Nudo di donna EGON SCHIELE















martedì 12 gennaio 2010

GIOVANNI BOLDINI E LA BELLE EPOQUE


“La modernità è il transitorio, il fuggitivo, il contingente,
la metà dell’arte, di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile (..) perché ogni modernità acquisti il diritto di diventare antichità, occorre che ne sia stata tratta fuori la bellezza misteriosa che vi immette, inconsapevole, la vita umana”
(C. Baudelaire, Le peintre dela vie moderne, Paris 1863)



di Antonella Colaninno

Sul finire del XIX secolo Parigi è stata capitale della cultura, città ricca di fermenti e sede delle Esposizioni Universali. La Ville Lumiere diventava, in quegli anni, il mito dell’eleganza e della bella vita e la Belle Epoque esprimeva il benessere dei ceti medi, come modello di una società borghese liberale e laica. Parigi si presentava, nel mondo, come un esempio di società di successo, come laboratorio per un confronto culturale e, per i pittori, era la vetrina ideale per costruirsi fama e successo. Ma c’era anche un’altra Parigi che viveva all’ombra dell’euforia travolgente della Belle Epoque. Miseria, prostituzione e corruzione rappresentavano l’altra faccia della città, erano i profondi contrasti di una città stordita e ubriacata dall’eccitazione delle Folies Bergère e del Moulin Rouge, inconsapevole, ancora, dei drammi che avrebbe costruito sulla propria storia. Quelle contraddizioni profonde che ritroviamo nella produzione artistica delle illustrazioni satiriche, e nelle pagine della letteratura francese di Zola, Balzac e Maupassant, velate dalla sottile denuncia sociale. Gli artisti italiani furono affascinati dalla vivacità culturale della capitale francese, considerata città del lusso e quindi dei facili guadagni. Fu per questo che Giovanni Boldini, pittore ferrarese, giunse a Parigi nel 1867 lasciandosi alle spalle l’esperienza fiorentina dei macchiaioli. A Parigi la sua creatività venne stimolata dal vivace ambiente culturale: affidatosi al mercante Goupil, Boldini iniziò a farsi conoscere; egli rappresenta, infatti, lo specchio della Belle Epoque, con la sua leggerezza e il suo amore per la vita, ed esprime tutta la sensibilità del suo tempo: il positivismo, la mondanità e la cultura decadente. Fu un ritrattista attento al dettaglio e alla “aristocraticità del buon gusto”
Le sue donne conservano, infatti, una certa classicità, benchè si accostino alla ritrattistica impressionista basata sulla estemporaneità della figura. Montesquieu scriveva che: “L’immortalità dell’anima dei ritratti si alimenta solo nell’attualità”; perchè essi sono parte del costume di un’epoca. Boldini riduce le relazioni di spazio tra le figure e gli oggetti e i suoi ritratti si caratterizzano per una certa severità e per una grazia sublimata. La sua ricerca pittorica si fa audace nei virtuosismi che esaltano una “femminilità moderna”, dove la quotidianità si veste di grazia e di amore per il dettaglio e rappresenta un’esperienza variegata di espressioni spontanee. Per Baudelaire, il “dualismo della bellezza è fatto di una componente eterna e invariabile, difficilmente quantificabile e di un elemento relativo, circostanziabile nell’epoca, nella moda, nella morale, nella passione e pure insopprimibile per il pericolo di cadere nel vuoto di una bellezza astratta." "Ebbene possiamo dire che Boldini ha dato a questo secondo aspetto, transitorio e sfuggente, un peso notevole, sebbene non assoluto. Così, la sua pittura vive del riflesso di un momento storico e si eleva ai valori classici di un genere figurativo.” Baudelaire affermava che per il pittore della vita moderna la donna “è piuttosto una divinità, un astro [..] una luce, uno sguardo, un invito alla felicità, e talvolta il suono di una parola; ma soprattutto è un’armonia generale, non solo nel gesto e nel movimento delle membra, ma anche nelle mussole, nei veli, negli ampi e cangianti lembi di stoffe in cui si avvolge, che sono come gli attributi e il fondamento della sua divinità.”


