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mercoledì 25 marzo 2020

LO SPAZIALISMO DI LICATA E MORANDIS

di Antonella Colaninno

Lo Spazialismo è un movimento artistico formatosi intorno alla ricerca di Lucio Fontana tra il 1947 e gli inizi del 1948 a Milano di cui il Manifesto Blanco, redatto da Fontana e da un gruppo di artisti argentini a Buenos Aires nel 1946, rappresenta una importante premessa. Nella sua astrazione lo Spazialismo ha una forte ascendenza esistenziale espressa in un linguaggio nuovo che interrompe le tradizioni figurative convenzionali e la dimensione di spazio inteso come materia per raccontarsi in una nuova ricerca che pone in osmosi gli spazi dell'esistenza con una rinnovata interpretazione della tela e dell'ambiente. Lo spazio diventa ora una unità narrante di luce e colore che esprime la creatività di un linguaggio simbolico che non vuole più rappresentare ma emozionare. Già la nascita delle Avanguardie aveva creato una rottura verso i canoni tradizionali di rappresentazione e verso un'estetica come culto delle velleità aprendo la strada alla libera interpretazione degli spazi trasformati in supporto per le emozioni. Se Lucio Fontana e Piero Manzoni rappresentano le radici dello Spazialismo in area lombarda, con Riccardo Licata e Gino Morandis ci troviamo in ambito veneto dove lo spazialismo si connota per l'avversione al colore naturalistico e per l'indissolubile unione di colore, spazio e materia.

Per Riccardo Licata, nato a Torino (1929) e di adozione veneziana, un costante riferimento sarà l'artista Bruno Saetti,  cui si ispirerà per l'uso di colori caldi e per la geometria delle forme, e l'ambiente lagunare dove si è formato e da cui ha desunto il valore del colore e della luce, Venezia è la città dove lo spazio e la luce sono infiniti, cielo e mare dilatano lo spazio che si apre alla luce per poi chiudersi nelle oscure e umide calli interne. Riccardo Licata non ha lasciato alcuna testimonianza di adesione al gruppo ma vi aderisce pienamente per la libertà del segno nello spazio. Negli anni '50 la sua ricerca pittorica si muove su una grande libertà compositiva in un linguaggio puramente emozionale di disarmante trasparenza dove il colore è indeciso, ancora trattenuto dalla tensione della rappresentazione figurata mentre il segno segue un andamento musicale segnato da variazioni di luce.

La geometrizzazione delle forme giunge negli anni '60 quando l'espressione si fa razionale ed enigmatica, il colore diventa espressionista, morbido e la resa emozionale si affida al valore cromatico e alla forma di pseudo geometrie.

Il colore acquista un ruolo fondamentale, la pittura diventa informale e particolarmente poetica mentre il segno si esprime volutamente in astrazioni perchè non vuole narrare ma comunicare per simboli una tensione. Il colore si stempera a volte in lumeggiature, in tonalità chiare come negli azzurri dell'opera Il giudice (1960), una tempera su carta pressata, in altri casi è materico, persino ombroso, nordico, come nell'opera Immagine, una tecnica mista su carta rintelata del 1960. Al colore libero ed emozionale di una prima fase si sostituisce ora un colore razionale che si chiude in simboliche geometrie di totem astratti e l'emozione lascia posto a un codice cifrato di ispirazione surrealista.

Lo spazio si organizza, il colore si diluisce e l'emozione si fa analitica non più resa per immediatezza, a questo periodo appartengono opere quali Composizione (1961), il Grande esterno (1961) e Ricordo la notte (1962).

Negli anni '70 il colore si fa più forte, espressionista, mentre al suo interno il segno grafico si avvale di crittogrammi che occupano uno spazio organizzato per ripartiture geometriche in sequenza ritmica.

Gino Morandis è nato a Venezia (1915), a Bologna segue le lezioni di Giorgio Morandi da cui apprende l'attenzione al valore emozionale del colore e al lirismo, espresso in una cromia tenue e sfumata e in una forma languida dal contorno tremulo.

Anche per Morandis Venezia ha ispirato lo studio della luce e le sue atmosfere misteriose tra cieli tersi e foschie, del resto l'artista veneziano ha sempre sottolineato l'importanza della tecnica nell'ambito della rappresentazione pittorica:"osservando i dipinti sia dell'antichità che della modernità esiste sempre una grande disciplina nella ricerca dei valori pittorici, sia quando si vuole realizzare con metodi tradizionali, sia quando i metodi della libertà espressiva riescono a concentrarsi in forme [...]""[...]la tecnica contribuisce a determinare la qualità dell'opera d'arte.

"Per Morandis la tecnica è disciplina nell'equilibrio tonale e compositivo che desume dalla ricercatezza pittorica e dalla preziosità di Giorgio Morandi, mentre il colore rappresenta la libertà da ogni costrizione formale e mentale. La massima espressione di questa equazione fra luce, spazio, colore è resa in opere come Bozzetto per concorso, un pastello su carta degli anni '50, e Concentrico del 1963 in cui il colore rappresenta una dilatazione dello spazio e i segni grafici sono essi stessi spazio all'interno della composizione.


Se la luce in Licata corrisponde alla espressione della sfera emotiva, quella di Morandis è una luce cosmica che corrisponde a spazi infiniti.
Pubblicato da Antonella Colaninno

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