Nudo di donna EGON SCHIELE















venerdì 5 febbraio 2016

IL FENOMENO JAKOB TUGGENER...TRA SETE E MACCHINE


“Tuggener riesce a realizzare fotografie industriali che lo qualificano come poeta, oltre che come pittore; un illusionista unico nel suo genere, un singolare alchimista che, pur se in quantità ridotte, è in grado di tramutare  il piombo in oro” Max Eichenberger


di Antonella Colaninno


Il MAST di Bologna è un luogo sperimentale, uno spazio espositivo nonchè centro polifunzionale dove le archeologie industriali e le idee imprenditoriali rappresentano il progetto futurista della crescita economica e culturale di una visione estetica del lavoro. Sorto nel quartiere Reno di Bologna nell’ottobre del 2013, per volere dell’imprenditrice Isabella Seragnoli, Il MAST (acronimo di Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) ospita una mostra interessante del fotografo svizzero Jakob Tuggener (1904-1988), “considerato uno dei dieci fotografi industriali di maggior spicco che siano mai esistiti”

Fotografo, ma anche regista e pittore, Tuggener si distingue per uno stile poetico e uno sguardo esistenziale che indaga sul rapporto intimo tra l’uomo e il lavoro, tra macchina e umanità. Questa poetica che unisce passione e modernità, trova il suo punto di massima riflessione nel saggio fotografico “Fabrik” pubblicato nel 1943 , sulla relazione che lega l’uomo all’universo delle macchine. Il mondo delle industrie appare dominare con la sua forza e i suoi ingranaggi, ma Tuggener indaga l’animo umano penetrando con occhio ravvicinato sulle persone e sugli oggetti, svelandone emozioni e pensieri attraverso l’obiettivo della sua Leica. 

“[…] Tuggener compose menabò pronti per la stampa: sequenze fotografiche rilegate comprendenti oltre 100 immagini originali a tutta pagina o su due pagine per le quali, però, non riuscì mai a trovare un editore adatto. L’unica eccezione fu la grandiosa “epopea illustrata della tecnica”, uscita nel 1943 con il titolo Fabrik e considerata oggi una pietra miliare nella storia del libro fotografico. Fu infatti grazie a questa pubblicazione che Tuggener trovò spazio in prestigiose collettive come la “Prima mostra internazionale biennale di fotografia” di Venezia nel 1957. Il suo destino di artista è legato alle vicende professionali e alla crisi del ’29: rimasto senza lavoro si iscrisse alla Reimann Schule di Berlino, “un’accademia privata di arte e design”. Fabrik è descritto come un pezzo di storia contemporanea e dell’umanità, un “documento vivace, scottante, uno spaccato del mondo delle macchine in tutti i suoi aspetti, sviluppi, potenzialità e limiti” (Arnold Burgauer). A prima vista, con una serie di 72 fotografie, l’artista sembra voler ripercorrere la storia dell’industrializzazione, ma da una lettura più approfondita e “con la giustapposizione associativa delle fotografie simile a un film, Tuggener mirava anche a illustrare il potenziale distruttivo del progresso tecnico indiscriminato, il cui esito, a suo vedere, era la guerra in corso, per la quale l’industria bellica svizzera produceva indisturbata.” Fabrik è considerato un successo artistico più che commerciale, poiché il testo fu svenduto e si pensa che parte dei volumi finirono persino al macero. L’opera fu sicuramente ispirata dalla conoscenza che Tuggener aveva delle fabbriche, avendo svolto un apprendistato come disegnatore tecnico proprio in uno stabilimento di Zurigo dove iniziò anche a sperimentare la fotografia. Non fu però assunto come fotografo ufficiale, ma ebbe l’incarico di realizzare “una sorta di veduta interna della fabbrica” che dovesse “colmare il divario tra operai, impiegati e direzione”, riuscendo a cogliere aspetti inconsueti e a fotografare “scene inosservate della vita quotidiana in fabbrica”.

Le immagini realizzate da Tuggener sono “composte come un montaggio cinematografico” e osservano gli aspetti inconsueti della vita quotidiana all’interno della fabbrica, per questo il fotografo riprende in primi piani il volto degli operai come il fochista o l’addetto alla caldaia, mostrando in questo modo espressioni inedite attraverso inquadrature da regista simili a sequenze “da film muto”. Ma Tuggener non realizzò solo fotografie industriali; ha lasciato infatti anche un “reportage” di immagini di balli e feste mondane nel suo stile elegante e indiscreto che indaga particolari inediti dell’alta società, rivelando la sensualità dilagante dei protagonisti e l’atmosfera estetizzante del piacere mondano. Un lavoro che però non trovò il consenso dei signori fotografati che “preferivano restare anonimi o non essere visti in compagnia di determinate signore”. Lo stesso Tuggener si definiva un artista di seta e di macchine per la sua strana predilezione per questi punti estremi della società, dove “il lusso sfrenato e le mani sporche del lavoro”, per “le donne seducenti e gli operai sudati”. “Li riteneva di egual valore artistico e rifiutava di essere classificato come un critico della società che contrapponeva due mondi antitetici.”

Pubblicato da Antonella Colaninno

In foto: Interno del MAST: Riflessi (foto di Antonella Colaninno); Nebbia (foto di Antonella Colaninno); foto da Fabrik 1933-1953; foto da Nuits de Bal 1934-1950.

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