[…] riemerse solo da pochi decenni da un cono d'ombra in cui
la critica d'arte coeva le aveva costrette sin dal loro apparire […]
di Antonella Colaninno
Immaginare l’arte dentro una cornice rappresenta oggi,
un pensiero quasi contro tendenza se pensiamo ai numerosi tentativi di portare
l’arte fuori dal quadro alla conquista dello spazio e di strumenti di
espressione alternativi. La tradizione della pittura induce a riflettere sui valori poetici e letterari di una rappresentazione figurativa di
perfezione formale e di un’estetica che sul finire dell’Ottocento, in piena
rivoluzione del costume e della società, pone la donna al centro di un percorso
di riscoperta della bellezza che si sublima nella visione eterna del desiderio.
Nel suo essere estasi e tormento, la donna mostra la sua sensualità languida e indolente, spirituale e raffinata,
mito di quella decadenza che si nutre di semplicità e purezza, prendendo le
distanze dal mondo reale. In questa ricerca del bello, nasce la consapevolezza
dell’arte per l’arte nella sua naturale seduzione, della vita stessa al
servizio dell’arte che cerca di essere magica e al tempo stesso, inaccessibile.
Leggenda, mito e fiaba popolano la visione di un mondo che riscopre la
dimensione sensoriale cercando di liberarsi dal peso morale della cultura
vittoriana, sviluppando la poetica del gusto e della cura del particolare e
della decorazione. Un’ interessante mostra in corso presso il Chiostro del
Bramante illustra la ricchezza di quel movimento estetico nato in Inghilterra
nella seconda metà dell’Ottocento che pure se in una visione comune, ha
prodotto varietà di sfumature. La mostra romana presenta una serie di opere
provenienti dalla collezione del ricco mecenate messicano Juan Antonio Pèrez Simon che comprende importanti dipinti dei
pittori dell’Ottocento inglese e di uno dei suoi esponenti di spicco: Lawrence
Alma-Tadema come il suo capolavoro: Le
rose di Eliogabalo, una tela di grandi dimensioni esposta alla Royal Academy
nel 1888. Sotto una cascata di petali di rose si svolge il banchetto del
crudele imperatore romano che tra i fiori inebria e “schiaccia” i suoi
convitati. Il mito classico del ciclo delle stagioni e della primavera ispira Il canto della primavera (1913) di John
W. Waterhouse e la malinconica consapevolezza della giovane donna di Arthur Hughes
in La nube passa. "[...] muse o modelle, femmes fatales, eroine d'amore, streghe,incantatrici, principesse; l'essere angelicato che può diventare demonio, la salvezza che può diventare tentazione."
Pubblicato
da Antonella Colaninno
In
foto: Lawrence Alma-Tadema, Le nozze di
Eliogabalo (1888); William C. Wonter,
La suonatrice di Saz (1988); Frederic Leighton, Crenaia, la ninfa del fiume Dargle (1880); John W. Waterhouse, Il canto della primavera (1913); Chiostro
del Bramante.
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