di
Antonella Colaninno
Tappeti
ondulati, luci al neon e superfici di gomma, installati all'interno
di box dipinti di nero, sono gli elementi principali degli Ambienti
spaziali di Lucio Fontana. Esperienze effimere di quel concetto
spaziale che ha innovato la visione tradizionale dell'arte, superando
i limiti bidimensionali della tela. Gli ambienti/Environments,
destinati gia dal loro concepimento ad avere vita breve, sono grandi
opere realizzate da Fontana per istituzioni e musei italiani e
internazionali, nell'arco di un ventennio, compreso tra il 1949 e il
1968, concepiti come architetture sul prototipo del corridoio e
distrutti successivamente dallo stesso artista. Spazi dell'abitare
per la dimensione più intima dell'essere che Pirelli Hangar Bicocca
ha voluto ricostruire in nove esemplari in una mostra storica che
propone anche due Interventi ambientali, un complesso
lavoro di ricerca di una memoria sommersa e poco conosciuta anche
agli addetti ai lavori. La progettualità rivoluzionaria di Fontana
non accolse in quegli anni il consenso della critica che non comprese
l'innovazione della sua ricerca sperimentale che non sfuggì, però,
all'attenzione degli architetti e di Giò Ponti, che dedicò
all'artista la copertina del numero 236 della rivista Domus. Gli
Ambienti spaziali, tra astrazione e suggestione, si ispirano alla
"percezione dinamica della forma" e all'idea che luce e
colore possono modificare lo spazio. Essi rappresentano il punto
cruciale di quanto teorizzato da Fontana nei suoi scritti e nello
storico Manifesto Blanco del
1946 sulla rappresentazione possibile di tempo e spazio attraverso
"forme artificiali, arcobaleni di meraviglia, scritte luminose",
sino alla nascita dello Spazialismo o Movimento spaziale nel 1947 in
Italia e del concetto di terza dimensione nella tela, attraverso i
buchi e i successivi tagli, a partire dalla fine degli anni
Cinquanta. Per la mostra "Ambienti/Environments", afferma
Barbara Ferriani, "sono state meticolosamente ricercate non solo
le fonti storiche, ma anche quelle materiali, in modo da restituire
in modo puntuale ogni dettaglio significativo degli ambienti. Questi
lavori sono opere immersive, che richiedono la partecipazione dello
spettatore, e la loro ricostruzione completa rappresenta spesso
l'unica possibilità di fruirle nella loro interezza."
Nei box, disposti indipendentemente gli uni dagli altri, sono ricostruiti i nove Ambienti, che sono percorribili dal fruitore che ne coglie l'ineffabile leggerezza e la razionalità progettuale
Nei box, disposti indipendentemente gli uni dagli altri, sono ricostruiti i nove Ambienti, che sono percorribili dal fruitore che ne coglie l'ineffabile leggerezza e la razionalità progettuale
Il percorso
espositivo inizia con l'Intervento ambientale del 1951 dal titolo
Struttura al Neon per la IX Triennale di
Milano. Si
tratta di un grande neon sospeso al soffitto, "un arabesco
fluorescente di circa cento metri" su base azzurra, realizzato per decorare gli
ambienti della IX Triennale di Milano. L'opera introduce al primo
degli Ambienti, Ambiente spaziale a luce
nera (1948-1949),
presentato alla Galleria del Naviglio di Milano nel 1949. La stanza è
illuminata dalla luce di Wood, e propone una scultura sospesa dalle
forme astratte e dai colori fluorescenti. I due ambienti chiamati
Utopie, furono realizzati dall'artista
nel 1964 per la XIII Triennale di Milano in collaborazione con
l'architetto Nanda Vigo. Gli ambienti corridoi si presentano l'uno
nero, con una serie di fori a parete ondulata da cui fuoriesce una
luce al neon di colore verde, e l'altro con muri e soffitto di colore
rosso, con lastre in vetro sospese dall'alto e tubi luminosi. Questa
idea di rivoluzione percettiva, resa dall'oscurità e dagli
stranianti effetti ottici al neon, è presente anche nel successivo
Ambiente spaziale che
fu collocato al Walker Art Center di Minneapolis nel 1966.
L'alterazione del livello percettivo è enfatizzato dai tre ambienti
a struttura labirintica presentati nel 1967 allo Stedelijk Museum di
Amsterdam e in seguito al Van Abbemuseum di Eindhoven (Ambiente
spaziale, Ambiente spaziale con neon, Ambiente spaziale a luce
rossa). Ambiente
spaziale in Documenta 4, a Kassel è uno
spazio labirintico dipinto di bianco e con un taglio sul muro.
Al
termine del percorso espositivo è collocato l'intervento ambientale
monumentale in verde dal titolo Fonti di
energia, soffitto di neon per "Italia 61" a Torino,
con tubi colorati di luce al neon, realizzato da Fontana a Torino nel
1961 per il padiglione Energie per celebrare il centenario dell'Unità
d'Italia. Il problema dello spazio come luogo del vuoto e dell'essere
è stato il punto centrale della riflessione teorica e della
esperienza sensibile di Lucio Fontana sin dagli anni Trenta quando ha
iniziato a collaborare con importanti architetti quali Luciano
Baldessarri, Marco Zanuso e Marcello Grisotti. Tra i principali
esponenti dello Spazialismo, Fontana ha anticipato la ricerca del
movimento Light and Space, nato negli Stati Uniti tra il 1960 e il
1970. Gli spazi-ambiente sono stati
distrutti dall'artista dopo ogni esposizione ad eccezione di quello
presentato alla Galleria del Deposito di Genova nel 1967, oggi conservato al
Musèe d'Art Contemporain de Lyon.
Pubblicato
da Antonella Colaninno
Evento
a cura di Marina Pugliese, Barbara Ferriani e Vicente Todoli, in
collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana
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