“La valenza sinfonica dell’entità corale induce in ognuno la percezione di una comunità invisibile” (Bruno Corà).
di Antonella Colaninno
Trasformare la percezione degli spazi per reinterpretare i luoghi, creare codici simbolici che rinviano all’idea di un coro “in forma impersonale”. Nella sua installazione Jannis Kounellis immagina un girotondo inanimato di enormi leggii sui quali poggiano fantasiosi spartiti composti non di note musicali ma di strani fantasmi, evocati da vecchi cappotti. I maestosi cavalletti, realizzati con travi di metallo, sorreggono sottili lamine metalliche che inchiodano vecchi cappotti scuri in una serie di strane crocifissioni postmoderne. La “comunità invisibile” si racconta, così, nei grandi ambienti deserti dove si avverte la presenza di fantasmi di glorie passate. Nella scenografia i vecchi abiti neri restano appesi alle superfici come strani corvi di cui ci sembra persino udire il suono invisibile del loro gracchiare. Negli spazi che accoglievano le orchestre lunghi raggi di metallo si proiettano ora in alto, in uno slancio emotivo che incontra l’abbraccio della cupola fatiscente, testimone silenziosa del logorio del tempo e dell’indifferenza, nella ricerca di una coralità ormai solo apparente che rivive nei luoghi polverosi, nel ricordo di antichi fasti musicali. Nelle stanze vuote, la presenza di sacchi di carbone tagliati da lastre di metallo, come icebergs in un mare di cemento e isole di iuta attraversate dal ghiaccio, nel silenzio di questa scenografia apocalittica Jnnis Kounellis compie il suo viaggio, tra gli echi silenziosi di una musica invisibile e ormai quasi dimenticata.
Pubblicato da Antonella Colaninno
Jannis Kounellis
Teatro Margherita - Piazza del Ferrarese
a cura di Vito Labarile e Anna Maria Maggi
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