Nudo di donna EGON SCHIELE















mercoledì 2 marzo 2016

BLACK GRAFFITI: FRANCESCA ALINOVI E LE AVANGUARDIE ANNI ‘80


di Antonella Colaninno

“Neri come la pece, o caffè latte, ma sempre scuri, felini carichi di sex-appeal, i neri di New York, dopo aver conquistato il mondo della musica e della danza, stanno diventando le nuove stars dell’industria artistica. Prima i graffiti sui treni, poi i graffiti sulle strade: ora i loro graffiti su tela riverniciano a nuovo i muri delle gallerie d’arte e le copertine delle riviste più eleganti di New York”. Analfabeti “ma spontaneamente acculturati sul mitico linguaggio delle immagini e delle notizie teletrasmesse per impulsi elettronici, volevano semplicemente provare l’ebbrezza della fama e della gloria promessa dalla mitologia dei mass media. Così, non potendo far scorrere i loro messaggi lungo i tubi catodici, decisero di farli scorrere sui treni. […] Loro aspiravano alla bella vita consacrata dalla celebrità, invece diventarono celebri perché furono scambiati con i criminali della malavita”
Così scriveva Francesca Alinovi in “Black Graffiti”, uno dei suoi ultimi articoli pubblicato nel 1983 su Panorama Mese solo pochi giorni prima della sua scomparsa. Il 12 giugno 1983 Francesca Alinovi veniva uccisa con 47 coltellate nella sua abitazione di via del Riccio 7 a Bologna. L’efferato delitto oscurava tristemente la brillante carriera della giovane studiosa, destinata a diventare una stella nel panorama internazionale della critica d’arte. Con il suo “entusiasmo da pioniera dell’arte” è stata protagonista della storia delle avanguardie anni ’80, ma purtroppo la cronaca nera e l’assassinio hanno offuscato con un velo oscuro la memoria di questa teorica che è stata un ponte tra la New York dei graffiti e la New Wave italiana, una vera pioniera della cultura underground di quegli anni. In molti avevano aperto una scommessa sul futuro radioso di questa avvenente e intelligente studiosa che si affacciava sulla scena internazionale. La sua ricerca, sempre libera e spinta alla liberalizzazione del pensiero oltre il pregiudizio e la discriminazione, cercava di rilevare quanto la creatività fosse un campo mentale aperto, luogo di incontro di razze, culture e status sociale, connesso e disconnesso al tempo stesso, con la cultura bassa e con la comunicazione massmediatica. La creatività era per la studiosa uno spazio fluido che scorreva libero oltre le frontiere dell’arte. E’ questa la sensazione che si avverte quando si sfogliano le pagine che conservano l’attività intellettuale della giovane critica d’arte, una dimensione liquida, sospesa, che corre sui fili del tempo, che coglie l’attimo di una rivelazione estetica inesauribile che si fa perennemente viva.

Nata a Parma nel 1948, Francesca Alinovi si era laureata in lettere all’università di Bologna con Francesco Arcangeli con una tesi su Carlo Corsi e si era poi specializzata con Renato Barilli approfondendo lo studio di Piero Manzoni, Lucio Fontana e dello Spazialismo, diventando poi ricercatrice di ruolo presso il DAMS di Bologna e insegnante di fenomenologia degli stili. I suoi interessi erano indirizzati alla storia delle avanguardie e alle contaminazioni tra le varie arti: pittura, scultura, musica, video e teatro. Era una specie di talent scout del panorama artistico contemporaneo italiano. Ma dal mondo accademico bolognese aveva iniziato negli anni Ottanta a muoversi “nel sottobosco dei talenti” newyorkesi, conferendo al graffitismo urbano, nato solo da poco tempo, lo statuto di arte di frontiera, oltre a riconoscere il valore sociale di questa pratica artistica alternativa, svincolata dai circuiti ufficiali e dalle logiche di mercato. La nuova moda americana di usare bombolette spray era un mezzo di “disperata sopravvivenza culturale”, “un fenomeno selvaggio di vandalismo urbano” che dalle strade, dai muri, dai mezzi di trasporto, e dai tunnel sotterranei, finiva nel grande mercato dell’arte internazionale. Nei graffiti infatti c’è il desiderio di rivendicare la mancata affermazione sociale, essi rappresentano una vera e propria “gara di emancipazione del nuovo orgoglio razziale”. I neri lanciano in questo modo la loro sfida per emergere e distinguersi dal gruppo. La “crudele selezione nera” aveva incominciato la sua lotta per l’affermazione nella cultura. Il mondo dell’underground newyorkese era per Francesca una dimensione libera, rappresentava per lei una sorta di regressione allo stato primitivo. Gli artisti non erano acculturati e provenivano da situazioni di emarginazione; erano inoltre tutti molto giovani e avevano un’età compresa tra i 16 e i 25 anni. L’arte dei graffiti era in fondo un gesto performativo collegato all’Hip hop e alla street dance che usava la gestualità e il disegno per liberare quell’inconscio collettivo, teorizzato da Renato Barilli,  per proiettarsi nel futuro di un’arte di frontiera. La mancata affermazione sociale emerge nei graffiti, e dalle strade e dai muri conquista il pianeta come un’onda energetica. In Francesca Alinovi è frequente anche il rimando al mondo elettronico e alle nuove comunità del web come ponte di comunicazione e mezzo alternativo all’alfabetizzazione, per rivendicare il potere della conoscenza. Il graffitismo offriva così, un’occasione di sfida e di competizione per emergere dal gruppo ed imporsi attraverso il coraggio e la celebrità, e si presentava inoltre come un’occasione per comunicare nella società che da sempre aveva “escluso dai propri canali di informazione e comunicazione intere comunità nazionali, pur numerose e piene di voglia di esprimersi”. Gli unici artisti bianchi considerati degni di stima nel mondo sub urbano dei graffiti furono Kenny Scharf e Keith Haring, gli unici ad avere conosciuto il “periferico esistenziale” e ad aver condiviso con i neri l’avventura dell’underground  nei tunnel delle metropolitane, dove le avanguardie si incontravano dilatandosi all’orizzonte. Perché è nel cavalcare l’onda della new wave che si passa la frontiera dell’arte e si viene inghiottiti nel vortice della contemporaneità compulsiva che sprigiona energie.

Pubblicato da Antonella Colaninno

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