Nudo di donna EGON SCHIELE















lunedì 22 marzo 2010

EDWARD HOPPER





“I quadri di Hopper contengono molto più di quel che si vede…” Nel 1956 il Time dedicò all'artista la copertina e un articolo intitolato “Il testimone silenzioso”.
Un romanticismo urbano che si consuma nelle stanze di un albergo e si respira nelle vedute di campagna e negli scorci di paesaggi marini.
“L’intimo stupore e, allo stesso tempo, l’estraneità estatica di Hopper nei confronti degli oggetti e delle figure….diedero luogo a una pittura emblematica del suo complesso “rapporto col mondo”…..”interni ed esterni che sono messi in relazione tra di loro in maniera problematica e che sono allusivi della impossibilità di una vera corrispondenza tra il dentro e il fuori, il finito e l’infinito, il cuore dell’uomo e il senso dell’universo.”Tutto questo è Edward Hopper, pittore del quotidiano, della solitudine dell’uomo e dell’America “dei miti infranti”. Rivela l’anima più intima dell’America del XX secolo, modello di integrazione e di libertà. Pittore, acquerellista e incisore, Hopper ha espresso un senso di sconfinata solitudine quale condizione naturale dell’uomo, resa attraverso gli spazi aperti, gli umori umidi e le vaste campiture. “Un genio delle finestre guardate da dentro e da fuori”. Il mondo esterno si sovrappone a quello interiore creando una delicata e indefinibile fusione luminosa.

 La percezione di una sottile tensione interiore si compenetra alle vibrazioni del vento e della umidità e ad una luce che penetra la scena e taglia l’immagine come in un set cinematografico. Vi sono opere che rilevano una grande “qualità cinematografica”come “New York Movie”.

La mostra pone l’attenzione sulla produzione dei disegni, meno studiati rispetto alla complessità della sua opera, considerati da lui stesso idee, processi di elaborazione. Il disegno è un’idea che prende forma. Il disegno era un gesto pensato e creativo che andava oltre un puro esercizio tecnico.
Hopper non entra mai nel dettaglio, non è mai esplicito. Pittore dell’intimità e della introspezione, rileva l’intensità del desiderio nell’assenza dell’oggetto; ciò che è anonimo svela “i recessi più profondi della psiche umana”. C’è in Hopper, un’emotività sottile, sfumata; la sensibilità è nelle sfumature del colore, nel fare silenzioso e discreto. I tagli di luce sono in relazione con gli stati emotivi che si avvalorano paradossalmente nel silenzio e nel ruolo anonimo delle cose. Hopper gioca tra lo spazio interiore e quello esterno che rappresenta una dialettica psicologica che si traduce in una dolcezza inquietante. Hopper è maestro nella resa della luce; egli stesso affermava: “Tutto quello che ho sempre voluto fare è dipingere la luce del sole sul lato di una casa”. “Un pittore dipinge per rivelare se stesso attraverso quello che vede nei suoi oggetti”.Il realismo di Hopper divenne un vero e proprio stile e la critica del tempo vide in lui la voce dell’individualismo americano.

Hopper non si riconosceva completamente nella definizione del pittore della solitudine. Alfred Barr, direttore e fondatore del Museum of Modern Art e sostenitore dell’avanguardia europea, nel 1933 dedicò ad Hopper una personale al Museum, dedicando così, ad un artista americano vivente ben tre mostre.
Durante il suo soggiorno a Glouchester e nel Maine, Hopper fu attratto dalle architetture vittoriane, mentre predilesse forme molto semplici durante il suo soggiorno a Truro a Cape Code nel Massachusetts. Architetture solitarie quasi spettrali come “House by the Railroad"del 1925 a cui si è ispirato Alfred Hitchcock per il film Psycho del 1960, o “Rooms for Tourist”del 1945 o “Haskell’s House” del 1924. A queste Hopper sostituisce immagini di fattorie tra distese d’erba al vento, come “Ryders House”del 1933 e “Sera a Cap Code”del 1939 e tranquilli scorci di case sul mare, addossate alle coste di spiaggia come “Cold Storage Plant”del 1933. L’attenzione di Hopper per le atmosfere rarefatte come in “Queensborough Bridge”del 1913 o “Notre Dame de Paris”del 1907 gli derivava dall’Impressionismo che apprezzava molto; era stato infatti tre volte a Parigi; e questi dipinti rilevano la sensazione di una percezione, la rappresentazione di un ricordo. L’Impressionismo fu per lui l’esperienza decisiva per portare l’impressione immediata verso la terza dimensione nella quale la sua visione interiore entra in relazione con la natura e la vita moderna.
La sensualità di Hopper è nella sua personale visione del mondo, nello scrutare all’interno delle stanze, negli scorci dei paesaggi rubati ad occhi indiscreti. Le donne negli interni emanano un fascino che viene enfatizzato dalla luce; la loro solitudine rimanda ad una attesa, a una situazione che deve ancora accadere o piuttosto ad un evento già trascorso.



