamente sostiene ancora che, l'immaginazione terroristica, alberga in noi tutti (senza saperlo). Ancora ci sarebbe da notare dell'altro, ma per ragioni ovvie, non vado oltre, anche perchè Minc con i suoi "però" fa notare che Baudrillard mette le mani avanti quando sostiene che il terrorismo è immorale, però risponde alla globalizzazione che a sua volta è immorale e che, perché egli, lo fa risalire alle idee di Rousseau e di Condorcet (progresso morale e progresso civile, progresso economico e materiale).Minc non lo infilza solo per questo, ma intelligentemente gli muove anche dure critiche perché Baudrillard ha dato nel suo intervento la "nota" di un'immagine apocalittica e irrazionale dell'autodissoluzione dell'Occidente e poi perché usa toni profetici e che abilmente ha messo su, il suo articolo, buono "per radical chic", proponendo pensieri di altri facendoli passare per "sue idee e pensieri originali", in conclusione per sostenere che, la guerra, la violenza, il terrorismo è il prodotto del capitalismo.Definisce quel suo articolo un "concentrato di banalità" per altri concetti e per altri pensieri (forse) coi quali Braudillard sostiene che la vera vittoria del terrorismo, sembra che stia, nella reversibilità del nostro sistema di valori.In tutti i modi Minc, da parte sua, da libero pensatore alla francese (non studioso di filosofia) e sensibilissimo ai mass-media non si è fatto passar la mosca sotto il naso senza sottrarsi ad affrontarlo su un tale terreno difficile (Minc è un illuminato consulente finanziario) e per niente intimidito dal noto studioso marxista e filosofo Baudrillard e che ha fama di provocatore intellettuale ma l'ha fatto a pezzi (o come si dice dalle nostre parti a "pezza"), su tutto il fronte.Io da parte mia, non intendo entrare nel merito della questione, me ne guarderei bene, ma mi sono sentito preso e interessato dalla vis polemica elegante di Alain Minc e dal suo coraggio intellettuale e per l'acuminata e seria critica (anche di stile) mossa allo stimato intellettuale, suo connazionale e mi chiedo come mai sulla stampa italiana non si assiste a delle belle polemiche come questa dei due francesi?Forse ché i nostri intellettuali, sono quasi tutti, sotto l'ombra della protezione di uomini della politica, di questa o quell'ideologia? Ma lo spirito dei tempi non ci fa sapere che stiano nell'epoca della decadenza delle ideologie? E qualè l'ideologia (debole o forte) che muove questi modi di "pensiero", quali sono le forze pure delle idee, gli interessi delle caste intellettuali nostrane? La mia attenzione, è da tempo che la rivolgo più attentamente alla stampa e alla radio (alla carta stampata, ai programmi radiofonici condotti da bravi giornalisti, non sono intellettuali?, come per esempio, i validissimi giornalisti come Bea, Forbice, Gabriella Falcetti (nella primissima mattina dopo le sei) e dopo le nove, Vianello e qualche altro come: Broccoli e come quei due "bontemponi" intelligenti del primissimo pomeriggio, non più giovani ma ben affiatati, di fine e divertente ironia e poi ancora quelli della radio notturna e anche qualche altro dell'attuale programma de "La notte dei misteri", di "Due di notte", della Rai e pochi altri d'alcune radio private), in quanto in televisione è solo "scocciante" e irrilevante, specialmente quando deve far capire qualcosa, mentre l'attualità e l'informazione - a mio parere - corre su altri fili, uno potente è quello d'internet e un'altra inimitabile è quello del giornale "locale" non meno d'alcune testate "nazionali" noti e citati sempre, anche per le importanze dei temi e delle belle e leggendarie polemiche, d'alto livello culturale, autentici pezzi di notevole qualità giornalistica e letteraria.Come ho già detto, da tempo vado constatando che, su questo piano, c'è una sorta d'impoverimento, pensare che ciò si deve anche a certi interventi che limitano certe nostre libertà di espressione come per esempio con la satira... E non mi riferisco solo al caso del bravissimo vignettista-giornalista Forattini.Quali sono le contraddizioni, quali le ragioni? Non sto a spiegare i vari meccanismi dell'informazione e della comunicazione, dei suoi mezzi, strumenti, canali, o i motivi che le fanno far un certo "uso e abuso" in certi "momenti televisivi".Ogni strumento comunicativo, anche come la "polemica" che, per essere interessante, fresca, veramente viva, intelligente, ironica richiede proprio come media la stampa, il giornale quotidiano, perchè nel mezzo sono insite quelle arti e quelle tecniche estetiche e linguistiche specifiche della comunicazione che, se fatta ad arte, richiede anche una certa "regia" di qualità del "giornale" e anche quella certa vis polemica dell'autore. Il tutto non è certamente filosofia.Noi "mediterranei" siamo polemici per natura, noi europei abbiamo una gran tradizione culturale alle nostre spalle e i nostri cugini francesi lo sanno bene, e tutti noi dell'antica Europa possiamo utilizzare più "attrezzi" nel campo culturale per l'enorme storia e tradizione che abbiamo addosso, non solo dentro il nostro "dna". La superpotenza americana nel mondo, non ha questa forza, e credo che quando si potrà fondere l'arte orientale e il pensiero filosofico orientale con l'arte occidentale e il pensiero filosofico occidentale potrà nascere una nuova civiltà. E l'Europa solo sul piano culturale può competere con l'America domani, questa è la nostra forza e di questa dobbiamo servircene tutti ed esserne custodi, depositari e protagonisti e avere il coraggio così, di voler cambiare il mondo.Le civiltà sono complesse, e tutto va visto con spirito moderno e sperimentale nelle culture dal Mediterraneo all'Asia, dall'Europa alle Americhe, nel mondo intero.Ma noi di "MediterraneArte-Pura", non facciamo "filosofia", ma facciamo arte & arte e io che intimamente sono legato al mare (pur avendo volato in aereo e in elicottero), preferisco sempre navigare per il nostro "Mediterraneo" e per il mio "Mar Piccolo", libero.Senza fare crociere (nell'Atlantico), né crociate né guerre ("sante" o "diaboliche"), ma poter fare arte-pura e semmai, anche qualche comunic/azione-polemica dopo una bella passeggiata lungo un fiume, sulle sponde di un lago, in riva al mare o nei presi di casa mia, in Via "Lago di Como".

