Nudo di donna EGON SCHIELE















mercoledì 3 novembre 2010

INTERVISTA AD ANGELA VETTESE   
                                                       Angela Vettese


 di Antonella Colaninno
Un importante percorso di riflessione sarà il filo conduttore della quarta edizione di Opere/Works Festival dell'Arte Contemporanea di Faenza, Forms of collecting/Forme della committenza dal 21 al 23 maggio 2011. Riscoprire il valore del collezionismo come percorso di simbiosi con l'opera d'arte, di autorappresentazione della propria vanitas e della propria sensibilità, piuttosto che come una operazione esclusiva di investimento. L'arte come operazione commerciale o come necessità di espressione e di creatività mette in gioco le "Forme della committenza", ripercorrendo non solo il ruolo del collezionista ma anche quello dell'artista, in bilico tra la vocazione e "il miraggio del successo", tra ansia di visibilità e aspettative economiche. Riscoprire un rapporto intellettuale tra il collezionista e l'artista significa soprattutto uscire dalle rispettive logiche di successo e riscoprire da parte del collezionista il "sogno" dell'artista piuttosto che il suo "calcolo". Non si può scegliere un'opera prescindendo da chi l'ha realizzata e decidere che la stessa entri a far parte di una collezione significa "accettare le affinità elettive" che ci sono con l'artista. A mio parere, non esiste altra forma di collezionismo che non sia sentita e costruita su questi criteri e non posso considerare una forma di collezionismo una evidente operazione di investimento. Una collezione rappresenta un corpus che ha alle spalle un percorso ragionato rappresentativo di un'idea e di un sentire che raccontano la storia di un'epoca attraverso le scelte di un gusto personale. 

Conversazioni con la direzione scientifica del festival per le prime anticipazioni e riflessioni verso Forms of collecting/Forme della committenza. La parola ad Angela Vettese.

L’Italia è stata la patria di grandi collezionisti, figure come Giuseppe Panza di Biumo, Claudia Gian Ferrari e Paolo Consolandi sono purtroppo scomparse di recente. Come si crea nel nostro Paese un collezionismo giovane? In che cosa sarà diverso?

Credo sarà un collezionismo forzatamente meno pionieristico, e forse anche meno attento all'Italia dal momento che la circolazione dell'arte è sempre più internazionale.
Quale rapporto si crea tra artista e collezionista? Ci racconti qualche aneddoto?
Ci sono collezionisti che preferiscono non conoscere l'artista, Panza stesso mi disse che non amava visitare gli studi prima di comperare, perchè si sentiva oppresso dall'idea di dovere compiacere l'artista. A volte si genera una relazione di amicizia profonda, peraltro, come tra Giuliano Gori e Robert Morris, che hanno abitato insieme per mesi mentre Morris realizzava il suo labirinto a Villa Celle. Lo stesso Panza credo se ne sia andato con il rimpianto di non avere visto il Roden Crater di James Turrell completato. E quanto a Consolandi, ricordo con quanto affetto accoglieva gli artisti a cena o comunque a casa sua. Per non parlare dell'affiatamento assoluto di una collezionista come Giuliana Setari con artisti come Ettore Spalletti o Vettor Pisani: a quest'ultimo ha addirittura comperato una cava di marmo! Grandi mecenati come Maria Gloria Bicocchi hanno per lungo tempo perso il confine tra vita privata e vita con gli artisti, avendone sempre dieci a pranzo e a cena anche per Natale.

Sempre più artisti hanno l’esigenza di associarsi e fondare degli spazi non profit, sia fisici che virtuali. È un segnale di cambiamento del loro rapporto con la committenza?

In fondo è sempre avvenuto, dal Salon des refusés in poi. Le case degli artisti nel Village a New York erano quasi centri non profit. Nella nostra esperienza italiana, spazi milanesi come Via Lazzaro Palazzi o la Casa degli Artisti, tra anni ottanta e novanta, volevano essere spazi di azione non condizionati dal mercato proprio in un momento in cui il mercato si stava dimostrando aggressivo e capace di deviare stili, modalità d'azione artistica, sistemi di circolazione. Credo che oggi l'esigenza sia diversa: il mercato inizia a svolgersi anche in internet, in modo sotterraneo e ribelle rispetto al sistema delle gallerie e delle aste. Gli artisti sanno che la galleria non è più il solo garante del loro successo e la usano come brand, ma non sempre in modo esclusivo.

La quarta edizione del festival dell’arte Contemporanea si intitolerà Forms of collecting/Forme della committenza. In un viaggio all’interno delle forme della committenza quali sono i temi da cui non si può prescindere?