Questa narrazione aumenta il senso di incertezza poichè lascia immaginare possibili esiti. E’ questo il gioco della seduzione che alimenta il desiderio e che sfugge a qualsiasi logica precisa.
Secondo quanto scrive Demetrio Paparoni, in Hopper l’erotismo si lega alla distanza che la donna riesce a mettere tra sé e l’uomo, creando un rapporto di dipendenza psicologica che alimenta l’ansia del desiderio. Hopper è l’artista della distanza; lo spettatore non viene introdotto nel quadro ma ne resta affascinato dall’esterno.
Non c’è un erotismo diretto, ma sottile, elegante, intrigante e sensuale. Ciò che coinvolge è l’atmosfera e non il soggetto in sé, che è inconsapevole di essere guardato. E’questa narrazione velata, non esplicita che genera erotismo. “L’erotismo è il divenire di una sensazione, il suo prolungarsi nel tempo. E’vita. Questo contrariamente a quanto avviene con il sesso, invece, che con l’orgasmo segna l’esaurimento di una energia vitale…” “…quello di Hopper è un erotismo intimo, in qualche modo pudico, interamente giocato nel rapporto mentale con la moglie, che è il modello di ogni sua raffigurazione al femminile. Questa concezione dell’erotismo porta Hopper a evitare ogni forma di postura teatrale di accanimento sulla figura, esattamente l’opposto di quanto fa Balthus nei suoi dipinti. In Hopper c’è l’interesse per il teatro e non per la teatralità dei comportamenti…” “Una delle componenti della dimensione erotica dei dipinti di Hopper sta dunque nel trasformare la compagna della sua vita in una sconosciuta, impenetrabile e mentalmente distaccata, una donna che, mettendo distanza, crea soggezione e nello stesso tempo alimenta un desiderio che sfocia nell’erotismo…la donna di Hopper esercita la stessa fascinazione erotica delle donne algide di Alfred Hitchcock, che non a caso in molti suoi film si è appropriato di scene, paesaggi e atmosfere hopperiane (Demetrio Paparoni). In questo senso va intesa la luce, come respiro continuo di un desiderio trepidante.
Ciò che Hopper svaluta è il rapporto umano e nella coppia “dipinge distanze cariche di ansia…”che fanno riflettere sulle difficoltà fra le relazioni. Hopper entra con discrezione nella vita dell’altro, “senza illustrare le circostanze”. “Il mio ideale di pittura è sempre stata la trasposizione più esatta possibile delle impressioni più intime evocate dalla natura”( E. H. saggio del catalogo della mostra del 1933).

Alla sua morte nel 1967, la moglie Jo donò l’opera di Hopper, più di tremila dipinti, al Whitney Museum of American Art.

ANTONELLA COLANINNO

EDWARD HOPPER
A cura di CARTER E. FOSTER
Direzione scientifica CAROL TROYEN – KATY SPURRELL

MILANO, PALAZZO REALE
14 OTTOBRE 2009 – 31 GENNAIO 2010

ROMA, FONDAZIONE ROMA MUSEO
16 FEBBRAIO – 13 GIUGNO 2010

LOSANNA, FOUNDATION DE L’HERMITAGE
25 GIUGNO – 17 OTTOBRE 2010

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