Gianni Pozzi, docente Accademia di Belle Arti, Firenze; Claudio Cravero, curatore PAV - Parco Arte Vivente, Torino; Donatella Galasso, operatrice culturale PAV - Parco Arte Vivente, Torino; Gianluca Cosmacini, architetto paesaggista PAV - Parco Arte Vivente, Torino Carissimi,il Parco Arte Vivente intende condividere con voi la risposta alle uscite sui quotidiani torinesi del 24 settembre scorso, replica che per altro non è stata pubblicata e della quale nessuna redazione sino ad ora ha tenuto conto.Il PAV – Parco Arte Vivente è un centro sperimentale attivo per l'arte contemporanea della Città di Torino, sito su un'area precedentemente occupata da una fabbrica e per molti anni in stato di abbandono.Inaugurato nel novembre dello scorso anno a seguito di un'attenta opera di riqualificazione urbana e ambientale, avviata dalla donazione dell'opera d'arte "Tréfle" e realizzata grazie al contributo della Compagnia di San Paolo, il PAV è un centro di divulgazione sul territorio di principi e tematiche attuali quali l'ecologia e la tutela del paesaggio. Le attività del Museo, oltre all'organizzazione di mostre d'arte specialistiche e di ricerca sul "vivente", si indirizzano anche a laboratori didattici ed educativi che, con il coinvolgimento degli artisti, riscontrano una sempre maggiore partecipazione di pubblico adulto e con diverse abilità. La costante crescita di visitatori, basata più che altro sul "passa parola", e il favorevole riscontro del pubblico gratificano chi questo Museo l'ha fortemente voluto e chi ci lavora con passione. Anche la Commissione Cultura della Città di Torino, dopo la visita al Parco Arte Vivente (20/03/09), espresse un giudizio complessivamente molto positivo sulla struttura e sull'organizzazione. Questo è il PAV. Ma le polemiche di questi giorni, basate su supposizioni che nulla hanno a che vedere con i rendiconti documentali già a disposizione delle Commissioni competenti, sono prive di fondamento. Chiedere approfondimenti sulla gestione è legittimo; accanirsi su un progetto di ampi orizzonti e a totale servizio della collettività (oltre 11.000 visitatori e partecipanti in dieci mesi), senza soffermarsi neppure per un attimo sui valori intrinseci e sulle valenze culturali e sociali, è sintomo di pregiudizi. Aspettiamo dunque tutti i giornalisti e il pubblico per una visita approfondita al PAV. Il direttivo acPav: Enrico Bonanate, Valentina Bonomonte, Orietta Brombin, Liliana Comina, Gianluca Cosmacini, Claudio Cravero, Piero Gilardi Torino, settembre 2009LETTERA APERTA A QUANTI PRATICANO, FREQUENTANO E AMANO L'ARTE CONTEMPORANEA Il PAV, Parco Arte Vivente, nuovo Centro per l'arte contemporanea aperto dalla Città di Torino lo scorso anno, è stato oggetto di una campagna giornalistica di denigrazione orchestrata dal Capogruppo dell'UDC in Consiglio Comunale Alberto Goffi. Le sue accuse, in pletorico stile scandalistico, partono dal considerare "spazzatura" le installazioni ecologiche che cinque artisti internazionali hanno realizzato nelle aree verdi del PAV, quindi arrivano alla affermazione che si tratta di uno sperpero di denaro pubblico, paragonandolo agli illeciti del caso Soria. L'aspetto a mio avviso più grave di questa vicenda non è tanto la strumentalità alla lotta di potere all'interno del governo della Città, quanto l'intenzionale incomprensione e denigrazione di una esperienza matura e complessa di arte contemporanea qual è l'arte ecologica. Nelle invettive del Consigliere Goffi – ad esempio: "sembra una discarica a cielo aperto" – si mescolano citazioni caricaturali e allusività demagogiche componendo una minacciosa miscela ideologica. Tale minacciosità penso investa potenzialmente tutta la pratica dell'arte contemporanea, la sua creatività soggettiva, i suoi approcci relazionali ed il suo peculiare pensiero critico e innovativo. La virulenza dell'attacco agli artisti del PAV può essere il sintomo preoccupante di una tendenza della politica culturale nei suoi aspetti ideologici ed operativi, che si può contestualizzare all'odierno più generale attacco alle libertà soggettive di espressione nei campi dello spettacolo, dell'informazione e dei diritti sociali. La polemica aperta da un partito associato alla maggioranza che governa la Città di Torino, nel contesto di una situazione istituzionale in cui ai valori contenutistici si sostituiscono sempre più i parametri dell'audience e dell'indotto commerciale, sollecita una ferma presa di posizione in chi – artista, critico, curatore, gallerista, collezionista e amatore d'arte – auspica che Torino rimanga uno spazio libero e aperto per lo sviluppo della ricerca artistica contemporanea. Invito chi vuol dare un segno concreto in tale senso a sottoscrivere l'appello a sostegno delle attività artistiche del PAV inviando il proprio Nome e Cognome via mail all'indirizzo http://mce_host/Pressrelease/2006/admin/undotv/info@parcoartevivente.it
Piero Gilardi,

