“L’arte del
descrivere della pittura olandese è interamente fondata sulla fiducia, che
deriva dalla filosofia di Bacone, “nelle capacità di osservazione dell’occhio.”
L’occhio sembra porsi a distanza ravvicinata con gli oggetti, cercarne
l’intimità, […] E’ nel cuore del quotidiano che essi lanciano un preciso
messaggio di salvezza (laica, non trascendente) […] E la salvezza laica può
coincidere con una quotidianità resa eterna.” Svetlana Alpers *
di Antonella Colaninno
Sono già
trascorsi tre anni dalla mostra che i Musei San Domenico di Forlì dedicavano ai
fiori e ai loro significati declinati tra natura e simbolismo, seguendo “un
percorso tra i fiori in pittura, al di fuori dei generi.” Una vasta panoramica
sul Seicento focalizzava tra gli altri, un'attenzione particolare
sulle tavole fiamminghe e sui Brueghel, su una serie di vasi di fiori
dipinti su tavola e su rame e sul piccolo olio su rame dal titolo“Madonna col Bambino e angeli entro
una ghirlanda di fiori” (1618-1620 ca. Museo del Prado di Madrid)
dipinto da Jan
Brueghel il Vecchio e Giulio Cesare Procaccini che realizzò le figure
all’interno della preziosa ghirlanda floreale.
Dallo scorso
dicembre, il Chiostro del Bramante presenta una interessante mostra sulla
storia artistica della dinastia dei Brueghel che, per oltre 150 anni, ha
dipinto la società e la cultura del secolo d’oro dell’arte fiamminga. Particolare attenzione è data alle storie contadine e al suo mondo popolare e grottesco che alle volte è narrato attraverso una interpretazione bucolica, nonchè alle composizioni
floreali così di moda nella cultura figurativa europea. Particolarmente dense di significati simbolici, queste composizioni rappresentano un importante elemento di lettura dello stato sociale
e della sensibilità del soggetto a cui fanno riferimento. Una mostra che se pur
circoscritta alle “meraviglie dell’arte fiamminga” pone uno spunto di
riflessione su una tipologia di pittura che prediligeva le composizioni
floreali considerate all’epoca come un genere di minore rilevanza.
Vincenzo
Giustiniani, collezionista e committente di Caravaggio, nel 1620, elencò in 12 punti,
i diversi modi di dipingere ponendo solo al quinto posto la pittura floreale,
quel “saper ritrarre fiori ed altre cose minute” poiché “la pittura doveva
educare e raccontare storie edificanti e così dipingere soggetti inanimati non
competeva ai grandi maestri.” (Alessandro Morandotti)
Quattro
generazioni di artisti, quella dei Brueghel, che con Pieter il Vecchio apre una
lunga stagione artistica che si protrarrà per oltre 150 anni. Una visione
grottesca e giocosa desunta dall’immaginario di Hieronymus Bosch ritrae la
gestualità della cultura contadina nei momenti di festa, sottolineando
l’assenza di convenzioni e la presenza di una varietà umana ricca di sfumature.
Un’analisi attenta che non tralascia alcun particolare e che traduce nella vivacità del colore e nella libertà del movimento l’atteggiamento giocoso ed esuberante del mondo rurale. Il genio artistico di Pieter Brueghel il Vecchio continuerà ad esprimersi attraverso il lavoro dei figli Pieter il Giovane (il primogenito) e Jan il Vecchio consentendo alla dinastia di progredire e di intrecciare vicende umane ed esperienza artistica. Pieter porterà avanti e svilupperà le tematiche del padre, mentre Jan introdurrà il tema floreale e la natura morta, aderendo ad un linguaggio più aulico e ad uno stile più raffinato. Saranno ancora i figli di Jan e Pieter a dare lustro alla dinastia di artisti; Jan il Giovane riprenderà le tematiche di suo padre Jan il Vecchio con un ciclo sulle allegorie della pace, della guerra, dell’acqua, dell’amore, dell’olfatto e dell’udito e con le rappresentazioni floreali a cui si intrecciano i lavori di Jan van Kessel il Vecchio, nipote di Jan il Giovane, un elegante studio sugli insetti, sulle farfalle e sulle conchiglie a cui il Chiostro dedica gli spazi dell’ultima sala espositiva. La dinastia si conclude con l’ultimo erede, Abraham che distaccandosi completamente dalla continuità artistica della famiglia, ne decreterà la fine.
Un’analisi attenta che non tralascia alcun particolare e che traduce nella vivacità del colore e nella libertà del movimento l’atteggiamento giocoso ed esuberante del mondo rurale. Il genio artistico di Pieter Brueghel il Vecchio continuerà ad esprimersi attraverso il lavoro dei figli Pieter il Giovane (il primogenito) e Jan il Vecchio consentendo alla dinastia di progredire e di intrecciare vicende umane ed esperienza artistica. Pieter porterà avanti e svilupperà le tematiche del padre, mentre Jan introdurrà il tema floreale e la natura morta, aderendo ad un linguaggio più aulico e ad uno stile più raffinato. Saranno ancora i figli di Jan e Pieter a dare lustro alla dinastia di artisti; Jan il Giovane riprenderà le tematiche di suo padre Jan il Vecchio con un ciclo sulle allegorie della pace, della guerra, dell’acqua, dell’amore, dell’olfatto e dell’udito e con le rappresentazioni floreali a cui si intrecciano i lavori di Jan van Kessel il Vecchio, nipote di Jan il Giovane, un elegante studio sugli insetti, sulle farfalle e sulle conchiglie a cui il Chiostro dedica gli spazi dell’ultima sala espositiva. La dinastia si conclude con l’ultimo erede, Abraham che distaccandosi completamente dalla continuità artistica della famiglia, ne decreterà la fine.
Pubblicato da Antonella Colaninno
Mostra
visitata il 16 gennaio
*Dal saggio di
Svetlana Alpers, Arte del descrivere. Scienza e pittura nel seicento olandese
[1984], Torino, Bollati Boringhieri, 2004, p. 148 tratto da Il corpo e l’anima
dei fiori di Marco A. Mazzocchi saggio in catalogo della mostra Fiori.
Natura e simbolo dal Seicento a Van Gogh (Silvana Editoriale).
In foto in ordine: Jan van Kessel “Studio di farfalle e altri insetti”, 1657 olio su tavola; Pieter Brueghel il Giovane “Trappola per uccelli”, 1605 olio su tavola; Pieter Brueghel il Giovane "Danza nuziale all'aperto", 1610 ca. olio su tavola; Jan van Kessel "Studio di farfalle e insetti", opera su marmo.
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