Alcuni quesiti: quanto il successo commerciale o il miraggio di raggiungerlo cambia l'opera? Quanto l'operato di un artista nasce per vocazione e quanto per vendere? C'è un punto in cui il vendere diventa un'idea aggressiva per l'artista e il suo fare? Ci sono collezionisti in grado di rimettere l'artista a suo agio e di fargli fare di nuovo ciò che sarebbe parte del suo sogno, invece che del suo calcolo? E questo calcolo eventuale, è mirato al guadagno in quanto tale o al guadagno come sintomo di visibilità? Quanto passa la visibilità attraverso la cruna del prezzo?

                                                      Carlos Basualdo

INTERVISTA A CARLOS BASUALDO


Quali segni ha lasciato la crisi globale nei meccanismi della committenza e della produzione delle opere d’arte?
Ad oggi, non è ancora molto chiaro quale sia stato l’effetto della crisi globale sul mondo dell’arte contemporanea. Forse perché solo negli ultimi mesi abbiamo cominciato a vedere le prime conseguenze, come ad esempio il taglio dei finanziamenti ai musei, da parte dei governi. Il caso inglese è stato molto pubblicizzato, il caso italiano è invece drammatico. Negli Stati Uniti l’impatto è stato meno notevole, anche perché i musei non ricevono molti finanziamenti pubblici, ma attingono soprattutto a fondi privati, dalle fondazioni, alle banche o alle aziende, fino ai semplici privati. La crisi ha avuto senz’altro effetti sull’azione delle fondazioni bancarie o delle aziende in ambito culturale. C’è un rallentamento, ma la situazione non è drammatica. Oggi stiamo più che altro cercando di valutare il fenomeno nel suo pieno svolgimento e di capire quali sono le aree più influenzate, ma credo che avremo una visione più chiara a partire dal prossimo anno

Vivi e lavori tra gli Stati Uniti e l’Italia. Quali differenze noti tra i due contesti nel modo di intendere una collezione, sia per quanto riguarda i privati che le istituzioni? Quali fattori positivi potrebbero “scambiarsi” questi due contesti?
Il collezionismo privato negli Stati Uniti e in Italia non sono molto differenti. Entrambi possono vantare importanti esempi di collezioni, con un’attenzione particolare agli artisti del proprio Paese, ma mi sembra anche logico. Per quanto riguarda le collezioni pubbliche siamo di fronte ad un fenomeno diverso. In Italia, per esempio, appartengono allo Stato, nelle sue diverse forme. Negli Stati Uniti invece sono soprattutto le ex collezioni private ad andare a costituire il corpus delle collezioni pubbliche. La politica delle donazioni permette ad un collezionista americano di ottenere dalla donazione di un’opera importanti incentivi fiscali da parte dello Stato. Lo Stato promuove quindi la salute delle collezioni con delle misure che purtroppo in Italia non esistono, creando un dinamismo nel rafforzamento e nell’accrescimento delle collezioni. Questo è uno spazio su cui, in Italia, bisogna lavorare.

A Faenza si parlerà del ruolo dei musei. Dalla nascita della museologia moderna quest’istituzione è mutata progressivamente, seguendo le esigenze dei tempi con cui si è confrontata. Si apre un nuovo decennio: a tuo parere in che direzione va il museo, nel suo ruolo di committente?

Sono piuttosto chiare le trasformazioni del museo negli ultimi vent’anni. I musei svolgono oggi un ruolo fondamentale perché partecipano a tutti gli aspetti della vita delle persone e della società. Il ruolo del museo come committente è sempre più importante nel tessuto urbano e per l’arte contemporanea, dal momento che promuove la realizzazione di nuove opere, ma anche nella formazione di collezioni pubbliche. Credo che i musei oggi siano diventati collezionisti attivissimi. Il MoMA, la Tate e il Centre Pompidou ne sono un esempio. Mi sembra che la tendenza generale si sia molto chiaramente sviluppata in tal senso e credo che continuerà in questa direzione.
La quarta edizione del festival dell’arte Contemporanea si intitolerà Forms of collecting/Forme della committenza. In un viaggio all’interno delle forme della committenza quali sono i temi da cui non si può prescindere?

è importante pensare ad un percorso sulla committenza perché ha delle radici storiche in Italia molto forti. Pensiamo alla Firenze Medicea, alle committenze Vaticane, al rapporto degli artisti con lo Stato e con la Chiesa... Nell’ambito anglosassone questo tema non ha lo stesso tessuto di riferimento. Oggi, naturalmente, si è passati ad un tipo di committenza molto diverso. Mi sembra perciò importante porsi la domanda relativa alle trasformazioni che hanno attraversato questo argomento, delucidando il rapporto tra pubblico e privato nell’arte di oggi.

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