“Vienna
sprizzava vitalità da tutti i pori, era diventata una metropoli, lo si vedeva e
percepiva in tutto il mondo tranne lì, nella città stessa, che nel gran desiderio
di autoannientarsi non si era accorta di essere finita d’un tratto al vertice
del movimento che si definiva moderno. E questo perché l’autoanalisi e l’autodistruzione
erano diventate elementi centrali del nuovo pensiero, mentre infuriava il –secolo
nevrotico-, come lo definiva Kafka. E non c’era luogo in cui i nervi fossero a
fior di pelle […] più che a Vienna” Florian Illies
di Antonella Colaninno
Leggendo le pagine di “1913” di Florian Illies , "L'anno prima della tempesta" ripercorro insieme all’autore gli “atti” di un viaggio
ideale nei luoghi reali della storia tra gli atelier d’artista dove trovano
forma le genesi dei capolavori letterari e le sperimentazioni artistiche e
fanno capolino alcuni attimi di vita privata dei personaggi. Approdo così, a Vienna nelle stanze d’artista di Gustav
Klimt e di Egon Schiele, in quella Vienna che Lou Andreas-Salomè percepiva come
la “città più erotica del mondo” (F. I.), un erotismo che avvolge nella morbida
sensualità di Klimt ma che si trasforma nella carnalità scarna ed anatomica di
Schiele esprimendo tutto lo smarrimento di una generazione alimentata
dalle fragilità dell’uomo. La Vienna che Arthur Schnitzler definirà
sarcasticamente priva di valori e antisemita nel suo libro "Il sottotenente
Gustl", attraverso l’asprezza priva di slanci del suo protagonista. L’Espressionismo tedesco tradurrà l’ansia
collettiva nell’ incapacità di aprirsi ad una narrazione lineare, nello spazio
annullato la potenza espressiva evoca e distrugge l’immagine e affiora il
mostruoso nel naufragio dell’io desolato e redento nell’ urlo più famoso di
tutti i tempi che lo anticipa. La
malattia si fa epigono di un ‘anima straziata e sola, di una identità perduta
che ha smarrito la sua dimensione esistenziale.
Un malessere diffuso che parte dall’inconscio e porta la sua eco lontano, negli
spazi dell’arte e della letteratura. Nella città di Praga incontriamo Kafka che
“soffre per la paura che la sua creatività si sia esaurita”. La sua è una dimensione
umana confusa e distruttiva che si riflette nei personaggi malati delle sue
trame e si dilata schiacciandoli, lasciandoli come outsider al di fuori del
gioco inesorabile della dialettica della vita nella quale privi di passioni e
di illusioni si lasciano travolgere. L’inquietudine cammina come un’ombra
accanto agli eventi, tiene il passo senza mai raggiungerli, senza mai
comprenderli fino in fondo. “E allora, tutti a Vienna! La -centrale- della
modernità nel 1913”. Vienna, la città che fa l’occhiolino alle grandi capitali
europee: Berlino, Parigi e Monaco. La città di Oskar Kokoschka e del suo
espressionismo introspettivo e analitico, e di Sigmund Freud e della sua psicanalisi.
“Ed era lì che infuriavano le battaglie sull’inconscio, sui sogni, le dispute
sulla nuova musica, la nuova visione, la nuova architettura, la nuova logica,
la nuova morale” (Florian Illies).
Pubblicato da Antonella Colaninno
In foto: Florian Illies; foto d’epoca; opera di Egon
Schiele; opera di Egon Schiele; copertina di “1913 L’anno prima della tempesta”
di Florian Illies