lunedì 22 febbraio 2010


SANDY SKOGLUND VISIONARY
11 LUGLIO 27 SETTEMBRE 2009
MUSEO PINO PASCALI POLIGNANO A MARE

Sandy Skoglund (1946 Quicy, Massachusetts) è una regista della fotografia. Crea un vero e proprio set cinematografico nel quale prepara le scenografie e gira una sequenza di scene scattando le foto dalle quali poi crea l´opera.
"In generale il mio lavoro guarda e si rivolge alla cultura popolare americana, intesa in ogni aspetto ed espressione, il cinema è parte importante di questa cultura. L´uso della struttura narrativa mi fa sentire come un regista, e il lavoro con i modelli durante la sessione fotografica assomiglia a quella del direttore." (Sandy Skoglund). Un nuovo modo di guardare la realtà in cui la finzione e l´immaginario creativo entrano nel quotidiano, stravolgendo l´essenza e l´ordine delle cose. Un´arte popolare che interagisce con il cinema e le contaminazioni dei mass media, sottolineando il senso di alienazione da sé proprio nei contrasti cromatici e nelle stravaganze dell´impalcatura scenica. Visioni oniriche, incubi del subconscio, una coscienza che diventa virtuale, una dimensione umana che convive e si confonde con il multimediale, ribaltando la naturale dimensione delle cose. Un´arcadia post moderna, avveniristica che confonde il limite tra vero e finzione. "Il pic nic on wine"( 2003) è un incontro en plein air tra gioco e realtà. La creatività nasconde una critica sottile all´ "...appiattimento della cultura della middle-class americana e, in era globalizzata, della media borghesia in ogni parte del mondo." Il problema della comunicazione è il punto centrale della riflessione della Skoglund. L´interazione tra i linguaggi è solo apparente e c´è di fondo una grande incomunicabilità; per questo l´artista raggiunge nel paradosso una parvenza di stabilità. La stravaganza del colore dalle tonalità intense così care alla pop art vuole destare i sensi dall´indifferenza del quotidiano. L´indifferenza e l´incomunicabilità è evidente nel modo di muoversi dei protagonisti all´interno di queste composizioni surreali. L´uso di oggetti comuni si lega al consumismo di massa della cultura popolare. La mancanza di slancio crea un appiattimento della dimensione spazio temporale, una sospensione reale che corrisponde ad un senso profondo di smarrimento. L´umanità e "stordita" dai media, da immagini inquietanti, da un universo magico. Le opere della Skoglund sono un happening in progress fermato da uno scatto fotografico che contiene al suo interno un´installazione di grande effetto scenografico. Reinventa il ruolo dell´oggetto e così cibi come il pop corn, l´uvetta e il bacon diventano materiali di base per definire la sagoma di un personaggio. Strane presenze che ossessivamente si ripetono come creature clonate come i gatti verdi di "Cats in Paris" (1993), gli scoiattoli di "Squirreals at drive in" ( 1996) e le lepri e i pitoni di "Walking on eggshells" (1997). Se la Pop art riduce l´immagine ad un´icona reiterandola come un comune prodotto di massa, la Skoglund riscopre i significati storici e culturali delle cose e degli animali sottolineando la diversità dei loro ruoli nel tempo e riappropriandoli di una dignità sociale che attribuisce loro una parvenza di identità. Sogno e realtà, natura e artificio in un mondo che confonde e mescola i ruoli nella caotica armonia delle dissonanze.

