Nudo di donna EGON SCHIELE















mercoledì 5 ottobre 2011

VILLA TORLONIA E GLI ITINERARI DELLA SCUOLA ROMANA.


Renzo Vespignani PERIFERIA olio su tela, 1946


Fu nell'anno 2005, durante i lavori di restauro di Villa Torlonia, che il comune di Roma pensò di creare un museo dedicato alla Scuola Romana su proposta di Netta Vespignani e Claudia Terenzi. Ciò fu possibile grazie alle donazioni e ai comodati in uso dell’Archivio della Scuola Romana fondato nel 1983 da Netta Vespignani, Antonello Trombadori, Alberto Ziveri, Maurizio Fagiolo dell’Arco e Miriam Mafai. L’archivio intendeva valorizzare un particolare momento della storia italiana contestualizzato alla società romana nel periodo tra le due guerre, il cui inizio corrispondeva con gli anni di “Valori Plastici.” Un progetto che prevedeva una raccolta d’archivio cartacea tra libri, riviste, lettere e manoscritti e una collezione di opere d’arte, che spesso venivano sostituite con altre allo scadere del comodato d’uso. Le finalità di questo progetto erano quelle di ripercorrere attraverso l’arte gli episodi di un particolare momento storico della cultura italiana, alla luce di importanti eventi internazionali. Villa Torlonia è oggi un complesso plurifunzionale sede di musei, spazi espositivi e biblioteche. Acquistata dal comune di Roma nel 1977, la villa ha vissuto una serie di interventi di restauro iniziati nel 1993 e terminati nel 2006. Una lunga storia si racconta tra le pareti e le stanze di questa architettura di echi palladiani, acquistata nel 1673 da Benedetto Pamphilj futuro cardinale, passata ai Colonna nel 1762 e venduta a Giovanni Torlonia nel 1797 che perseguì una politica di consolidamento della famiglia Torlonia negli ambienti della aristocrazia romana e trasformò l’assetto di tenuta agricola dell’edificio che divenne così luogo di fasti mondani. Sarà Alessandro, terzogenito di Giovanni, a portare avanti la politica paterna e a modificare definitivamente l’edificio, avviando un lungo periodo di mecenatismo e progettando nuove architetture come le Finte Rovine, l’Anfiteatro, il Caffeaus, la Cappella di Sant’Alessandro, il Tempio di Saturno, la Tribuna con la Fontana, gli obelischi, la Torre Moresca e altro ancora. La ripresa dei lavori, interrotti a causa di tragedie familiari, si avvierà con la figlia Anna Maria rimasta unica erede. Sarà Anna Maria a portare avanti il cognome di famiglia; infatti suo marito, Giulio Borghese, assicurerà la continuazione della casata acquisendo il cognome Torlonia. Giovanni, figlio di Anna Maria, abitò nella villa fino al 1901 trasferendosi poi nella vicina Casina delle Civette. Inizia da questo momento un degrado dell’edificio che subisce ulteriori danni con l’occupazione dell’esercito anglo americano dal 1944 al 1947, testimoniata dalla presenza sulle pareti di alcuni acquerelli realizzati da un anonimo soldato americano. Dal 1925 al 1943 la villa fu residenza della famiglia Mussolini.
Inaugurato il 22 dicembre 2006 all'ultimo piano del Casino Nobile, il museo comprende complessivamente 152 opere, di cui ben 80 sono il frutto di donazioni. Un percorso espositivo lineare e chiaramente leggibile che oggi offre spunti di riflessione su uno spaccato artistico intellettuale e raffinato, quello appunto della Scuola Romana, circoscritto all'ambito territoriale della capitale. Roma infatti negli anni ’20 vive un intenso fervore culturale con la Scuola di via Cavour e le Biennali. La città, per tutto il ventennio successivo, vedrà la nascita di gallerie, la costituzione di nuovi musei e collezioni e la realizzazione di opere a murales.
Maurizio Fagiolo dell’Arco, esperto conoscitore della Scuola Romana, afferma la discontinuità di questa scuola che considera come una vera e propria corrente, non classificabile in una definizione di “stile” e di “tendenza”.
Un linguaggio diversificato, che si accomuna nei toni dimessi di una pittura discreta dalle sfumature eleganti e dal tratto sfuggente, caratterizza le opere di scuola romana, nelle quali la classicità incontra i linguaggi informali della contemporaneità.
Una forma che si rinnova, che sperimenta un ordine primigenio che precorre le sedimentazioni della materia, che ricerca spazi metafisici, che osserva con introspezione e scava nei silenzi oltrepassando i limiti dell’umana conoscenza.
Un raffinato tonalismo misto ad un lirismo narrativo pervade l’autoritratto (1935-36) di Katy Castellucci e di Riccardo Francalancia (1947) (Assisi, 1886 – Roma, 1965) e il ritratto scultureo in terracotta (1934) di Dario Sabatello di Pericle Fazzini (Grottammare, Ascoli Piceno, 1913 – Roma,1987).

Stessa eleganza formale e originalità di stile si ritrova nelle sculture sentimentali e incisive di Antonietta Raphael Mafai (Kovno, Lituania, 1895 – Roma, 1975).

Il rigore compositivo e la rarefazione dei toni contraddistingue la pittura di Francesco Trombadori (Siracusa, 1886 – Roma, 1961), mentre la frammentazione prospettica e il grafismo di un segno stridente denotano lo stile informale di Renzo Vespignani (Roma, 1924 - 2001).

Scritto da Antonella Colaninno


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