Nudo di donna EGON SCHIELE















sabato 25 dicembre 2010


MUSEO DEL NOVECENTO




L’apertura del nuovo Museo del Novecento a Palazzo dell’Arengario a Milano porta a conclusione il lungo percorso di ricerca di una sede definitiva nella storia delle civiche raccolte, offrendo i suoi spazi ad una delle più importanti collezioni di arte italiana del Novecento. I lavori di ristrutturazione dell’Arengario, iniziati nel giugno del 2007, si sono conclusi nel 2010. Il concorso per la riqualificazione dell’edificio bandito nel 1999 fu vinto nel 2001 dal Gruppo Rota che ha operato su una superficie di 3500 mq a cui sono stati aggiunti i 2000 mq del secondo piano di Palazzo Reale. Un percorso dell’arte del Novecento che arricchisce le collezioni milanesi e offre ai visitatori la possibilità di ammirare tra le altre, alcune delle opere più significative delle avanguardie storiche. Il percorso museale inizia con l’opera il Quarto Stato (1898-1902) di G. Pelizza da Volpedo, un’opera che con i suoi grandi significati sociali si pone come emblema dei grandi cambiamenti di costume che hanno segnato la fine di un secolo e l’inizio di una nuova storia e di nuove sperimentazioni nei linguaggi dell’arte. Tante le opere in esposizione: dal Ritratto di Paul Guillaume (1916) di Modigliani, austero ed elegante nella sintesi di un plasticismo morbido paradossalmente enfatizzato da una linea spigolosa e irregolare, all’importante sezione dedicata ai Futuristi con la scultura di Boccioni Forme uniche della continuità nello spazio, una ricerca su un nuovo modo di concepire i rapporti tra spazio e volumi alla luce della simultaneità e della continuità della materia. La serie degli Stati d’animo rappresenta la percezione dinamica di alcuni particolari stati emotivi e risponde alla legge di un dinamismo che coinvolge completamente la realtà. Una piccola sala è dedicata all’opera di Giorgio Morandi, alle sue straordinarie composizioni di oggetti uniti per assonanza di forme e di sfumature tonali. Al secondo piano una piccola sala ospita le sculture di Arturo Martini tra le quali l’opera dal titolo La Sete (1934) dai toni drammatici sia nella resa plastica che nella scelta di una pietra porosa. L’esposizione di opere prosegue con quegli artisti come Carlo Carrà e Felice Casorati che hanno lavorato al recupero della classicità e della monumentalità attraverso la ricerca dei valori formali e delle “suggestioni della metafisica”, tra naturalismo e intimismo. E ancora Filippo de Pisis con le sue inquietudini espresse attraverso uno stile vibrante, Lucio Fontana con il bronzo la Signorina seduta (1934), che evidenzia un plasticismo metafisico che si coniuga al valore cromatico, Fausto Melotti con le sue astrazioni geometriche in perfetta armonia nello spazio e Osvaldo Licini con le sue intime composizioni tra poesia e razionalità. Como e Milano sono state anche le due città della ricerca dell’astrattismo in Italia negli anni trenta; un esempio è  l’installazione ambientale di Fontana Struttura al neon per la IX Triennale di Milano, 1951 (2011) che crea una sintesi tra spazio e luce. Il terzo piano ospita una saletta dedicata ad Alberto Burri e alle sue composizioni materiche che uniscono pittura e materiali extrapittorici in un continuo mutare di esperienze creative. L’informale di Ennio Morlotti con il suo naturalismo sentimentale e la libertà dei segni di Carla Accardi che rappresentano il simbolo di un linguaggio arcano e di una gestualità veloce. Sulla parete di fondo solitaria e sensuale la Rosa nera (1966) di Jannis Kounellis, dipinta a smalto nero industriale su un fondo chiaro, una ricerca creativa che si orienta verso la non pittura, verso l’appiattimento della forma che si smaterializza sino a diventare colore puro. L’arte come rivoluzione di pensiero, come riscoperta dell’ unicità dell’artista che trasmette il proprio pensiero nella materia in un rapporto diretto; l’arte è un’operazione concettuale che annulla qualsiasi procedimento creativo se non quello di dare nuovi significati alle cose. La ricerca di Piero Manzoni e del lavoro Merda d’artista del ’61 si orienta in questa direzione. Il Museo del Novecento ospita anche alcune opere di artisti del Gruppo T fondato a Milano nel 1958 tra cui quelle di Grazia Varisco e la Struttura tricroma del 1964 di Giovanni Anceschi, una combinazione di quattro elementi cubici in legno e metallo con sistema di illuminazione “a sintesi cromatica additiva e quattro motori elettromeccanici”, sperimentazioni sulla percezione ottica e sul movimento nello spazio. Ancora Luciano Fabro con la sua Croce, 1965 (2001) in acciao inossidabile, uno studio sulla abitabilità dello spazio e sulla scultura come minimalismo della forma e annullamento dei valori plastici. Le ultime due sale raccolgono opere di artisti dell’arte povera tra cui Mario Merz e la sua Zebra (Fibonacci) del 1973, un animale impagliato e una sequenza di dodici cifre ispirata a Leonardo Fibonacci matematico del ‘200 e alla legge della proliferazione biologica.

Scritto da Antonella Colaninno

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