ANTONELLA COLANINNO


Un interessante retrospettiva dell'artista incentrata sui suoi primi lavori sarà in permanenza a Brescia presso la Paci Arte dal 27 febbraio al 6 aprile 2010.Opere inedite realizzate tra il 1974 e il 1977 accompagneranno altri interessanti lavori in questo percorso a ritroso alla ricerca di quella ispirazione che ha creato con la Stage photography il segno distintivo e personalissimo di un nuovo modo di fare arte.
Antonella Colaninno (http://arteinforma.blogspot.com/)

sabato 20 febbraio 2010

BATTITI D'ALI


Storie di bambini nella Puglia antica

Gioia del Colle - Castello Normanno Svevo

"Battiti d’Ali"- "Storie di bambini nella Puglia antica" è il titolo della mostra archeologica presentata al Castello Normanno Svevo di Gioia del Colle(BA),un viaggio nel tempo che racconta la condizione del bambino nella società antica tra VII sec. a. C. e IV sec. d.C. attraverso i corredi funerari, i giocattoli, gli ornamenti, gli affreschi, i vasi, una stele funeraria, e una serie di iscrizioni. Il materiale proviene da diversi contesti geografici locali:Minervino Murge, Ascoli Satriano, Taranto, Gioia del Colle, Canosa, Egnazia e Brindisi ed è stato rinvenuto durante le rispettive campagne di scavo condotte quasi tutte, negli ultimi venti anni. Ritengo che sia una mostra molto interessante, non solo perché documenta aspetti non molto diffusi, ma soprattutto perché coinvolge emotivamente il pubblico per la delicatezza del tema, ponendo una riflessione su come molte tradizioni non siano affatto così lontane da noi, ma quasi ci appartengano nella quotidianità. Nelle teche sono esposte una serie di statuine fittili che le mamme offrivano in dono nei santuari curotrofici(dal greco“kouros”bambino),chiedendo la protezione della dea Era per i propri figli.Si tratta di giocattoli che venivano anche utilizzati come offerte votive da giovani fanciulle che convolavano a nozze, come simbolo del loro passaggio dalla fanciullezza all’età adulta;infatti,in antichità le donne si sposavano in età molto giovane,tra gli undici e i dodici anni. Tra i giocattoli esposti troviamo anche una serie di piccoli animali,alcune culle con bambini con sonaglio all'interno che produceva un suono piacevole al movimento e una bambola con corpo intero e arti mobili fissati al corpo centrale(queste bambole erano generalmente in terracotta ma potevano essere anche in avorio,che attestava una posizione sociale elevata). Un’altra tipologia di gioco erano gli astragali, oggetti di forma rotonda usati già nel mondo egizio. Una preziosa statuina fittile riproduce l’Ephedrismòs, un gioco infantile in cui due figure avanzano l'una sulle spalle dell'altra e spesso chi è sotto ha gli occhi bendati; in due devono raggiungere il punto dove si trova la palla che è stata lanciata da chi monta in groppa. Anche in antichità le nascite venivano annunciate mediante un simbolo augurale esposto fuori alla porta che prevedeva un ramoscello d’ulivo per il maschietto e una striscia di lana per la femminuccia. Purtroppo in alcuni casi,i bambini affetti da malattie non erano riconosciuti dal loro padre e venivano posti in una pentola di argilla e messi fuori all’abitazione, abbandonati a se stessi e lasciati morire di fame e di freddo; nella mostra è stata allestita una teca in cui è esposto un contenitore in sezione con le ossa di un bambino lasciato morire in questo modo. Bisogna ricordare che purtroppo in antichità era alto il tasso di mortalità infantile, dovuto a malattie congenite o infettive;la sepoltura dei bambini di pochi anni prevedeva l’inumazione in piccoli sarcofagi o in casse, dove spesso venivano sepolti anche i loro giocattoli come corredo funerario. E’interessante il ritrovamento in una tomba di un uovo di gallinaceo ancora intatto, conservato all’interno di un vaso in terracotta, un unicum nelle sepolture di queste regioni. Stretta tra i denti della bocca di un bambino è stata ritrovata una moneta d’argento, l’obolo per Caronte, per il passaggio nell’aldilà, tradizione mantenuta nelle sepolture cristiane con l’obolo di San Pietro. Un altro importante documento delle usanze del tempo è il ritrovamento di una sepoltura di una giovane fanciulla di dodici anni che presenta una acconciatura particolare, con ciocche di capelli fatte passare dentro vasetti di terracotta, ancora oggi conservati integralmente.

