Nudo di donna EGON SCHIELE















martedì 10 luglio 2012

UNA FARFALLA CHIAMATA LOIE FULLER




E’ stata definita un precursore della danza postmoderna, lei che non aveva mai studiato danza e non amava definirsi una ballerina. Eppure Loie (Maria Luisa) Fuller (Illinois, 1862 – Parigi, 1928), attrice di teatro e danzatrice di circo, di burlesque e di varietà, fu una straordinaria interprete dei cambiamenti della sua epoca con la fluidità e la sinuosità delle sue coreografie avvolgenti esprimeva tutta la leggerezza del Liberty.
Le sue danze evocavano il fascino del Simbolismo nell'evanescenza delle forme in movimento mentre le lunghe tuniche di seta colorata da lei indossate si ispiravano alla morbidezza degli abiti di Coco Chanel. Fu interprete del dinamismo futurista perchè il dinamismo si genera “dagli effetti di luce e colore su un corpo in movimento.”

Nelle sue performance la Fuller muoveva con delle bacchette gli abiti molto ampi in modo che il corpo fosse nascosto mentre si faceva proiettare sui vestiti dei fasci di luce colorata creando in questo modo dei virtuosismi luminosi. La modernità della Fuller nella danza moderna è anche nell'aver creato una fusione tra le arti classiche, come appunto la danza e il teatro, e la tecnologia, facendosi interprete di quelle sperimentazioni che in quegli anni univano le arti visive al cinema e alla fotografia. I virtuosismi della danza producevano effetti di irresistibile sensualità e il pubblico restava affascinato dalla sua figura che entrava in scena al buio su un palcoscenico privo di scenografie. Loie Fuller fu musa di molti artisti tra i quali Mallarmè e Toulouse-Lautrec. Rivoluzionò i costumi di ballo abolendo le scarpette a punta e i tutù, preferendo danzare a piedi nudi e in abiti leggeri.
La Fuller è stata anche autrice teatrale e coreografa a Parigi, Londra e New York. "Fu proprio grazie al suo intervento che la stessa Isadora Duncan potè organizzare le proprie turnèe in Europa."


Scritto da Antonella Colaninno


domenica 8 luglio 2012

DON MCCULLIN LA PACE IMPOSSIBILE Dalle fotografie di guerra ai paesaggi 1958 - 2011

                                                                  Along The Ganges

                          Somerset, Gran Bretagna, 1991 @ Don McCullin (Contact Press Images)

                        Quartiere di Bogside, Derry, 1971 @Don McCullin (Contact Press Images)


“McCullin deve la sua vita ad una Nikon che, in zona calda, fermò il proiettile che gli era stato indirizzato.”

di Antonella Colaninno

Don McCullin (Londra, 1935) non amava essere definito un “fotografo di guerra” ed esorcizzava quelle immagini crudeli, scattate in giro per il mondo nei teatri sanguinosi della follia umana, attraverso gli scatti di paesaggi e bodegons.

Ma anche nella visione poetica delle atmosfere invernali, delle nature morte e dei popoli primitivi si nasconde un velo di tristezza, un'inevitabile ombra che colora di grigio la storia dell’umanità, nei dolori personali e nelle grandi tragedie collettive, tra guerre ed emarginazioni sociali.
Dalla ripresa economica fino agli ultimi decenni del nostro Novecento, McCullin si racconta in una serie di scatti tutti rigorosamente in bianco e nero: dalla costruzione del Muro di Berlino (1961) alla guerra del Congo (1964) e a quella del Vietnam, dal 1965 fino alla terribile offensiva del Tet, 1968). E ancora scatti sulla povertà degli indiani e dei profughi tibetani (1965), sulla carestia in Biafra (1968-’68), sulla guerra in Cambogia dei Kmer Rossi (1970-’75), sugli scontri dell’Irlanda del Nord (1971), sul colera del Bangladesh (1971), sulla guerra in Libano tra milizie cristiane e palestinesi (1975-’76), sui massacri di Sabra e Shatila (1982), sui lebbrosi dell’ India (1995 –’97) e sulle vittime dell’Aids e della tubercolosi in Africa meridionale (2000). 

A queste immagini si associano gli scatti dei Beatles, dei senza tetto, dei Teddy Boys, delle proteste antifasciste, dei ricchi alle corse di Ascot, dei paesaggi invernali, delle nature morte e delle rovine di Roma. Ogni scatto è una sfida alla dignità umana, ferisce il pudore del dolore e il benessere nella scandalosa indifferenza. Le ombre di McCullin scendono come un velo a coprire le miserie umane, ed esprimono quel senso di compassione per le sofferenze dell’umanità.
Un marine americano traumatizzato dai bombardamenti, Hue, 1968 @Don McCullin Contact Press Images        

McCullin realizza per The Observer il suo primo servizio fotografico su una gang londinese nel 1958, giornale che pubblicherà nel 1961 anche alcuni suoi scatti sulla costruzione del Muro di Berlino per i quali gli verrà assegnato il British Press Photography Award. McCullin inizierà così la sua carriera di fotoreporter, che abbandonerà negli anni Novanta. Tra il 1966 ed il 1984 sarà l’inviato per il The Sunday Times e i suoi reportages otterranno importanti riconoscimenti come il World Press Photo nel 1964, per gli scatti sulla guerra a Cipro, la Warsaw Gold Medal e la Cornel Capa Award. “McCullin deve la sua vita ad una Nikon che, in zona calda, fermò il proiettile che gli era stato indirizzato.”

Pubblicato da Antonella Colaninno


Don McCullin
LA PACE IMPOSSIBILE
Dalle fotografie di guerra ai paesaggi 1958 – 2011
a cura di Robert Pledge e Sandro Parmiggiani
dall’ 11 maggio al 15 luglio 2011
Palazzo Magnani Reggio Emilia