Nudo di donna EGON SCHIELE















mercoledì 24 marzo 2010


CARAVAGGIO
SCUDERIE DEL QUIRINALE
ROMA

20 FEBBRAIO – 13 GIUGNO 2010


La mostra romana celebra i 400 anni dalla morte di Michelangelo Merisi (1571–1610) detto il Caravaggio, dal nome della cittadina lombarda nella quale aveva vissuto, e si propone di offrire al visitatore la produzione certa di questo artista tanto discusso che ha rinnovato l’idea stessa di naturalismo. Sino al 13 giugno sarà possibile ammirare i capolavori del Caravaggio provenienti dalle sedi romane e dai più importanti musei al mondo; 24 le opere dipinte dal maestro della luce, che non saranno però visibili durante il complessivo periodo della mostra per esigenze legate ad altre iniziative organizzate in contemporanea. Caravaggio, “pittore maledetto”, ritrovò una sua identità nello spirito romantico dei “Poeti maledetti”, l’opera di Paul Verlaine del 1884 in cui poeti come lo stesso Verlaine e Rimbaud componevano versi trasgressivi. Spirito irrequieto, come molti artisti in quegli anni, è stato oggetto di zuffe e di risse che lo hanno coinvolto anche in un omicidio mentre partecipava al gioco della pallacorda. È la storia a documentare le denunce a suo carico, come quella del pittore nonché suo biografo Giovanni Baglione e la sua condanna a morte per omicidio nel 1606, alla quale sfuggì per una morte accidentale che lo sorprese all’improvviso, nonostante gli fosse stata donata la grazia. Fu artista precoce, a bottega già ad 11 anni dal Peterzano e a 17 anni realizzò il suo primo capolavoro. La luce è lo strumento con il quale il Caravaggio indaga la natura, rileva le emozioni, raggiunge una sacralità in ciò che è profano, in questa sua ricerca continua di verità attraverso una licenziosità dissacrante. Il suo realismo da una lettura nuova alla pittura sacra, ad una iconografia che aveva usato sino ad allora, un linguaggio di stereotipi. Caravaggio è maestro di un nuovo linguaggio che racconta la vita nella dialettica tra sacro e profano, nel contrasto tra la luce e l’ombra. Tra le opere in mostra il “San Giovannino”(1600 ca) proveniente dai Musei Capitolini di Roma; un dipinto simbolico nel quale l’ariete rappresenta il Cristo e si sostituisce al tradizionale agnello. La luce è l’elemento che rischiara dal buio del peccato, benché qui non evidenzi lo spirito ma il plasticismo dei volumi; la luce accarezza il corpo del giovane evidenziandone il delicato vigore, la leggera tensione muscolare e la posizione delle gambe che sottolinea un esplicito erotismo. Lo sguardo caldo e limpido e il sorriso sereno inducono a pensare alla omosessualità di Caravaggio che molti hanno attribuito all'artista. Il volto androgino è simbolo di equilibrio poiché unisce la dialettica degli opposti e allude al divino. Il drappo rosso e la pelle di cammello sono gli attributi di Giovanni, mentre la gamba levata indica resurrezione e il tronco d’albero secco la morte, una dialettica questa che rappresenta l’essenza stessa di Gesù figlio di Dio fattosi uomo. Anche la canestra di frutta che ritroviamo in alcune opere del Caravaggio, come l’opera omonima della Pinacoteca Ambrosiana di Milano, eseguita quasi sicuramente per il Cardinale Federico Borromeo, o la “Cena in Emmaus” è ricca di simbologie; l’uva e il melograno sono il simbolo del martirio di Cristo, ma soprattutto sono l’emblema di un nuovo naturalismo costruito sulla luce che amplifica i valori plastici e la percezione del gusto e del tatto. Il “Fanciullo con canestra” (1593-94), proveniente dalla Galleria Borghese, è un’opera classicheggiante nell’enfasi della struttura compositiva. Un’immagine sensuale per le labbra dischiuse, la spalla scoperta e il capello vaporoso dell'adolescente, tra sacro e profano. Questi efebi androgini sono somiglianti tra loro e sono riconducibili alla fisionomia del Caravaggio. La “Deposizione”(1602-1604) della Pinacoteca Vaticana, fu una delle sue prime pale d’altare, realizzata per Santa Maria in Vallicella a Roma. Nel realismo sconcertante l’elemento sacro si universalizza nella dimensione popolare. La luce e l’ombra rilevano il dramma umano di Cristo. L’interpretazione in chiave popolare contrasta con gli ambienti sacri della chiesa e comunica un verismo forte che da un nuovo volto alle figure dei santi che assumono le sembianze dei volti segnati e affaticati dei contadini.


ANTONELLA COLANINNO

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