Nudo di donna EGON SCHIELE















domenica 7 agosto 2011

THE ART OF NOT MAKING




L’arte del non fare è il titolo di un articolo provocatorio a firma di Chiara Pasqualetti pubblicato sul numero di agosto 2011 del mensile Arte. L’articolo prende spunto dal libro edito dalla Thames & Hudson (208 pagine, 38,90 euro) del critico inglese Michel Petry, dal titolo omonimo The art of not making.
Artisti che diventano registi che “non si sporcano le mani, lavorano in èquipe e guidano i gesti di chi esegue meglio di loro, elevando ad arte il non-fare.” L’idea dell’opera nasce da artisti di fama come Kapoor, Subodh Gupta e William Cobbing che però fanno realizzare i propri progetti “negli atelier di specialisti sparsi nel mondo.” Questo il destino di opere importanti, come il busto-campana in bronzo raffigurante un uomo dal volto espressivo con gli occhi chiusi e le labbra serrate, che porta la firma dell’artista anche se a realizzarla ci hanno pensato gli artigiani scozzesi di Berwik. Allo stesso modo, l’ha pensata Subodh Gupta che si è fatto realizzare la suggestiva opera-installazione dal titolo Line of control (2008), uno spettacolare fungo atomico fatto di pentole, padelle, vassoi e mestoli di acciaio assemblati tra loro.

La Pasqualetti si chiede di chi siano realmente queste opere, a chi appartengano. Mi domando invece se l’artista possa scindere il proprio progetto dal valore artistico, manuale, creativo e artigianale, che mette sempre più in discussione il ruolo dell’artista contemporaneo rispetto a una complementarità di competenze che sembrano appartenere ormai ad un passato lontano. Ibridi snaturati, prodotti di un agire e di un pensare globale che confonde ancora una volta i ruoli mettendo in discussione valori estetici e competenze, se è vero che la manualità forgia la materia dandole quel personale tocco di stile e carattere che la contraddistingue per unicità. Un’opera d’arte diventa sempre più un prodotto della pura progettualità, un’architettura su scala da far realizzare ad “operai”di cantiere". “Spettacolari lavori di gruppo, imprese extralarge per gli eredi di Duchamp”, scrive la Pasqualetti se è vero continua, che la questione è stata aperta nel 1917 dall’orinatoio di Duchamp. Anche l’artista brasiliano Saint Clair Cemin si è rivolto ad artigiani esperti di Pechino che lavorano seguendo antiche tecniche ottocentesche. Conclude l'autrice con una nota all’artista Roni Horn che per la sua scultura “lamellare” in oro dal titolo Paired gold mats, for Ross and Felix (1994), si è avvalsa personalmente di una macchina a rullo e di una fiammella che hanno ridotto i due etti di oro in sottili lamine di metallo prezioso.

Scritto da Antonella Colaninno


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