Nudo di donna EGON SCHIELE















domenica 30 settembre 2012

MUSEO DELLA FARMACIA MAZZOLINI GIUSEPPUCCI





“OMNIA IN PONDERE ET MENSURA.” Galileo
Viaggiare è un’esperienza sempre ricca di sorprese che lascia alla casualità degli incontri l'emozione di eventi inaspettati. Si ammirano bei paesaggi e monumenti imponenti, ma anche piccoli luoghi, così piccoli da poter contenere solo poche decine di persone. Questo accade nella farmacia Mazzolini – Giuseppucci di Fabriano, un luogo che forse alcuni di voi conosceranno, un piccolo vano dove le ceramiche fiorentine Ginori della collezione Ermogaste Mazzolini si mostrano ai visitatori esposte nelle vetrine dei mobili, tra i decori e gli intarsi lignei realizzati dall’artista perugino Adolfo Ricci. Una piccola enciclopedia incisa nel legno racconta, attraverso i personaggi e gli strumenti da lavoro, la storia “delle scoperte fisiche, chimiche e mediche che durante l’Ottocento, migliorarono la vita degli uomini […].”  Unico in Italia, il piccolo museo documenta il progresso della scienza nel plasticismo delle forme scolpite nel legno realizzate tra il 1896 ed il 1899. Ritratti di scienziati e farmacisti si affiancano a quelli di nuovi macchinari e di putti che stringono tra le dita “la riproduzione della prima lastra radiografica realizzata nella storia”.  “Lo spirito delle sue rappresentazioni fa di questo luogo un contraltare laico in una cittadina di provincia come Fabriano, da sempre soggetta al potere papale.” Sul soffitto con le volte a crociera dieci tondi scolpiti a bassorilievo ospitano i ritratti di celebri medici e farmacisti, con l’intento di esaltare la figura professionale del farmacista, non ancora riconosciuta a quei tempi, in un corso di laurea indipendente dalla facoltà di Chimica e Medicina.

Il signor Ermogaste non era solo un buon conoscitore del proprio lavoro, amante delle scienze e delle arti, ma fu anche un militante nella vita politica e culturale della città. Tra il 1895 ed il 1896 decise di rinnovare gli ambienti della farmacia e affidò ad Adolfo Ricci, che dal 1892 a Fabriano ricopriva la cattedra d’intaglio nella Scuola Professionale d’Arti e Mestieri, “la decorazione degli arredi”, del bancone, del soffitto e delle pareti. La farmacia con il suo stile neogotico, fu luogo non solo di cura ma anche di riunioni di intellettuali laici, politici e di massoni.
La farmacia dei Mazzolini era provvista anche di un laboratorio galenico per la preparazione dei farmaci. Ermogaste e la sua famiglia porteranno avanti l’attività fino al 1932, anno in cui la farmacia sarà ceduta alla gestione alterna di diverse famiglie fino alla definitiva acquisizione dei Giuseppucci nel 1954 . Qui i nuovi proprietari si occuperanno della vendita e della preparazione dei farmaci sino al 1982, quando lasceranno la sede pur continuando a mantenere la proprietà. Solo nel 2010 la farmacia Mazzolini – Giuseppucci è stata riaperta al pubblico come “museo di se stessa”.

Scritto da Antonella Colaninno




giovedì 13 settembre 2012

LE STANZE DEL VETRO CARLO SCARPA VENINI 1932-1947






La bellezza del vetro era conosciuta già dai tempi antichi. La sua preziosità è stata valorizzata nelle arti applicate per la creazione di oggetti di design che hanno creato uno stile inconfondibile dove la progettualità interviene a modificare forma e colore. Nei primi decenni del secolo scorso, Renè Lalique aveva intuito la versatilità di questo materiale che usò nell’arte orafa e nella creazione di oggetti che tradussero in forme plastiche la sinuosità e la morbidezza dell’Art Nouveau. Vetri bianchi, colorati, satinati e opalescenti creano la variabile possibile di questo materiale. Emile Gallè giocò con le forme della natura riproducendole nei decori dei suoi vetri artistici, mentre Louis Comfort Tiffany creò giardini fioriti opalescenti per le cappe delle sue lampade e per le sue vetrate colorate. Raffinati manufatti di vetro cristallo fecero la fortuna sul finire dell’Ottocento delle vetrerie artistiche veneziane da quelle dei Fratelli Barovier, Barovier &Toso, alle MVM Cappelin & C., alla Venini, Zecchin-Martinuzzi. Nell’idea di valorizzare il vetro veneziano del Novecento è nato il progetto pluriennale Le Stanze del Vetro che esordisce con la mostra Carlo Scarpa. Venini 1932-1947, promosso dalla Fondazione Giorgio Cini e da Pentagram Stiftung *. Un progetto decennale per ricordare gli artisti e gli architetti che hanno disegnato e progettato per la Venini. 