ANTONELLA COLANINNO

JAN FABRE VINCE IL PREMIO PINO PASCALI


Achille Bonito Oliva e Jan Fabre


La XII edizione del Premio Pino Pascali di Polignano a Mare ha premiato l’artista belga Jan Fabre, una tra le personalità più interessanti dell’arte contemporanea. L’artista belga originario di Anversa ha esposto le sue opere al Louvre dal 11 aprile al 7 luglio in una mostra dal titolo Jan Fabre au Louvre, l’ange de la metamorphase; trenta suoi capolavori sono stati allestiti nelle sale dedicate ai capolavori della pittura antica nordeuropea. Fabre rappresenta una tra le personalità più illustri del panorama artistico contemporaneo, per l’originalità della rappresentazione, ma soprattutto per la sua visione neoromantica del flusso inarrestabile della trasformazione che lega la materia al ciclo biologico della nascita e della morte attraverso il processo della metamorfosi. Il cambiamento è ciò che caratterizza la ciclicità delle fasi della vita e che supera il limite che separa l’uomo da altre forme viventi. L’insetto, nelle sue fasi di trasformazione da larva a forma evoluta, identifica al meglio il processo di metamorfosi, un concetto scientifico adottato dalla letteratura mitteleuropea per esprimere un significato più profondo, di natura esistenziale e, nel caso di Fabre, di natura spirituale. Metamorfosi ha un significato scientifico e filosofico legato alla naturale caducità della materia, ad un ciclo biologico naturale che si lega però, a significati e riflessioni più profondi. Nascita, vita, morte, rinascita. La rinascita è il superamento dei limiti: giorno e notte, luce e ombra, vita e morte. L’arte di Fabre vuole esprimere il divino, si interroga sul mistero della natura, sulla sua impenetrabilità e sulla sua bellezza. “Lo scarabeo rappresenta la metamorfosi, il ponte tra la vita e la morte”…”sopravvivono già da migliaia di anni con la loro corazza o scheletro esterno, mentre noi esseri umani disponiamo unicamente di uno scheletro interno. Come può l’essere umano formarsi uno scheletro esterno? Come possiamo proteggere la carne per farla sopravvivere in maniera diversa e più a lungo?...uno scarabeo è una metafora della mutazione e della resurrezione.” Nella scultura di Fabre lo scarabeo diventa un elemento modulare che si moltiplica fino a determinare la forma o “corpo spirituale”che l’artista vuole forgiare, come “La slitta notturna”(2004),(ali di scarabeo gioiellosu armatura di ferro e legno); o “Progetto per un territorio notturno(bozzolo)”(1997) (legno, terra, merda, coleotteri, filo di ferro, piastra). Questi “corpi spirituali”realizzati con gli scarabei sono ..”corpi come un involucro del nulla senza organi e sangue, corpi con una nuova pelle, una pelle che non si può più ferire, libera da stimmate, che si sottrae al senso di colpa cristiano o al concetto di peccato.” In Fabre c’è il recupero di una visione simbolica delle cose, di una interpretazione della natura come energia e armonia, il recupero di una simbologia antica, medievale. L’artista coglie la bellezza della natura e diventa “guerriero della bellezza”; “..combattere per credere nella umanità, combattere per una buona causa e credere nella vulnerabilità dell’essere umano. Il guerriero della bellezza cerca di destare e di difendere la vulnerabilità, l’indefinibile, l’irrazionale. La vulnerabilità della bellezza va difesa in quanto la bellezza o il corpo umano sono continuamente in pericolo.” Fabre crede nella forza della bellezza che deriva da valori etici: “la bellezza ha il colore della libertà”. La bellezza vive però nella sua imprescindibile dualità con l’orrido, e questo dualismo ha un valore antropologico, che si lega al momento della nascita poiché si viene strappati dal grembo materno in cui si vive per nove mesi in simbiosi. Lo stesso parto è l’esperienza spiritualmente più elevata per una donna, ma che si accompagna anche al dolore più forte. Come la bellezza vive il suo dualismo con l’orrido, così la vita non può essere concepita senza la morte; “la morte non sta al di fuori della vita, ma la accompagna. Per me la morte fa parte della vita, la morte e la vita formano un ciclo che si ripete….il processo di passaggio dalla morte alla vita, dalla finitezza a un nuovo inizio…” La creazione è un fatto di scienza, e l’arte un suo superamento, dal dato visibile a quello invisibile, da quello reale a quello estetico. Di qui l’utilizzo di elementi di natura legati in qualche modo alla creazione: l’insetto, l’osso, lo sperma, il sangue. E’ la materia che si costruisce di materia. Per Fabre il gufo nel suo essere uccello notturno, rappresenta la guida dell’anima in questo passaggio. Le maschere di gufo decapitate esprimono le varie identità dell’artista, e sono un tema presente nella sua produzione. Ma sono anche un archetipo desunto dall’antichità, dalla ritualità funeraria e carnevalesca, un simbolo, un oggetto di culto per far rivivere tra i vivi la presenza del defunto. La maschera come limite tra realtà e illusione, come simbolo di festa che celebra la carne; la maschera dunque, come esaltazione della vita e come espressione della morte. La maschera come simbolo che coglie l’essenza delle cose, quel limite tra infinito e finito. Il senso della caducità è un valore di amore verso la vita; la morte è un limite fisico di fine della materia che valorizza la vita, e l’artista come simbolo perpetua i significati delle cose, è l’equilibrio che unisce l’inizio e la fine. La dialettica vita-morte è una celebrazione della vulnerabilità dell’uomo in un’epoca che punta a celebrare il suo mito. Fabre stabilisce un rapporto tra l’uomo e l’animale che vuole ristabilire l’armonia tra la cultura e la natura. Fabre si definisce un artista che crede nell’umanità e nella bellezza e che difende la vulnerabilità del corpo. Si definisce un artista romantico poiché vive in “un tempo in prestito” al di fuori delle logiche del tempo e dei modelli imposti dal sistema. “Mi sento un artista d’avanguardia, perché credo nel romanticismo.”
ANTONELLA COLANINNO

