Nudo di donna EGON SCHIELE















mercoledì 4 ottobre 2017

LUCIO FONTANA AMBIENTI/ENVIRONMENTS


di Antonella Colaninno
Tappeti ondulati, luci al neon e superfici di gomma, installati all'interno di box dipinti di nero, sono gli elementi principali degli Ambienti spaziali di Lucio Fontana. Esperienze effimere di quel concetto spaziale che ha innovato la visione tradizionale dell'arte, superando i limiti bidimensionali della tela. Gli ambienti/Environments, destinati gia dal loro concepimento ad avere vita breve, sono grandi opere realizzate da Fontana per istituzioni e musei italiani e internazionali, nell'arco di un ventennio, compreso tra il 1949 e il 1968, concepiti come architetture sul prototipo del corridoio e distrutti successivamente dallo stesso artista. Spazi dell'abitare per la dimensione più intima dell'essere che Pirelli Hangar Bicocca ha voluto ricostruire in nove esemplari in una mostra storica che propone anche due Interventi ambientali, un complesso lavoro di ricerca di una memoria sommersa e poco conosciuta anche agli addetti ai lavori. La progettualità rivoluzionaria di Fontana non accolse in quegli anni il consenso della critica che non comprese l'innovazione della sua ricerca sperimentale che non sfuggì, però, all'attenzione degli architetti e di Giò Ponti, che dedicò all'artista la copertina del numero 236 della rivista Domus. Gli Ambienti spaziali, tra astrazione e suggestione, si ispirano alla "percezione dinamica della forma" e all'idea che luce e colore possono modificare lo spazio. Essi rappresentano il punto cruciale di quanto teorizzato da Fontana nei suoi scritti e nello storico Manifesto Blanco del 1946 sulla rappresentazione possibile di tempo e spazio attraverso "forme artificiali, arcobaleni di meraviglia, scritte luminose", sino alla nascita dello Spazialismo o Movimento spaziale nel 1947 in Italia e del concetto di terza dimensione nella tela, attraverso i buchi e i successivi tagli, a partire dalla fine degli anni Cinquanta. Per la mostra "Ambienti/Environments", afferma Barbara Ferriani, "sono state meticolosamente ricercate non solo le fonti storiche, ma anche quelle materiali, in modo da restituire in modo puntuale ogni dettaglio significativo degli ambienti. Questi lavori sono opere immersive, che richiedono la partecipazione dello spettatore, e la loro ricostruzione completa rappresenta spesso l'unica possibilità di fruirle nella loro interezza." 

Nei box, disposti indipendentemente gli uni dagli altri, sono ricostruiti i nove Ambienti, che sono percorribili dal fruitore che ne coglie l'ineffabile leggerezza e la razionalità progettuale
 
                                    
Il percorso espositivo inizia con l'Intervento ambientale del 1951 dal titolo Struttura al Neon per la IX Triennale di Milano. Si tratta di un grande neon sospeso al soffitto, "un arabesco fluorescente di circa cento metri" su base azzurra, realizzato per decorare gli ambienti della IX Triennale di Milano. L'opera introduce al primo degli Ambienti, Ambiente spaziale a luce nera (1948-1949), presentato alla Galleria del Naviglio di Milano nel 1949. La stanza è illuminata dalla luce di Wood, e propone una scultura sospesa dalle forme astratte e dai colori fluorescenti. I due ambienti chiamati Utopie, furono realizzati dall'artista nel 1964 per la XIII Triennale di Milano in collaborazione con l'architetto Nanda Vigo. Gli ambienti corridoi si presentano l'uno nero, con una serie di fori a parete ondulata da cui fuoriesce una luce al neon di colore verde, e l'altro con muri e soffitto di colore rosso, con lastre in vetro sospese dall'alto e tubi luminosi. Questa idea di rivoluzione percettiva, resa dall'oscurità e dagli stranianti effetti ottici al neon, è presente anche nel successivo Ambiente spaziale che fu collocato al Walker Art Center di Minneapolis nel 1966. L'alterazione del livello percettivo è enfatizzato dai tre ambienti a struttura labirintica presentati nel 1967 allo Stedelijk Museum di Amsterdam e in seguito al Van Abbemuseum di Eindhoven (Ambiente spaziale, Ambiente spaziale con neon, Ambiente spaziale a luce rossa). Ambiente spaziale in Documenta 4, a Kassel è uno spazio labirintico dipinto di bianco e con un taglio sul muro. 

Al termine del percorso espositivo è collocato l'intervento ambientale monumentale in verde dal titolo Fonti di energia, soffitto di neon per "Italia 61" a Torino, con tubi colorati di luce al neon, realizzato da Fontana a Torino nel 1961 per il padiglione Energie per celebrare il centenario dell'Unità d'Italia. Il problema dello spazio come luogo del vuoto e dell'essere è stato il punto centrale della riflessione teorica e della esperienza sensibile di Lucio Fontana sin dagli anni Trenta quando ha iniziato a collaborare con importanti architetti quali Luciano Baldessarri, Marco Zanuso e Marcello Grisotti. Tra i principali esponenti dello Spazialismo, Fontana ha anticipato la ricerca del movimento Light and Space, nato negli Stati Uniti tra il 1960 e il 1970. Gli spazi-ambiente sono stati distrutti dall'artista dopo ogni esposizione ad eccezione di quello presentato alla Galleria del Deposito di Genova nel 1967, oggi conservato al Musèe d'Art Contemporain de Lyon.

Pubblicato da Antonella Colaninno

Evento a cura di Marina Pugliese, Barbara Ferriani e Vicente Todoli, in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana

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