 A Le Stanze del Vetro è dedicato lo spazio espositivo che accoglie la collezione e che ne prende il nome, restaurato per l’occasione nei suoi 650 mq. Più di 300 le opere esposte che ho avuto occasione di apprezzare durante la mia visita all’isola di San Giorgio, un ciclo di vetri progettati dall’architetto Carlo Scarpa (Venezia, 1906 – Sendai-Giappone, 1978) quando era direttore artistico della vetreria Venini, accompagnati da foto storiche e documenti di archivio. Tecniche diverse esaltano il design tra trasparenze, giochi di luce e di colore. Curata da Marino Barovier, la mostra propone una serie di vetri dalla linea semplice, dal design raffinato realizzati con diverse tecniche di esecuzione. Un percorso estetico che unisce stile, creatività e attenzione per la forma. Nelle 8 Stanze i vetri sono racchiusi nelle teche di vetro accostati  per tipologia esecutiva. 

Dai vetri a bollicine (1932-33) della prima stanza, presentati alla XVIII Biennale di Venezia nei colori verde, ametista e blu chiaro, ai vetri della ottava e ultima stanza suddivisi tra le tipologie a filo continuo (1942) con rigatura a rilievo, i velati (1940) leggermente opacizzati, le murrine trasparenti presentati alla XII Biennale di Venezia, i vetri con decoro a fili (1942-47) e a fili e fasce (1942), i variegati (1942) con sottili striature irregolari, a pennellate (1942) caratterizzati da macchie di colore, e le conchiglie (1942-47) in vetro trasparente colorato che si ispirano alle forme della natura. 

Nelle altre stanze sono esposti i vetri a macchie (1942), coppe e piatti colorati o trasparenti decorati con motivi astratti, i vetri iridati (1940), i vetri battuti (1940-46), coppe, vasi e piatti a fasce applicate (1940) presentati alla VII Triennale di Milano, gli incamiciati cinesi (1940), vasi e coppe che si ispirano alle porcellane orientali, i vetri rigati (1938) e tessuti (1940) composti da sottili canne di vetro, gli incisi (1949-42) e i laccati neri e rossi (1940) presentati alla XII Biennale di Venezia. Infine, i vetri granulari (1940), le murrine opache (1940), i vetri a cerchi e a fasce (1938) e a spirale (1936-38), i variegati zigrinati (1938-42), i vetri a puntini e a strisce (1937-38), i corrosi(1936-38), i lattimi (1936) vetri bianchi opachi, le murrine romane (1936-40) vasi e coppe nati dalla collaborazione con Paolo Venini presentati alla VI Triennale di Milano e alla XX Biennale di Venezia, e i vetri a mezza filigrana (1934-36) composti da canne di vetro trasparente ed un nucleo centrale in vetro lattimo o colorato.

Scritto da Antonella Colaninno

LE STANZE DEL VETRO
CARLO SCARPA
Venini 1932-1947
Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
29 agosto-29 novembre 2012
Promosso dalla Fondazione Giorgio Cini e da Pentagram Stiftung
Mostra a cura di Marino Barovier
Catalogo Skira



