Nudo di donna EGON SCHIELE















lunedì 24 ottobre 2011


L’OPERA D’ARTE NELL’EPOCA DELLA SUA RIPRODUCIBILITA’ TECNICA



Il saggio di Walter Benjamin (1892 – 1940) comparve nel 1936 in una versione francese e fu pubblicato in Italia soltanto nel 1966 ad opera di Cesare Cases nella traduzione di Enrico Filippini. Le finalità di questo saggio, che sarebbe diventato negli anni immediatamente successivi il vademecum della contestazione giovanile, erano quelle di storicizzare il cambiamento dell’arte attraverso la sua riproducibilità tecnica e di rinnovare la teoria materialistica dell’arte alla luce della ascesa di un proletariato di massa. Il punto centrale della riflessione di Benjamin è la perdita dell’ “aura”dell’opera d’arte che rappresenta quell’Hic et Nunc che consente una fruizione immediata e personale di un’opera autentica. La perdita di questa dimensione unica e univoca è stata determinata dalla riproducibilità tecnica (fotografia, cinema, incisione musicale) che ha allargato il sistema di fruizione dell’opera ad una maggiore esposizione alienandone i valori di unicità. Il rapporto delle masse con l’arte è una dimensione nuova aperta dal cinema che ha coinvolto il pubblico in una fruizione collettiva distratta e priva di contemplazione che ha contribuito alla destituzione dell’aura e della sua straordinaria unicità. La crisi della pittura è nata con la pretesa dell’opera di trovare l’accesso alle masse.

L’arte finisce così, per perdere la sua valenza aristocratica e per acquisire attraverso la riproducibilità delle tecniche, un carattere politico. L’arte diventa partecipata e acquista un nuovo attore sociale che si affaccia sulla scena della vita culturale e politica. Questo processo rivoluzionario ha, secondo Benjamin, un riflesso nella dialettica del pensiero politico tra “l’estetica aristocratica del fascismo, che nella sua applicazione alle masse sfocia nell’estetizzazione marinettiana della guerra, e l’estetica rivoluzionaria della riproducibilità…” Si assiste dunque, ad una “politicizzazione dell’arte” proprio per combattere “l’estetizzazione della politica”, ma alla fine ciò che avviene è solo un cambio di rotta di pensiero nella volontà di strumentalizzare le masse attraverso l’arte. L’arte “individualistico-aristocratica” diventa “arte popolare tecnicamente riproducibile”. Ciò che decade è il valore estetico definito strumentalmente da Benjamin “valore inaccessibile” “arte d’èlite”, ma anche l’idea di creatività e di eternità dell’arte.

La riproducibilità tecnica non è soltanto un nuovo modo di proporre l’arte ma anche di interpretarla. Benjamin parla di arte in quanto fotografia e non solo di fotografia in quanto arte. La fotografia consente di cogliere aspetti di un’opera d’arte anche di natura estetica oltre che tecnica, che la realtà non consente di filtrare.

Benjamin aderisce al materialismo storico che considerava gli aspetti spirituali (filosofia, religione e arte) una sovrastruttura delle coordinate economiche di una società. Egli pensa che l’unica finalità del materialismo storico sia quella di avere una visione dialettica della storia che non scorre su una linea progressiva ma sull’esperienza originaria del passato e sulla temporalità istantanea del presente.

Cesare Cases insiste sulle profonde contraddizioni del pensiero di Benjanim che non pone riflessioni originali più di quanto abbiano fatto le avanguardie che per prime avevano avvertito il difficile peso della classicità nei cambiamenti della contemporaneità. Il grande errore di Benjamin credo sia nel non essere riuscito a venir fuori dalla rigidità di un pensiero basato sul rapporto proporzionale tra “base economica e sovrastruttura culturale”e nel non aver considerato il processo naturale di democratizzazione culturale che allargava la partecipazione sociale in quel particolare momento storico.

Scritto da Antonella Colaninno

Walter Benjamin

L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.

Arte e società di massa.

Prefazione di Cesare Cases

Traduzione di Enrico Filippini

Con una nota di Paolo Pullega

Piccola Biblioteca Einaudi (2000)







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