LA COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM




Fare dell’arte una vera vocazione è stata la passione di una vita di questa grande collezionista, creatrice del Museo di Venezia. Nata nel 1898, Peggy era la secondogenita di Benjamin Guggenheim, affondato a bordo del Titanic nell'aprile del 1912. La sua famiglia proveniva dalla svizzera tedesca e suo nonno emigrò a Filadelfia, dove insieme al figlio Meyer intraprese la professione di venditore ambulante per poi dedicarsi alla produzione di miscele di caffè e di sostanze per pulire le stufe. Meyer incrementò la fortuna di famiglia nel settore manifatturiero e delle importazioni attraverso lo sfruttamento dei metalli. A partire dal 1900 i Guggenheim assunsero il controllo della American Smelting and Refining Company, un colosso del capitalismo americano. Nel 1907 costruirono una ferrovia nella tundra dell’Alaska per sfruttare le miniere del monte Kennecott e nel 1910 acquistarono la miniera cilena di Chuquicamata. Peggy fu esclusa da gran parte del patrimonio di famiglia poiché suo padre aveva abbandonato gli affari nel 1901. Fu così che la giovane Peggy iniziò a costruirsi con determinazione la strada del successo, affiancandosi ad artisti e intellettuali che le insegnarono a comprendere il mondo dell’arte, tra estetica e affari. Il matrimonio nel 1922 con l’artista dadaista Laurence Vail la introdusse nel mondo dell’arte. Nel 1938 inaugurò la Galleria Guggenheim Jeune a Londra, con una mostra dedicata a Jean Cocteau. Su consiglio di Duchamp, dedicò la sua seconda mostra all'artista astratto Vasily Kandinsky che fu esposto per la prima volta in Inghilterra, dal quale acquistò l’opera “Curva dominante”. Sempre grazie a Marcel Duchamp, Peggy aveva conosciuto Jean Arp da cui aveva acquistato la scultura “Testa e conchiglia”. Nel luglio del 1938 la galleria Guggenheim dedicò una mostra a Yves Tanguy, l'artista che introdusse la giovane Peggy al surrealismo. Nel 1939, a causa di problemi finanziari, Peggy chiuse la sua galleria londinese e decise di aprire un museo d’arte contemporanea, proponendo al critico d'arte Herbert Read la direzione del nuovo museo. Fu proprio Read insieme a Marcel Duchamp ad incoraggiare Peggy a collezionare arte cubista, surrealista e astratta. Benchè Peggy si fosse dedicata con grande dedizione alla nascita del nuovo museo, il contratto venne sciolto a causa delle difficoltà dovute alla seconda guerra mondiale. Con i fondi della gestione del museo furono acquistate nuove opere d’arte. Tra il 1939 e il 1942 Peggy aveva messo insieme più di 170 opere d’arte moderna e contemporanea europea che furono tutte inserite nel primo catalogo pubblicato nel 1942 con il contributo di Andrè Breton. Nell’ottobre del 1942 Peggy era ormai diventata una imprenditrice di successo e decise di inaugurare a New York, insieme al suo secondo marito Max Ernst, una nuova galleria museo, la “Art of this century”al numero 30 della 57a strada..
 

Frederick Kiesler si occupò degli allestimenti, adottando una soluzione all’avanguardia che aboliva le cornici e creava un percorso interattivo tra l’opera d’arte, lo spazio e lo spettatore. I quadri erano appesi a supporti triangolari sospesi, evocando in questo modo la pittura cubista e astratta. Arredamenti a forme biomorfiche e sonorità stravaganti creavano un percorso surreale che suggestionava il pubblico. Peggy fu una grande mecenate dell’arte e aiutò gli artisti a crearsi uno spazio nel difficile mercato dell'arte. Per Jackson Pollock versò un vero e proprio stipendio per cinque anni, e donò le sue opere nei musei di tutto il mondo per acquisire maggiori consensi sull’artista. Ma dagli artisti si lasciò anche consigliare e guidare negli investimenti, per comprendere un mercato dell’arte che in quegli anni stava rivoluzionando le tendenze. Nel 1943 Peggy dedicò a Jackson Pollock la sua prima personale acquisendo l’opera “La donna luna” nella sua collezione e dedicò molte mostre anche ad artisti americani, quali Rothko e David Hare, portando la cultura figurativa americana all’interno di un dialogo con le tendenze europee della nuova avanguardia. Nel 1947 Peggy decise di ritornare in Europa e nel 1948 espose la sua collezione alla Biennale di Venezia nel padiglione greco. Fu così che l’arte americana della collezione Guggenheim fu esposta per la prima volta in Europa, e proprio qui in Italia Peggy si affermò come grande collezionista d’arte, dopo un lungo periodo di anonimato in Europa e in America e nel 1949 acquistò l’incompiuto palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande.