La transitorietà di Baudelaire si esprime in Boldini nell’accelerazione del movimento, nella linea dinamica e guizzante, nella moda di un accessorio. La stessa figura diventa una sintesi di linee veloci. Boldini fa uso di una pennellata larga e sinuosa nella ricerca attenta del vero che coglie l’effimero e la transitorietà della modernità...non dipingeva le sue donne ma le accarezzava. Donne sensuali e dolcemente ironiche, dalla pelle chiara e dalle movenze languide. Il ritratto consentì all'artista di entrare a far parte della buona società e di raggiungere la sicurezza economica. La contessa Gabrielle de Rosty fu sua amante e modella e lo introdusse nel bel mondo della Parigi di fine siecle. Bruna, carnagione eburnea, la de Rosty diventò modella prediletta nei ritratti e nei nudi. Ritratto della contessa di Rosty in piedi (1878) esprime un erotismo raffinato e discreto, svelato nella morbidezza del collo e reso accattivante dalle pieghe morbide del tessuto che fascia il corpo della modella.  Il concetto di transitorietà si fa esplicito in opere come Le viole del pensiero (1910), La divina in blu (1905) e La Passeggiata (1895-1905). Il dinamismo si esprime nell'essenzialità di pennellate veloci che si sovrappongono sulle forme diafane e leggere che sembrano, per questo, attraversare lo spazio che si smaterializza in una sintesi di linee oblique rese come colpi di frusta. 
Anche l’artista pugliese Giuseppe De Nittis giunse a Parigi nel 1867, dove fu seguito dal mercante Goupil. Definito il pittore della vita moderna, condivise la ricerca impressionista della luce e dipinse le atmosfere gioiose della vita parigina e la transitorietà della città, simbolo della vita moderna. Donne maliziose abbigliate alla moda che ricordano quelle dell’amico Boldini come La signora con pappagalli (1870) e L’appuntamento (1870), dove la pennellata leggera rileva la percezione del frusciare delle foglie e il lieve rumore dei passi delle due donne. 
De Nittis fu cronista della vita parigina di cui ha immortalato i vizi della borghesia, le vedute urbane e i clichè à la mode. L’Amazzone (1875) rappresenta la donna moderna e la mobilità urbana ed è una tipologia di figura frequente nelle raffigurazioni dell’epoca. 

Il salotto della Principessa Mathilde (1883) descrive, invece, gli ambienti del salotto più esclusivo di Parigi, quello di Mathilde Bonaparte, nipote di Napoleone, che i De Nittis frequentavano abitualmente. L’anziana principessa è ritratta al centro della sala con un elegante abito dècolletè, mentre conversa con un amabile signore dalla barba bianca. Questo dipinto fu di proprietà di De Nittis e venne esposto alla XI Biennale di Venezia prima di essere donato alla città di Barletta. Un’aura metafisica ma pulsante di vita caratterizza la femminilità inquieta delle donne del livornese Vittorio Corcos. Grazia e gusto decadente investono queste “creature che hanno in sé qualche cosa del fantasma e del fiore”, una poetica di contenuti e di vibrazioni estetiche. Donne malinconiche che esprimono lo spirito inquieto di fine secolo. 


Dopo un periodo trascorso a dipingere ventagli e copertine di spartiti musicali, sarà Giuseppe De Nittis ad avviare la svolta artistica di Corcos durante il suo soggiorno parigino, dove fu notato dal mercante Goupil. Inserito nella vita della Ville Lumiere, Corcos iniziò a frequentare i circoli culturali della capitale, dove incontrava amici artisti e letterati. 
Antonio Mancini è, invece, l’artista bohemien per eccellenza. Lasciata Napoli, si trasferì a Parigi dove entrò in relazione con De Nittis e Boldini il quale mostrò da subito avversione verso il talentuoso collega. I ritratti di Mancini risentono di quel verismo  di scuola napoletana pieno di umanità e di gusto popolare, incline all’introspezione e velato di malinconica dolcezza. 
Volti di bambini pensosi da cui traspare emotività e riservatezza, come Lo scolaretto (1872), Scugnizzo con salvadanaio (1874), Bambina con fazzoletto giallo e lo Scolaro poveroFederico Zandomeneghi fu una personalità schiva. Veneziano di nascita, si trasferì a Parigi nel 1874. 

Nella sua pittura l'artista sublima le modelle quanto le donne da marciapiede. Il suo stile si impone per l’ariosità di una composizione luminosa che ha l’effetto tremulo e sbiadito di una vecchia fotografia e di una pittura divisionista che attinge a Seurat e Signac. Scene domestiche (Mère et fille 1879-1880 La tasse de the 1903) e momenti di austero raccoglimento ( La lecture 1900 La jeune fille au bouquet 1900-1903) fermano l’attenzione sui particolari della composizione e sull’eleganza delle figure assorte in un'estatica concentrazione.

Pubblicato da Antonella Colaninno


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