lunedì 10 settembre 2012

QUALI PROSPETTIVE PER IL MERCATO DELL’ARTE INVESTIRE IN TEMPO DI CRISI



GIORGIO MORANDI
GIORGIO DE CHIRICO




E’ sempre più difficile parlare di investimenti in un momento così delicato come quello attuale, soprattutto quando ad investire sono i collezionisti. Secondo le statistiche elaborate da Nomisma sui dati rilevati dal Giornale dell’Arte e da ArtEconomy24, il fatturato delle sette case d’asta italiane più importanti sarebbe sceso del 2,0%, mentre il numero delle aste si sarebbe ridotto ad una percentuale del -8,6%. Dalle 76 aste del 2010 si è passati alle 70 del 2011, così come il fatturato è sceso da 117,63 milioni di euro del 2010, ai 115,19 milioni di euro del 2011. La maggiore percentuale di vendite spetta a Christie’s italia seguita dalla Meeting Art, dalla Farsettiarte, dalla Sotheby’s Italia, dalla Porro, dalla Pandolfini ed infine, dalla Wannanes nonostante si prevedono licenziamenti per le filiali italiane di Sotheby’s e Christie’s mentre risale allo scorso marzo la notizia del fallimento di Finarte per un buco di 11 milioni di euro. Sempre secondo le statistiche rilevate dal Nomisma risulta che il giro d’affari complessivo dell’arte in Italia ammonta a quasi 1,4 miliardi di euro di cui il 43% riguarderebbe l’arte moderna e contemporanea, con una posizione di vantaggio del contemporaneo sull’arte moderna. C’è da dire però, che le scelte sul mercato internazionale privilegiano l’investimento in arte a quello in azioni e che il settore contemporaneo tiene eccezionalmente il passo alla leadership dell’oro. Per quanto riguarda le scelte del collezionista si assiste ad un ridimensionamento di gusto e di valore di mercato rispetto ad artisti come Jeff Koons, Damien Hirst, Takashi Murakami e Richard Prince che avevano raggiunto quotazioni vertiginose solo fino a qualche anno fa. Secondo quanto sostiene ARTEFIERA ART FIRST, fiera internazionale di arte contemporanea di Bologna svoltasi dal 27 al 30 gennaio (la più importante mostra-mercato italiana di arte moderna e contemporanea e tra le più accreditate in Europa), la scena italiana ha visto affermarsi artisti come Domenico Gnoli. “Busto femminile di dorso” è stato acquistato in ottobre da Christie’s a Londra alla cifra record di 2,3 milioni di sterline (3,5 milioni di euro) superando le 500/700 mila sterline previste. Sempre in ottobre a Londra sono state battute all’asta le opere degli artisti italiani del dopoguerra. Una "Combustione di legno” (1957) di Alberto Burri ha raggiunto la cifra di 3,1 milioni di sterline (4,8 milioni di euro), mentre un “Achrome” di Piero Manzoni è stato aggiudicato a 3,2 milioni di sterline (4,9 milioni di euro). Stabile Lucio Fontana (i cui “Tagli”si aggirano tra 1,4 e 1,2 milioni di euro) ed Enrico Castellani; un “Senza titolo” (1963) proveniente dal North Carolina Museum of Art è stato venduto a Milano da Christie’s per 227 mila euro, mentre una "Superficie bianca" del 1967 ha sfiorato la cifra di 504 mila euro. Si rivaluta anche l’Arte Povera con Michelangelo Pistoletto che in ottobre da Sotheby’s a Londra è stato battuto per 553 mila sterline (850 mila euro) mentre l'opera Piede di Luciano Fabro ha raggiunto la cifra di 277 mila sterline (425 mila euro). I collezionisti americani preferiscono investire su Marino Marini, mentre Giorgio Morandi e Giorgio De Chirico restano i nomi italiani più apprezzati sul mercato internazionale. Una "Natura morta" (1941) di Morandi è stata battuta da Christie’s a Londra a 541 mila sterline (830 mila euro). Per la scultura, le opere di Luigi Ontani sono state aggiudicate lo scorso aprile da Sotheby’s a Milano tra 44 e 46 mila euro. Arte Povera e Transavanguardia, interessante vetrina a Bologna per collezionisti ed estimatori, si pongono all’attenzione nelle aste pubbliche internazionali. Per la Transavanguardia si resta nei limiti del buon investimento con una quotazione di mercato che oscilla tra i 50 e i 200 mila euro. Per un investimento ancora più conveniente, tra i 10 e i 60 mila euro, c’è quello sugli artisti della Pittura Analitica degli anni ’70 e della Nuova Scuola Romana degli anni Ottanta a cifre comprese tra i 5 ed i 20 mila euro. Un'ottima occasione di investimento resta l'arte italiana della prima metà del Novecento dove è possibile fare buoni affari. Il dipinto "Quattro donne" (1938) di Massimo Campigli è stato aggiudicato per 290 mila euro in un'asta di Christie's a Milano lo scorso novembre.

Fonti: Nomisma - ArteFiera ArtFirst

Scritto da Antonella Colaninno