Dopo la Biennale Peggy espose la sua collezione a Palazzo Strozzi a Firenze e a Palazzo Reale a Milano, e nel 1950 fu di nuovo a Venezia al Museo Correr. Qui a Venezia decise di aprire un museo d’arte contemporanea, continuando ad investire per la propria collezione. Solo negli anni ‘60 interruppe gli investimenti a causa  dei costi notevoli del mercato dell’arte, ma si impegnò sempre a prestare ad altri musei i suoi pezzi. Nel 1969, la Fondazione Solomon R. Guggenheim invitò Peggy a New York per presentare la sua collezione, che fu donata alla Fondazione insieme al palazzo, con il vincolo che la stessa restasse a Venezia e fosse visitabile anche in estate. Alla sua morte la direzione della collezione passò nelle mani della fondazione fondata da suo zio nel 1937. Il museo Solomon fu aperto a New York nel 1939. Dal 1959 il museo è ospitato nel famoso edificio di Frank Lloyd Wright lungo la Fifth Avenue. Oggi la Fondazione gestisce il museo a Manhattan, la Collezione Guggenheim a Venezia, il Museum di Bilbao in Spagna, il Deutsche Guggenheim di Berlino, e il Guggenheim Hermitage a Las Vegas, e costituisce uno dei poli di maggiore importanza dell’arte moderna e contemporanea nel mondo. La Collezione Guggenheim di Venezia raccoglie le opere degli artisti più importanti della storia dell’arte contemporanea, in una sintesi di estetiche che hanno determinato la varietà e la complessità figurativa di questi anni. Tra le opere di Picasso “Il poeta”del 1911. Nella scomposizione in più piani della figura umana è evidente l’influenza di Georges Braque con il quale Picasso lavorò a stretto contatto in quel periodo. La scomposizione della figura è compresa all’interno di una figura geometrica piramidale, in una vertigine di immagini ripetute che ci da la lettura astratta di un elemento figurativo. Lo spazio interagisce con la composizione su un piano frontale in assenza totale di sfondo.


“Sulla spiaggia”del 1937 richiama “Le tre bagnanti” del 1920, e fa parte di un gruppo di opere realizzate nel periodo di Guernica. La struttura compositiva è molto semplice e l’elemento figurativo ha un impianto plastico e monumentale. La linea è l’elemento principale di costruzione delle figure inserite in uno sfondo a doppia campitura di azzurri che poeticamente uniscono mare e cielo. Probabilmente la leggerezza di quest’opera fu voluta nel contrasto con la tragicità dei temi della guerra. “Il clarinetto”di Georges Braque del 1912 ha una inclinazione simmetrica, quasi parallela dei piani scomposti. La tela ha forma ovale e ha al suo interno l’effetto di venature di legno e la presenza di lettere e di sabbia nel colore.. “Al velodromo”di Jean Metzinger ( 1912) unisce l’elemento formale del cubismo e del futurismo attraverso l’uso del collage che disegna la figura sovrapponendo zone chiare di trasparenza, a zone materiche di volume.

“Mare=Ballerina”di Gino Severini ( 1914) è un dipinto futurista che illustra il concetto di “analogia plastica”poiché il mare e la ballerina uniscono per analogia il movimento della danza al movimento del mare; “Composizione” ( 1938-9) di Piet Mondrian elabora un sistema di linee orizzontali e verticali asimmetriche che esprime la forma pura di un naturalismo nascosto, di una spiritualità resa nella sobrietà della forma e nella armonia della linea. “L’intento di Mondrian è quello di unire arte, materia, e spirito per scoprire in ogni aspetto dell’esperienza quell’armonia universale che è il fondamento del neoplasticismo”.

Paul Klee e il “Ritratto di Frau P.nel Sud”del 1924, una caricatura di una signora del nord alle prese con il caldo del sud, dal quale cerca di proteggersi con un cappellino; un disegno delicato ad acquerello e ricalco ad olio. “Pittura rarissima sulla terra”( 1915) di Francis Picabia è l’esaltazione della macchina nel suo valore di funzionalità e del suo impatto visivo con i suoi strani ingranaggi, di cui da una visione di estetica meccanografica che si oppone a quanti vedevano nella macchina un modello negativo della nuova società industrializzata. Tra le opere di Jackson Pollock “La donna luna”( 1942) che risente dell’influenza di Picasso e di Joan Mirò, ed esprime il concetto surrealista dell’inconscio come forma d’arte. Sulla linea nera della spina dorsale si impostano le forme astratte del corpo e del volto nero simbolo dell’oscurità interiore.



ANTONELLA COLANINNO

sabato 13 febbraio 2010

L’AQUILA: APRE IL CANTIERE DEL FAI

E’ il FAI ad aprire il primo cantiere di restauro per il recupero del monumento simbolo della città abruzzese: la Fontana delle 99 cannelle, ora simbolo anche di rinascita di una città distrutta dal terremoto del 6 aprile 2009.

