di
Antonella
Colaninno
Il
territorio come spazio condiviso di pensiero e di luogo fisico. “[…]
l’architettura è fortemente legata, intellettualmente e praticamente, alla
condivisione di problemi, influenze e talenti” (David Chipperfield). Classico e
moderno si riassumono nell’idea contemporanea di un progetto comune: il Common
Ground. Un’incontro per riflettere su come l’architettura possa migliorare la
società e su come gli uomini possano partecipare al processo creativo-strutturale
di una forma architettonica già dalle sue prime fasi di progettazione.
L’architettura assume un valore sociale poiché interviene come spazio ragionato
a migliorare le condizioni del pianeta e a ricostruire dove le catastrofi
naturali hanno distrutto. L’architettura ridefinisce il suo ruolo con una
diversa prospettiva che supera l’idea principale di individualità per diventare
appunto un COMMON GROUND. Non più solo esigenze individuali, ma il porsi al
servizio di un’emergenza collettiva, come nel caso del Padiglione giapponese
"Architecture. Possible here? Home-for-All" dove si riflette su una possibile
architettura per la città di Rikuzentakata distrutta dallo tsunami che ha
colpito il Giappone distruggendo ben oltre 400 km di costa riportando
quasi ventimila vittime. L’architettura diventa osservazione, si interroga e da
forma alle emozioni interpretando la “quotidianità locale…” I tre architetti
intervenuti sul luogo di Rikuzentakata raccontano la propria esperienza:
“trasalimmo di fronte alla vitalità degli alloggi provvisori visitati. Ogni
occupante aveva personalizzato gli spazi, disposto vasi con piante, all’insegna
di una quotidianità rispettosa dei legami con gli altri…” Superare le barriere
per dare vita ad una propositiva fusione delle idee nella quale il lavoro
intellettuale si completa nella logica del progetto esecutivo. “How long is the
life of a building?”è l’interrogativo che il Padiglione estone si pone
sull’universalità del patrimonio architettonico nel mondo e sul futuro del
Linnahall di Tallin costruito nel 1980 in occasione delle Olimpiadi di Mosca e
abbandonato a se stesso privo di funzionalità, testimonianza silenziosa di un
passato che ha smarrito la propria identità nel contemporaneo. “Who will be the future greenlander?” è la
sfida del Padiglione della Danimarca sul futuro della Groenlandia alla luce dei
suoi cambiamenti per l’impatto industriale e le frequenti immigrazioni. Le
tende scorrevoli di "RE-SET" del Padiglione olandese rappresentano un “intervento
architettonico” che intende sottolineare il valore di un’esperienza in
relazione allo scorrere del tempo e al potere suggestivo della sua lentezza. In
RE-SET “Le cortine di tessuto si spostano all’interno dello spazio espositivo
in dodici posizioni, come le dodici ore del giorno e della notte.”
Le
“New forms in wood” del Padiglione finlandese portano all’attenzione il
rapporto che lega l’uomo alla natura anche nelle forme d’arte che gli
architetti sono in grado di realizzare attraverso le suggestioni ed il calore
di questa risorsa naturale.
Uno sguardo alla natura e ai suoi possibili interventi di riqualificazione urbana e di un nuovo modello urbanistico per la capitale Luanda è BEYOND ENTROPY del Padiglione Angola che sottolinea la necessità di fonti di energia per queste zone ad alta densità di popolazione. Attraverso un’installazione a grandezza naturale di pianta di canna si creano percorsi di verde e modelli di energie alternative per ridisegnare gli spazi pubblici.
Uno sguardo alla natura e ai suoi possibili interventi di riqualificazione urbana e di un nuovo modello urbanistico per la capitale Luanda è BEYOND ENTROPY del Padiglione Angola che sottolinea la necessità di fonti di energia per queste zone ad alta densità di popolazione. Attraverso un’installazione a grandezza naturale di pianta di canna si creano percorsi di verde e modelli di energie alternative per ridisegnare gli spazi pubblici.
Pubblicato
da Antonella Colaninno
Il
Leone d’oro alla carriera della 13 Mostra Internazionale di Architettura è
stato consegnato all’architetto portoghese Alvaro Siza Vieira (1933).
“Le
“QUATTRO STAGIONI” dell’architettura italiana.
I stagione: Adriano Olivetti nostalgia di futuro; II stagione: ’assalto
al territorio; III stagione: architetture del Made in Italy; IV stagione:
re-made in Italy, quattro episodi della stessa storia raccontate dal curatore
Luca Zevi all’interno del Padiglione Italia, quest’anno energeticamente autosufficiente
e con un giardino interno di 800 metri
quadrati, per riflettere sul rapporto tra crisi
economica, architettura e territorio, premessa indispensabile per una nuova e
necessaria fase di crescita.”
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