“Per non dimenticare”, ma soprattutto per ricostruire un pezzo di storia e ridare dignità ad una città ferita, "per continuare a sperare"…Fine gennaio: questa la data d’avvio del restauro di questo importante bene storico-artistico di uno dei centri antichi più importanti d’Italia. Un’azione civile di solidarietà morale alla gente d'Abruzzo e alla sua storia. Il FAI ha avviato una campagna per la raccolta fondi “SOS Monumenti Abruzzo” a cui hanno aderito molte forze del territorio tra enti pubblici e privati. Una catena di grande solidarietà che è riuscita a raccogliere 600mila euro dei 750mila necessari per il completamento del restauro. L’intervento di recupero si avvale del sostegno dello Studio Architettura Salvatici-Ripa di Meana di Perugia, per la prima fase dei lavori che interverrà a livello strutturale riunendo le parti danneggiate e ripristinando le perdite d’acqua. La seconda fase si occuperà del restauro degli elementi decorativi e della ripulitura delle muffe e delle patine del rivestimento lapideo.

                                                            ANTONELLA COLANINNO

PER LE DONAZIONI:

consultare il sito http://www.fondoambiente.it/

lunedì 8 febbraio 2010

GIUSEPPE PENONE



L’esperienza tattile per Giuseppe Penone è esperienza conoscitiva attraverso i sensi. Nei suoi lavori c’è un richiamo costante all’epidermide come strumento di percezione sensoriale rilevata per associazione nelle venature del marmo e nei segni degli alberi, che nel loro DNA, conservano la memoria di ciò che viene impresso, così come nei solchi delle pietre e nelle gigantografie delle impronte della pelle che vengono ingrandite sino ad alterare in chi osserva, la reale percezione dell’oggetto. Penone parla di “attrazione tattile” sia per le superfici di marmo che di pietra, e sia per le spine di un fiore. Questi sono “punti di contatto con la superficie”, i punti di sensibilità della pelle vengono tracciati proprio con le spine che ne suggeriscono il tessuto nervoso alla base del sentire.. “[…] quando si ha una spina nella pelle, il corpo sa esattamente dove questa si trovi, la individua infallibilmente per quella puntura dolorosa ma che sottolinea la sensibilità della superficie della pelle rispetto alle cose che tocca…” “Attraverso il tatto ci rendiamo conto della nostra realtà fisica […] alla spina si percepisce se stessi”. Giuseppe Penone fa parte di quella generazione di artisti che si sono riconosciuti nel movimento dell’Arte Povera e che hanno affermato un valore condiviso, una comunione di pensiero nella “possibile manipolazione dei valori dell’arte”( G. P.). Penone nutre grande interesse per la scultura; essa è un’idea che prende forma, non è una “forma compiuta”, è un processo, è un’azione, è “coscienza dell’azione”. Anche il disegno, quando non è uno schizzo e non ha valore di documento, si rileva come azione. Quando consideri uno spazio, puoi misurarlo con lo sguardo , ma finisci comunque con il verificarlo con il corpo….lo attraversi, cammini, conti i passi. “Il mio lavoro nasce dalla riflessione sull’azione della scultura, non sulla invenzione della forma; è una indicazione della forma che viene fatta attraverso l’azione. Ma l’azione più semplice è quella del toccare. Toccando si conoscono i volumi, lo spazio, le forme. Il tatto è uno strumento di verifica della realtà più preciso della vista, perché il minima, ma basilare, che si ritrova l’azione della scultura….”

Le “foreste” di Penone sono create usando legno di travi e di altri oggetti. L'artista parte dal prodotto finito per risalire al principio della materia che ha dato origine a queste forme. Le travi nate dagli alberi diventano ora materia per ricreare la foresta. “Ripetere il bosco” è stata presentata ad Amsterdam per la prima volta nel 1980. C’è una tautologia perfetta perché la scultura riproduce la forma dell’albero che viene costruito con la materia dell’albero. Si giunge allo stesso concetto-soggetto attraverso principi formali diversi che però hanno alla base la stessa materia, cioè il legno. Ciò va oltre il concetto di arte come pura composizione.

September 9 - October 11, 2008 New York
 “La tautologia fornisce anche l’astuzia per svincolarsi dal rigore o dall’aridità di un’arte intesa solo come struttura o come composizione o come astrazione. […] Io penso che anche altri artisti ne siano stati consapevoli e che, per esempio, tutta l’opera di Piero Manzoni sia tautologica, che Pascali abbia proposto una tautologia descrittiva nel fare l’acqua del mare con il blu dell’acqua e che anche Fontana in un certo senso offra una tautologia, perché il suo è un gesto che diventa opera”. Penone inoltre, sostiene che i materiali non hanno tempo e che portano su di sé il vissuto di un passato e il destino del futuro, mentre vivono il momento contingente del presente.
                        
                           ANTONELLA COLANINNO




I BRANI DI GIUSEPPE PENONE QUI RIPORTATI SONO STATI ESTRATTI DAL CATALOGO DELLA MOSTRA PUBBLICATO IN OCCASIONE DELLA SUA PERSONALE AL MAMbo DI BOLOGNA DAL 25 SETTEMBRE ALL’8 DICEMBRE 2008.